Ghassan Kanafani (Acri, 9 aprile 1936 – Beirut, 8 luglio 1972) è stato uno scrittore, giornalista e attivista palestinese, particolarmente impegnato per la causa del suo popolo, scomparso in un attentato incendiario in cui perse la vita insieme a una nipote sedicenne. All’epoca della sua morte era portavoce del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, e l’attentato, si dice, fu ordinato dal Mossad per vendicare il Massacro dell’Aeroporto di Lod, attacco attribuito al suo gruppo politico e all’Armata Rossa Giapponese.

Ghassan Kanafani nasce da una famiglia di rango medio-alto, suo padre era un avvocato e, come era comune a quel tempo, fu mandato a studiare alla scuola dei Missionari Francesi che erano in Palestina. Aveva dodici anni quando fu creato lo stato di Israele nel 1948, evento che gli Arabi chiamano al-Nakba (il disastro) e poté assistere al tragico episodio del massacro al villaggio arabo di Deir Yassin.

Da questo momento la sua vita e le sue esperienze rappresenteranno le tappe del popolo palestinese, dalla diaspora al sentimento di nostalgia verso la propria terra, dalla presa di coscienza della sconfitta dell’esercito arabo all’umiliazione e alla perdità di identità. La sua famiglia si rifugiò dapprima in un villaggio del Libano meridionale nella speranza di ritornare al più presto a casa, ma il padre, consapevole dell’inutilità di quella attesa, spostò la famiglia a Damasco per iniziare una nuova vita.

Ghassan Kanafani è il più importante rappresentante di quel gruppo di palestinesi che dall’ esilio (in Arabo Ghurba) hanno contibuito a lottare per la causa palestinese tramite le loro opere artistiche.

La Nakba del 1948 e la Naksa del 1967 sono stati gli avvenimenti più rappresentativi per l’ intero mondo arabo quando si parla di evoluzione della letteratura araba del Novecento, che dagli studiosi vengono ritenuti un vero e proprio giro di boa. I libri degli intellettuali arabi diventano soprattutto opere di denuncia per risvegliare la coscienza del loro popolo e di critica verso le classi dirigenti, incapaci di sollevare la dignità di tutta quella gente incapace di reagire.