Nel dicembre 2009 sette esemplari maschi sub-adulti di capodoglio (Physeter macrocephalus) si arenarono lungo le coste settentrionali della Puglia.
Tali eventi sono piuttosto rari nel Mar Mediterraneo, con particolare riferimento a quelli che coinvolgono specie di grandi dimensioni.
Gli spiaggiamenti di massa di cetacei sono eventi di difficile comprensione e le loro cause sono ancora in larga parte sconosciute, nonostante le numerose ricerche e le varie ipotesi avanzate.
(notizie copiaincollate da un articolo del “Giornale di Puglia“)
Qui di seguito trovate un video con la spiegazione del nefasto evento secondo Gianni Lannes:
thalia
…davvero triste. Inquietante e subdola la strumentalizzazione operata dai mezzi di comunicazione, in collaborazione con il governo e fior di specialisti, a danno di tutti!!
davvero triste.
Alino
Piu’ cresco e piu’ mi VERGOGNO di far parte di questa societa’ che si vanta d’essere oggi piu’ “evoluta” che mai.
Vero l’esatto contrario.
Vedo un’IMMENSA crisi etico-culturale attorno a me.
Comprendiamo sempre meglio cio’ che ci circonda ma, INDEGNAMENTE, SCHIFOSAMENTE, questa societa’ “tecnologica-colta-moderna-informatica-evoluta” continua imperterrita a non volersi assumere le responsabilita’ delle proprie azioni.
Prendo in prestito dalla fisica classica il terzo principio della dinamica: ad ogni azione corrisponde sempre una reazione.
Quando…chiedo in lacrime quando…questa societa’ diventera’ ADULTA?
MATURA a sufficienza da assumersi le responsabilita’ delle conseguenze delle proprie azioni?
Provo ribrezzo nel constatare di far parte di un organismo cultural-socio-politico stupido e infantile che, come un ricco, grasso, viziato, ignorante (quindi inevitabilmente presuntuoso e ottuso) ragazzino, pretende di poter fare qualsiasi cosa tanto tutto gli e’ dovuto.
Sono secoli che questa societa’ con la scusa d’essere la migliore, la piu’ civile, la piu’ evoluta (ma dove? in cosa?) compie scempi innominabili dalle guerre di religione allo schiavismo ai lager alle guerre civili al razzismo e ora, ora che iniziamo veramente a vedere gli effetti delle nostre scempiaggini, ora che abbiamo mezzi che ci permetterebbero d’alzare notevolmente l’efficienza d’ogni processo potendo conseguentemente migliorare la qualita’ della vita di TUTTI, niente, continuiamo imperterriti a rubare, sprecare, violentare, in nome di un progresso che io non vedo affatto.
Ha ragione Matrix, siamo un VIRUS! Il nostro unico obiettivo e’ ingrassare.
Dureremo poco.
cassandra
Davvero io non so, come ci siano persone, che non vedano che stiamo mandando velocemente il mondo al collasso. Io personalmente provo un misto di tristezza, impotenza e colpevolezza nel far parte di questa società. Anche quando personalmente sto bene, non sto mai bene fino in fondo nel pensare che ogni giorno un pezzo di questo meraviglioso e incredibile gioiello lo distruggiamo per sempre.
Durassimo poco solo noi, sarebbe una gran cosa, ma il fatto è che con noi facciamo morire chi non ha scelto né di uccidere, né di suicidarsi: animali, piante, esseri umani e territori.
Mia madre 19 anni fa è andata in visita nel delta dell’Orinoco in Venezuela. Un anziano della tribù locale, le raccontava di come la loro amata terra fosse velocemente distrutta e loro cacciati con ogni mezzo per essere ridotti a vivere ammassati in baraccopoli di eternet caldissime. Le chiedeva implorando di portarsi via la sua nipotina di pochi mesi, per poterle dare un futuro e di denunciare quanto loro avveniva. Ancora questa cosa mi fa piangere.
Ed erano 19 anni fa! Chissà come starà ora questa ragazza, se è viva, che presente ha.
Siamo davvero più felici noi e ci meritiamo più di vivere di queste tribù che consideravano, a ben ragione, la loro foresta, un essere vivo, da rispettare e a cui chiedere scusa con riti vari per ogni animale e pianta uccisa per il loro sostentamento di base?
http://www.survival.it/
http://www.rainforest-alliance.org/
http://www.corriere.it/cronache/08_maggio_30/amazzonia_tribu_uomini_rossi_52d28fc8-2e43-11dd-bdf6-00144f02aabc.shtml
http://www.blogeko.it/2009/le-tribu-dellamazzonia-peruviana-hanno-bloccato-i-decreti-per-sfruttare-la-foresta/
guest
BOMBE D’ARIA SULLE BALENE
Petrolio. Manca solo l’ok del governo italiano. Poi il colosso texano Schlumberger è pronto a sparare nel mare della Sardegna le trivelle, alla ricerca dell’oro nero, incurante dei cetacei che vi transitano
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Sono manager attenti quelli della Schlumberger Limited, la più grande società per servizi petroliferi al mondo. Da Houston, in Texas, gestiscono 115.000 dipendenti di oltre 140 nazionalità, che lavorano in oltre 85 paesi (gli uffici della filiale italiana stanno a Ravenna). Sono manager attenti, quelli della Schlumberger, a sfruttare, per incrementare il loro business, ogni smagliatura del sistema di tutela ambientale. In Italia, ad esempio, si sono infilati al volo nel varco aperto, nel settembre del 2013, dal governo Letta. In quella data il Parlamento approvò un decreto del ministro per lo Sviluppo economico, Flavio Zanonato, che aveva come obiettivo dichiarato quello di regolamentare le trivellazioni a largo delle coste italiane finalizzate alla ricerca di giacimenti petroliferi sottomarini.
Ed effettivamente il decreto riduceva la superficie complessiva delle aree trivellabili, ma solo per il futuro, dal momento dell’approvazione parlamentare in poi. Per il passato, confermava il nefasto articolo 35 della legge numero 8 del 2012, quella che il governo Monti aveva pomposamente presentato alle camere come «Decreto per lo sviluppo». C’era tanta carne al fuoco lì dentro, compreso, appunto, l’articolo 35, una misura che, in nome della crescita da rilanciare, riportava le piattaforme petrolifere sotto le spiagge italiane, autorizzando perforazioni ed estrazioni entro le dodici miglia dalla costa.
Ai manager della Schlumberger, ovviamente, la cosa non poteva sfuggire. Senza perdere tempo presentarono alcuni progetti di rilevazioni petrolifere, il più imponente dei quali è quello che rischia di realizzarsi davanti a buona parte del litorale occidentale della Sardegna, da Alghero a nord sino a San vero Milis a sud, passando per Villanova Monteleone, Bosa, Magomadas, Cuglieri e Narbolia. Un’area marina di 20.922 chilometri quadrati. Il colosso texano ha già presentato al ministero per lo Sviluppo economico una richiesta di valutazione di impatto ambientale.
Se da Roma dovesse arrivare un parere positivo, le rilevazioni potrebbero partire dalla fine di questa estate. Un lavoro che sarebbe realizzato utilizzando l’ultimo ritrovato tecnologico in materia: l’airgun. Ovvero una gigantesca “pistola” che spara nelle profondità marine una paurosa quantità di aria compressa, la quale raggiunge il fondo del mare e poi manda indietro un “rimbalzo” acustico dalla cui intensità è possibile capire se negli abissi così “bombardati” si nasconde il prezioso oro nero.
Tra le aspettative di profitto dei clienti della Schlumberger (le più importanti compagnie petrolifere mondiali) e la loro concreta realizzazione si sta però frapponendo, in queste settimane, l’opposizione forte e determinata sia delle popolazioni locali sia di un nutrito fronte ambientalista. Tutti i sindaci della zona interessata hanno chiesto al ministero dell’Ambiente e a quello dello Sviluppo economico di fermare la Schlumberger. Gli amministratori sono preoccupati soprattutto delle ricadute negative che l’attività di rilevazione potrebbe avere nell’immediato sul turismo, uno dei pochi settori economici che in Sardegna ancora reggono. Per non parlare poi di quello che potrebbe accadere all’industria della vacanze se, in una fase successiva, al largo di spiagge candide e di mari cristallini si sollevassero i fuochi e i fumi delle piattaforme di estrazione del petrolio.
Gli ambientalisti sono invece interessati all’impatto che le bombe d’aria compressa avrebbero sull’ecosistema di una zona di mare, quella che va dalla costa occidentale della Sardegna sino alle Baleari, che è nota come «la via dei delfini e delle balene», rotta di transito di due specie già minacciate da altri pericoli e sotto la tutela di precise normative internazionali.
«È ora di dire basta a un’inutile corsa al petrolio – dice Serena Carpentieri, la portavoce di Goletta Verde che nei giorni scorsi è approdata sulle coste sarde – Già oggi le aree interessate dalle attività petrolifere occupano una superficie marina di circa 24mila chilometri quadrati, un’area grande come la Sardegna. Le quantità di petrolio stimate sotto i mari italiani sono di appena dieci milioni di tonnellate e, stando ai consumi attuali, si esaurirebbero in soli due mesi.
Rilanciare l’estrazione di idrocarburi nel Mediterraneo e aprire alle compagnie petrolifere la zona tra la Sardegna e le Baleari, sono scelte frutto di una strategia insensata, che fa soltanto gli interessi della compagnie petrolifere, non garantisce nessun futuro energetico al nostro paese e incrementa i rischi e i danni per il mare e per l’ambiente». «Dopo Monti e Letta – aggiunge Carpentieri – anche l’attuale governo si mette su questa strada scellerata. Nelle ultime settimane il ministro per lo sviluppo economico, Federica Guidi, ha confermato più volte la necessità di puntare sui giacimenti di petrolio nazionale e di sbloccare le attività estrattive, tra cui le numerose richieste off-shore che oggi, sui tavoli del ministero, attendono di andare avanti. E’ perciò che abbiamo deciso di assegnare a Guidi la nostra “Bandiera nera 2014″».
«Questa classe dirigente – conclude la portavoce di Goletta Verde – sta andando verso il ventunesimo secolo con gli occhi rivolti al secolo passato. Nonostante i numeri dimostrino l’assoluta insensatezza di continuare a puntare sul petrolio, si sferra un attacco senza precedenti alle risorse paesaggistiche e marine italiane ad esclusivo vantaggio delle compagnie petrolifere. Le realtà locali restano succubi di queste scelte dissennate: regioni, province e comuni sono tagliati fuori da ogni decisione. E il futuro, la bellezza, l’economia del nostro paese sono svenduti per pugno di taniche».
di Costantino Cossu Cagliari 11-7-2014
Alino
…bene
L’importante è che a distanza di 5 anni NULLA SIA CAMBIATO
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/13/capodogli-morti-gas-nel-sangue-per-trauma-attivita-in-mare/1119837/