Industria del Tonno: una “schifezza” da conoscere

Come al solito nell’industria alimentare, anche in quella del pesce, l’economia sembra OSCENAMENTE essere l’ UNICO parametro seguito dalle grandi aziende.
Gli interessi economici contro la tutela dell’ambiente…maliziosa assenza di controlli…etichette poco trasparenti..disinformazione mirata.
Qui di sotto un completo ed interessantissimo report sull’argomento.
Se non avete voglia/tempo di guardarveli tutti, riassumo qui le informazioni più rilevanti.

PER QUANTO RIGUARDA IL TONNO IN SCATOLA:
Innanzi tutto come al solito la cosa più importante è ASSUMERSI LA RESPONSABILITA’ ALL’ACQUISTO. Siamo noi acquirenti che, comprando i loro prodotti, permettiamo a questa o quell’altra azienda di fare questo o quest’altro. SIAMO NOIIIIII.
Incredibilmente in Europa non è ancora obbligatorio scrivere sulle confezioni LA PROVENIENZA e la SPECIE di tonno che si sta per comprare così, spesso, anzi, di solito, crediamo di comprare tonno “nostrano” mentre invece è tonno dell’oceano indiano.
Il business della pesca industriale al tonno, nel solo Oceano Indiano, sembra essere di circa 1,5 miliardi di euro (credo all’anno).
Quanti tonni si possono pescare prima di…finirlo?!?
Il tonno in scatola è la “conserva” più diffusa al mondo.
Pare che il 30% del “tonno giallo” provenga da navi pirata.
Pochi soldi investiti nella ricerca della “materia prima” tonno.
Dopo 30 anni di caccia industriale i dati dicono che si sta iniziando a indebolire la specie.
Le regole sono ancora molto lasche e spesso vengono pescati pesci talmente giovani che non si sono ancora riprodotti…l’ipersfruttamento…un grave rischio per la specie.
E’ inoltre consistente il fattore “cattura accidentale”…cioè…nelle reti, assieme al tonno da inscatolare, finiscono centinaia di altre SPECIE…alcune protette…altre a rischio estinzione. Ricordate lo scandalo dei sette milioni di delfini pescati accidentalemente assieme ai tonni fino agli anni ‘90?!? Le tecniche di pesca sono cambiate e i delfini sono “salvi” ma nelle reti finisce ancora tantissimo pesce che poi, “inutile”, viene rigettato in mare, morto.
I lavoratori dell’industria visitata nel documentario (Indian Tuna Factory) guadagnano meno di 20$ al giorno e lavorano dalle 8 alle 9,5 ore al giorno, sette giorni la settimana per due anni di seguito, dormendo in 5 in stanze di 30 metri quadri. Siamo nelle Seychelles (a nord del Madagascar).
Nota Bene: la Bolton (proprietaria, tra gli altri, del marchio Rio Mare) invece non ha lasciato dichiarazioni e ha impedito ai giornalisti di visitare gli stabilimenti etc.

PER QUANTO RIGUARDA IL TONNO CRUDO:
Quello che si mangia crudo è (o meglio “dovrebbe essere”) della specie Tonno Rosso (BlueFin).
E’ una moda alimentare (from Japan) recentissima in Italia. Se ne consuma in quantità consistente solo dal 2000/2005.
A Roma per esempio ci sono 120 risporanti “Giapponesi” che servono sushi e sashimi compreso il “Tonno Rosso”. Di questi pare che solo 2 siano gestiti veramente da giapponesi. Gli altri, ovviamente, tutti cinesi “ridipinti” :-) …mitici i cinesi…la pizza…il sushi…a quando i gelati e gli hamburger?!?
Il Tonno Rosso è in via d’estinzione! …e non è COLPA solo DEI GIAPPONESI…ora che lo sai, se ne mangi la responsabilità di questa estinzione sarà ANCHE TUA.
Questo pesce arriva a costare 500€/kg (il prezzo varia a seconda della quantità di grasso presente nel singolo pesce) e i giapponesi ne mangiano 400′000 tonnellate all’anno.
Nei decenni passati la pesca intensiva e incontrollata di questo magnifico animale ha spopolato gli oceani di tutto il mondo e dagli anni ‘80 si pesca anche, e sempre di più, quello del piccolo Mar Mediterraneo. Continuando così, presto, scomparirà del tutto.
Nel solo Mediterraneo e nel solo 2004, il WWF ha “scoperto” che le quote legali sono state sforate di ben 700 tonnellate. Nel 2007 addirittura si pesca tanto Tonno Rosso “legale” (30′000 tonnellate) quanto Tonno Rosso “illegale” (30′000 tonnellate). Chi paga?!? I tonni!!! Che si estinguono. E chi sono i “mandanti di questo disastro? Noi che lo mangiamo!
Il 18 marzo 2010, 170 paesi si sono incontrati in un consiglio CITES per decidere se proibire completamente e definitivamente il Tonno Rosso dai mercati (come è stato fatto con gli elefanti per le zanne…salvandoli dall’estinzione). La maggioranza vota contro la proibizione del commercio. I giapponesi esultano e i Tonni Rossi forse si estingueranno.
Il pesce crudo può portare con se alcuni problemi sanitari. Come ad esempio l’Anisakis (link1, link2), una larva che si può trovare nei pesci crudi e che se ingerita può causare problemi di salute fino alla perforazione di stomaco e intestino. Larva che viene uccisa tenendo il pesce a -20°C per 24h. Questa procedura in Italia è OBBLIGATORIA per i ristoranti dove si serve pesce crudo. Si spera lo facciano tutti.
Inoltre il tonno deve rimanere sempre sotto i 2°C per contenere la crescita dei valori di Istamina (link1, link2, link3), una sostanza chimica che, se presente in quantità alta, può portare allo svenimento. Se il tonno “pizzica” significa che c’è troppa istamina. L’istamina è termostabile quindi ce n’è anche nel tonno cotto e in quello in scatola.
La “mattanza” tradizionale/storica italiana è estinta. Non si fa più da qualche anno.
Il business del Tonno Rosso è in mano a sole 5 multinazionali che facendo cartello ne determinano il prezzo. La Mitsubishi controlla il 40% del mercato globale di questa “preziosa merce”.
…in realtà però, il Tonno, è un “semplice” animale…cercate di non dimenticarlo!

3 comments to Industria del Tonno: una “schifezza” da conoscere

  • Un conoscente che lavora in Madagascar mi riferisce che lì lo stipendio medio di un operaio è di circa 28/35 € al mese !!!
    …quindi…beh…20 $ al giorno (lo stipendio in questa industria del tonno in scatola secondo il documentario) mi sembra siano UN SACCO di soldi !!!

  • guest

    Tonno in scatola, ecco le 5 peggiori marche (tra le più conosciute). Il tonno in scatola è tornato alla ribalta, soprattutto dopo che Greenpeace Francia ha mostrato come le grandi aziende produttrici di tonno in scatola mostrino interesse verso l’ambiente. La classifica di Greenpeace ha più o meno bocciato tutte le aziende produttrici, dato i loro scarsi interessi nell’attuare il “minimo sindacale” per il ripopolamento della specie ittica, ma anche per una migliore tutela dell’ecosistema. Oltre alle scelte etiche ed ecologiche di cattura del tonno, le scatolette di tonno hanno valori e qualità ben differenti, che ne esaltano la qualità delle carni e della conservazione, dando al consumatore un prodotto di qualità organolettiche di pregio, che potranno esser apprezzate da chiunque.
    Tra le prime cose da controllare quando si acquista un tonno in scatoletta è l’assenza di additivi ed esaltatori di sapidità, sostanze che migliorano sì il sapore del prodotto, ma ne presentano un prodotto di scarsa qualità o pessima qualità; altro controllo è quello dell’olio utilizzato, il migliore è quello d’oliva extravergine, ma vi sono anche tonni in scatola al naturale, quindi privi di olio, dove il sapore verrà mantenuto più vicino a quello semplice e genuino.

    Tra le aziende produttrici, sono state prese in considerazione 5 tra le più conosciute e utilizzate, presentando punti forza e debolezza di ogni singola fattispecie di tonno in scatola, così da capire quale sia la peggiore scelta di tonno in scatola, per qualità organolettiche, olio utilizzato, ma anche di prezzo! Ecco LA CLASSIFICA:

    5°) Tonno Callipo: probabilmente il miglior tonno in scatola italiano, con carne calibrata, con un sapore non troppo salato, con toni morbidi e piacevoli. La carne è quasi perfetta, con toni di colori quasi naturali e freschi, l’unica grossa pecca è il prezzo: quasi il doppio dei concorrenti.

    4°) Tonno As do Mar: una carne compatta, ma priva di sapore e di note particolari, il sapore del sale è onnipresente e l’olio extravergine di oliva pare mediocre e non risalta affatto il sapore del tonno in scatola. Un prodotto dalla sufficienza scarsa, con un prezzo non proprio nella norma.

    3°) Tonno Rio Mare: ha un prezzo anche esagerato per la qualità del tonno, la pubblicità del “si sfalda con un grissino” non ha tesi, dato che le carni sono già sfaldate di loro, con poca coesione, un olio d’oliva di bassa qualità e con carni dal sapore leggermente salato. Il colore delle carni è quasi roseo, un piccolo punto a favore.

    2°) Tonno Nostromo: presenta carne sfibrosa e dal colore poco roseo, più marroncino e con poca coesione. Ha un sapore molto salato, quasi eccessivo, con leggere tone acidule e a volte metalliche. E’ un tonno in scatola utile per l’economicità, ma per nulla perfetto.

    1°) Tonno Athena: un tonno in scatola che si trova nei discount. L’olio non pare affatto extravergine d’oliva e la consistenza è praticamente nulla, dato che la carne galleggia nell’olio e, a parità di lattina, ha una quantità di carne molto minore, compensata dal maggior olio; inoltre il sapore pare metallico e privo di qualsiasi caratteristica; unica nota positiva il prezzo, davvero basso!

    Tutte le tipologie di tonno in scatola sopracitate sono utili per la cucina di ogni giorno e presentano principalmente tipologie di tonno atlantico, lavorato fresco e con olio di oliva extravergine. Vi è però da dire che il buon tonno in scatola è presente sotto forma di aziende di nicchia italiane, che utilizzano tonni mediterranei, come il prelibato Tonno Rosso, dalle caratteristiche delle carni di gran lunga superiori, con una lavorazione curata, anche nella scelta dell’olio extravergine di oliva, ma con un prezzo drasticamente alto.

    http://letalpe.com/tonno-scatola-la-top-5-delle-peggiori-marche-piu-utilizzate/6/

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