L’ambiente e la salute umana stanno registrando i primi impatti negativi della crescita esponenziale del settore dell’informatica e della telefonia mobile: nel 2017 la quantità di rifiuti elettronici ed elettrici prodotti dall’Africa supererà quella dell’Europa.

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I dati relativi alla situazione attuale sono preoccupanti: un recente studio pubblicato dal Programma Onu per l’ambiente (Unep) rivela che l’85% dei rifiuti proviene dal consumo sui mercati interni africani e il rimanente 15% giunge dall’estero, soprattutto dal vecchio continente, in particolare da Francia, Germania e Gran Bretagna. Le quantità di scarti aumentano di pari passo con l’acquisto di beni tecnologici da parte dei consumatori africani: in un decennio il numero di utenti della telefonia mobile si è moltiplicato per 100 e quello dei possessori di un computer per dieci. Ogni anno, da soli, cinque paesi dell’Africa occidentale – Benin, Costa d’Avorio, Ghana, Liberia e Nigeria – producono tra 650.000 e un milione di tonnellate di rifiuti elettronici.

Al di là dei danni a medio e lungo termine per gli ecosistemi locali, nell’immediato pone problema il contatto diretto degli abitanti, stabiliti nelle vicinanze delle discariche a cielo aperto, con sostanze nocive alla salute umana. La ricerca svolta dall’Unep conferma che la raccolta, la riparazione e la rivendita di questi pericolosi rifiuti rappresentano una vera e propria attività lavorativa che impegna anche minorenni, in cerca di materiali preziosi (oro, rame o argento) contenuti nei prodotti elettronici fuori uso. Sulla base di alcuni dati della ricerca emerge che a Accra (Ghana) e Abuja (Nigeria) almeno 30.000 persone sopravvivono grazie ai ‘tesori’ raccolti nelle discariche. Esperti in questioni ambientali e sanitarie suggeriscono ai governi coinvolti di istituire strutture ‘ufficiali’ per limitare i danni ed esercitare maggiore controllo sulle attività di trattamento dei rifiuti svolte finora in modo informale.

Per cercare di arginare il fenomeno in continua espansione, l’Unione internazionale delle telecomunicazioni (Uit) e l’agenzia Onu per le tecnologie dell’informazione hanno appena firmato con il segretariato della Convenzione di Bâle – che dal 1992 vieta la circolazione di rifiuti pericolosi –un accordo per controllare i movimenti transfrontalieri.

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