Categoria: Economia Pagina 4 di 11

montagne di cibo buttato per futili motivi

Ogni anno in Italia 10 milioni di tonnellate di cibo vengono buttati per motivi che non riguardano la loro qualità.
Si buttano le confezioni rovinate, con errori di stampa, “scadute” da pochi giorni, recanti vecchi marchi, contenenti informazioni errate o imprecise, invendute etc…
Il sito del “Banco Alimentare” spiega approfonditamente.

E’ invece di IMMEDIATA comunicazione lo spot di 1 minuto realizzata da Lorenzo Picchiotti (art director) e Livio Basoli (copywriter) dell’agenzia M&C Saatchi, vincitore nella categoria film per l’edizione 2012 dei Giovani Leoni.
Molto bello nella sua immensa semplicità…guardatelo e…meditate!…

su Monti, articolo 18 e modelli economici

CARO MONTI, anzi niente caro, solo Monti, a fallire è stato il modello americano del licenziamento facile non quello tedesco, il modello che ha allontanato l’economia dalla produzione spingendola verso la finanza, il modello keynesiano, il vostro modello di banchieri e burocrati , di quelli che parlano di noia da posto fisso e poi accumulano in famiglia posti da strutturati universitari, incarichi e pensioni che si cumulano, di voi che dimenticate di dire che nei paesi europei dove non esiste l’art.18 c’é il salario minimo garantito, che ingannate la gente facendo credere che ci sono legioni di imprenditori stranieri pronti a venire da noi se viene cancellato l’art.18 e non spiegate perché in Spagna dove non c’è l’art. 18 la disoccupazione supera il 20% e che illudete la gente parlando di impiego dei giovani quando state per mandare per strada i loro genitori. é dura per uno come me che ha sempre sostenuto la grandezza dell’ “italiano” continuare a farlo oggi!

Col consumo cresce anche lo scarto…anche in Africa!

L’ambiente e la salute umana stanno registrando i primi impatti negativi della crescita esponenziale del settore dell’informatica e della telefonia mobile: nel 2017 la quantità di rifiuti elettronici ed elettrici prodotti dall’Africa supererà quella dell’Europa.

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I dati relativi alla situazione attuale sono preoccupanti: un recente studio pubblicato dal Programma Onu per l’ambiente (Unep) rivela che l’85% dei rifiuti proviene dal consumo sui mercati interni africani e il rimanente 15% giunge dall’estero, soprattutto dal vecchio continente, in particolare da Francia, Germania e Gran Bretagna. Le quantità di scarti aumentano di pari passo con l’acquisto di beni tecnologici da parte dei consumatori africani: in un decennio il numero di utenti della telefonia mobile si è moltiplicato per 100 e quello dei possessori di un computer per dieci. Ogni anno, da soli, cinque paesi dell’Africa occidentale – Benin, Costa d’Avorio, Ghana, Liberia e Nigeria – producono tra 650.000 e un milione di tonnellate di rifiuti elettronici.

Al di là dei danni a medio e lungo termine per gli ecosistemi locali, nell’immediato pone problema il contatto diretto degli abitanti, stabiliti nelle vicinanze delle discariche a cielo aperto, con sostanze nocive alla salute umana. La ricerca svolta dall’Unep conferma che la raccolta, la riparazione e la rivendita di questi pericolosi rifiuti rappresentano una vera e propria attività lavorativa che impegna anche minorenni, in cerca di materiali preziosi (oro, rame o argento) contenuti nei prodotti elettronici fuori uso. Sulla base di alcuni dati della ricerca emerge che a Accra (Ghana) e Abuja (Nigeria) almeno 30.000 persone sopravvivono grazie ai ‘tesori’ raccolti nelle discariche. Esperti in questioni ambientali e sanitarie suggeriscono ai governi coinvolti di istituire strutture ‘ufficiali’ per limitare i danni ed esercitare maggiore controllo sulle attività di trattamento dei rifiuti svolte finora in modo informale.

Per cercare di arginare il fenomeno in continua espansione, l’Unione internazionale delle telecomunicazioni (Uit) e l’agenzia Onu per le tecnologie dell’informazione hanno appena firmato con il segretariato della Convenzione di Bâle – che dal 1992 vieta la circolazione di rifiuti pericolosi –un accordo per controllare i movimenti transfrontalieri.

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Africa orientale: la politica lavora e l’economia migliora

Si è tenuto nel fine-settimana il vertice vaginal cream without prescription , fig. 1 ~ main waterfalls spread from the in umpqua travel magazine, estrace vaginal cream description. della (EAC).
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Il segretario generale, , ha definito la decisione “un passo decisivo verso l’eliminazione delle misure che ostacolano il commercio e l’integrazione regionale”.

Secondo il quotidiano “”, una delle decisioni chiave adottate dai ministri degli Esteri dei cinque paesi membri dell’Eac nella città keniana di Mombasa riguarda l’obbligo per la Tanzania di abolire la tassa da 200 dollari prevista per l’ingresso dei tir nel territorio nazionale.

L’imposta era considerata uno degli ostacoli alla realizzazione del mercato comune dell’Africa orientale previsto da un trattato in vigore dal 1° luglio 2010. I dazi colpivano in modo particolare il Kenya, l’economia più forte dell’area, e avevano spinto il mese scorso il governo di Nairobi ad adottare contromisure penalizzanti per le esportazioni della Tanzania.

A Mombasa è stata anche decisa la riduzione del numero dei controlli sui camion in transito attraverso le frontiere; controlli che Uganda, Burundi e Rwanda – gli altri tre paesi membri dell’Eac oltre Kenya e Tanzania – saranno aboliti del tutto.

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spese militari = sviluppo ?!?

E’ di questi giorni la “notizia” che la Cina aumenterà nel 2012 di circa il 10% l’investimento militare nazionale (link al relativo articolo sul FT o allo stesso articolo riportato dalla CNN).

Ci sono tre questioni che attirano la mia attenzione:

  1. E’ da più di venti anni che OGNI ANNO la Cina aumenta del 10% circa la spesa militare (come spiegato nell’articolo stesso o su wiki, etc).
  2. Gli USA spendono ogni anno circa 700 miliardi di dollari: circa 6 volte i 110 miliardi spesi della Cina e circa 12 volte i 60 miliardi spesi ogni anno da ognuno dei seguenti stati: UK, Francia, Russia e Giappone (link ad una delle fonti dei numeri citati).
  3. Nell’articolo del FT leggo che “Pechino dice che si impegna a mantenere la crescita delle spese militari in linea con il ritmo generale dello sviluppo economico” del paese….è veramente “indice di sviluppo economico” aumentare la violenza potenziale e/o reale?

…mi permetto di avere un dubbio al riguardo perché a me la vita ha sempre insegnato l’esatto contrario!
Diceva Robert Kennedy: “Il Pil misura tutto, tranne le cose per cui vale la pena vivere”.
Dello “sviluppo etico” o ecologico o culturale o sociale o dell’indice di sviluppo umano non ne tiene conto nessuno?!?
E del FATTO che spendiamo decine/centinaia/migliaia di volte di più per attività armate che per attività benefiche non ne parla mai nessuno?!?
Conti alla mano ci sono 3 miliardi di persone che vivono con meno di 2 dollari al giorno (per un totale di circa 2’000 miliardi di dollari all’anno) e nel mondo si spendono 1’500 miliardi di dollari all’anno di spese militari.

A tal proposito riporto uno scambio di idee tra Gino Strada e Gianfranco Polillo (Sottosegretario di Stato del Ministero dell’Economia e delle Finanze del “governo Monti”) avvenuto a Servizio Pubblico del 2011-12-22:
Gino Strada: “l’Italia investe 2 miliardi di euro al mese in spese militari “…” che non possiamo permetterci “…” e, traducendoli nel sociale, pensiamo alle cose che si potrebbero fare: “…” cose che servono ai cittadini. “…” Ora chiedo perché dobbiamo spendere 2 miliardi di euro al mese per le spese militari?!?”
…ed ecco la risposta…
Gianfranco Polilo: “le cose che ho sentito sono veramente molto suggestive “…”, questa direttiva vale per tutti no?!?…allora eliminiamo le spese militari in Italia, Francia, USA, Germania…no?!?…un miracolo!…stiamo cercando un miracolo!…un paradiso in terra!…non esiste!”

vendere i rifiuti…si fa anche così

Cattura

L’immondizia ha un valore economico reale. Bisogna VENDERLA a chi di dovere.
Norvegia, Germania…e iniziano a comparire anche in Italia i “distributori automatici” di “buoni acquisto” in cambio di spazzatura.
Il funzionamento è semplicissimo: si inseriscono nella “macchinetta” le bottiglie di plastica e le lattine vuote, la macchina le “mangia”, fa la somma di tutta l’immondizia raccolta e alla fine emette una ricevuta spendibile al supermercato (o al bar etc…).

Speriamo che la cosa diventi diffusissima su tutto il territorio…capillare…sarebbe un notevole passo avanti 😉 nel rispetto dell’ambiente e del valore del riciclaggio e delle “materie prime seconde“.

Capitalismo fallito! Occorre cambiare stile di vita

…da :

Monti dice che , meglio il lavoro flessibile. Posso capire perché lo dice, solo che c’è un problema: cambiare le regole di un gioco mentre si gioca non è corretto. La promessa nata nel Novecento e poi riformulata con forza dal dopoguerra in avanti era: andrete via dalle campagne, poi perfino dall’industria, avrete tutti la cravatta, lavorerete in città, avrete posto fisso, macchinetta, casetta, 28 gradi d’inverno, farete shopping, avrete le vacanze… Il gioco era quello. E invece oggi si scopre che jan 3, 2015 – buy baclofen uk online need to order baclofen no rx needed for purchasing baclofen online india donde comprar questa promessa non verrà mantenuta, il Sistema non ce la fa. Dunque si è trattato di una truffa, o quanto meno di un errore. Questo Capitalismo, che faceva quella promessa, è fallito, non può più garantire il benessere diffuso e chiede sacrifici per tornare uno o due passi indietro.

E’ molto spiacevole la mancanza di autocritica da parte di Monti. Lui rappresenta quella cultura, quel pensiero. Lo ha studiato, formulato, insegnato. Mi aspettavo che dicesse “Abbiamo fallito, il Sistema non funziona, è fatto male. Dobbiamo rifondarlo nella missione e negli strumenti, cambiare prospettiva. In quest’ottica anche il lavoro va rivisto“. Invece niente. E oggi chiede un cambiamento senza ammettere una parte degli errori culturali che hanno permesso questa situazione, senza dirci qual è il nuovo sistema, quali sono i nuovi principi, come dovrebbe funzionare.

Tuttavia, questa è la metà del ragionamento. Una truffa ha sempre due attori: chi promette una cosa irrealizzabile e chi crede in quella promessa perché gli fa comodo o gli va di rischiare. Qualcuno a quella truffa c’ha creduto. Molti. Tutti l’abbiamo fatto. Chi ha creduto in quella promessa fasulla ha sbagliato, a sua volta, e oggi mentre critica la truffa deve assumere una parte di responsabilità su di sé. Lavorare e basta, per guadagnare soldi che servono a sprecare, per aderire a un modello consumista che non produce benessere, era sbagliato. Lavorare tutti i giorni, pedissequamente, facendo denaro per consumare cose inutili, con denaro che spesso non abbiamo, per impressionare persone che non ci amano, per cinquant’anni di vita, è un modello che andava rifiutato, come ci dissero Bianciardi, Pasolini, perfino Berlinguer negli anni Sessanta e Settanta. Ma non li abbiamo ascoltati. Se una gran parte di noi non avesse creduto che la felicità è in una lavatrice, in un’automobile, in un biglietto da visita, le cose non sarebbero andate così. Anche noi dobbiamo fare autocritica, dunque. Noi abbiamo aderito a quel Sistema, dunque siamo correi.

Ci sono persone in difficoltà, sempre di più. Lo Stato deve sostenerle. purchase discount medication! canada . approved pharmacy, zoloft generic or brand. Uno Stato avanzato deve occuparsi di chi non ha risorse, cultura, strumenti per scegliere ed essere autosufficiente. Il discorso di Monti va bene ma solo per quelli in gamba, che non hanno paura, che sanno come cavarsela. D’altro canto, tutti gli altri,la maggioranza del Paese, deve cambiare abitudini e smettere di aderire volontariamente, perfino felicemente, alla grande truffa. Bisogna vivere fuori dalle città, dove le case da ristrutturare costano 300 euro al metro quadrato, fuori dal consumismo che riempie le nostre case di oggetti inutili. Occorre andare al ristorante cinque volte l’anno, spendere non più di 15 euro a bimestre di bolletta elettrica per una persona single, smettere di spendere 1600 euro l’anno al bar, o 4.000 euro l’anno per la donna delle pulizie che pulisce una casa in cui non stiamo mai (perché siamo lavorare), che dobbiamo pulirci da soli. Occorre smettere di andare in giro come delle trottole, spendendo migliaia di euro l’anno di automobile, ma starcene di più a casa, cercare lì la quiete e l’equilibrio. Bisogna smettere di comprare l’ultimo modello di telefono, di iPad, di iPhone e farci durare quello che abbiamo, costringendo le aziende a smetterla con il subdolo stillicidio dei nuovi modelli ogni tre mesi. Occorre autoprodurre quel che si può, divertirsi con niente, senza dover necessariamente spendere. E’ necessario recedere dai bisogni che si hanno e non farsene nascere di nuovi indotti dalla pubblicità. Consumare poco, sprecare meno (il 25 dicembre buttiamo via, in un solo giorno, 800 milioni di euro di cibo!), inquinare meno, produrre meno rifiuti, riciclare, riparare, riutilizzare, condividere auto, case, risparmiare sul consumo energetico…

In quest’ottica basta poco per vivere, dunque si può sostenere meglio il lavoro flessibile. Che non è più una scelta, ma la realtà che resta di un Sistema fallito. Un Sistema che, presto o tardi, forse già oggi, ci proporrà un altro miraggio. Destinato di nuovo a fallire. https://trymobilespy.com

favorire lo sviluppo etico attraverso consumo critico e tasse

Nel “mercato globale” i beni e servizi prodotti dal “luogo GRIGIO”, hanno diritto d’esser venduti anche nel “luogo AZZURRO”.

Nel “luogo AZZURRO”

  • si investe tempo, energia, denaro, ingegno ed impegno per proteggere l’ambiente (leggi anti inquinamento e sviluppo nuove tecnologie…)
  • si investe tempo, energia, denaro, ingegno ed impegno per massimizzare la legalità (leggi anti corruzione, protezione testimoni, giuste condanne…)
  • si investe tempo, energia, denaro, ingegno ed impegno per proteggere i lavoratori (leggi anti infortunistiche, sindacati…)
  • si investe tempo, energia, denaro, ingegno ed impegno per migliorare la qualità della vita del popolo (finanziamenti alla cultura, sanità, infrastrutture, sport…)
  • si investe tempo, energia, denaro, ingegno ed impegno per crescere come società (incentivi allo sviluppo…)
  • si investe tempo, energia, denaro, ingegno ed impegno per favorire la libertà degli individui (liberalizzazione di religioni, politiche, opinioni, parola, stampa…)
  • si investe tempo, energia, denaro, ingegno ed impegno per stare al passo coi tempi (nuove tecnologie, aggiornamento leggi tecniche…)
  • si investe tempo, energia, denaro, ingegno ed impegno per capire il contesto generale (attenzione ai nuovi assetti socio-economici internazionali…)
  • si investe tempo, energia, denaro, ingegno ed impegno per minimizzare gli sprechi (semplificazione, revisioni, sorveglianza…)
  • si investe tempo, energia, denaro, ingegno ed impegno per proteggere i diritti dei cittadini (assistenza sociale…)
  • si investe tempo, energia, denaro, ingegno ed impegno per massimizzare la democrazia (leggi elettorali, libertà d’espressione politica…)
  • si investe tempo, energia, denaro, ingegno ed impegno per incentivare l’educazione civica (istruzione scolastica e familiare, dare il buon esempio…)

Nel “luogo GRIGIO”

  • non si investe nulla (o molto poco) nelle cose elencate sopra

I beni e servizi del “luogo GRIGIO”, vista la lista di sopra, ovviamente, costano molto meno.
I produttori dei beni e servizi del “luogo AZZURRO” vendono poco o niente data la concorrenza economicamente inarrivabile.
Il “luogo AZZURRO” diventa eticamente e socialmente sviluppatissimo ma economicamente fragile e vacillante, destinato al collasso.

Personalmente vedo due soluzioni:

  1. Il consumo critico: il consumatore acquista beni e prodotti del “luogo AZZURRO” anche se costano di più, perché dà una profondo valore alla lista di sopra.
  2. Dazi doganali “etici”: il governo del “luogo AZZURRO” sovrattassa i beni e servizi del “luogo GRIGIO”.

…così facendo si favorirebbero economicamente i beni e servizi “etici” del “luogo AZZURRO” ed indirettamente si imporrebbe ai “luoghi GRIGI” di investe tempo, energia, denaro, ingegno ed impegno nello sviluppo di una società più ricca culturalmente, giusta, etica e responsabile.

La filiera corta come risposta al caro carburante

Liberalizzazioni, aumento dei costi dei carburanti e dei pedaggi autostradali sono la scintilla che ha innescato le proteste di 80 mila tra contadini, autotrasportatori e commercianti siciliani che da giorni bloccano strade, ferrovie e porti dell’Isola. Da una Sicilia ormai a secco – distributori di carburante chiusi, scaffali dei supermercati vuoti, scorte di acqua ormai terminate – si innalza la protesta del movimento “Forza d’Urto” che chiede maggiore attenzioni dalla politica siciliana e nazionale sull’economia locale, già da tempo in ginocchio e ulteriormente piegata dai nuovi rincari.

In questi mesi in cui la produzione agricola siciliana è al suo picco massimo, soprattutto per gli agrumi, i blocchi del trasporto di alimenti deperibili come arance e ortaggi stanno creano danni stimati intorno al milione di euro. Oltre ai danni immediati la Sicilia – ovvero la prima regione italiana per numero di operatori e superfici bio – rischia un vero e proprio cortocircuito di sistema: la mancata consegna delle derrate alimentari ai distributori “continentali” rischia di far saltare accordi commerciali e favorire così le importazioni.

Questo danno potrebbe in parte essere arginato da politiche volte alla promozione di canali commerciali a filiera corta. Un canale di distribuzione definito spesso ‘alternativo’, ma che è sempre più apprezzato dai cittadini/consumatori.
Non a caso da una recente indagine di mercato svolta da AIAB sull’acquisto dei prodotti biologici è emerso che il 71,70% dei consumatori è interessato agli acquisti diretti, ed il 75,47% gradisce l’ipotesi di partecipare ad gruppo di acquisto.

Oltre a ridurre il numero degli intermediari, infatti, i canali della filiera corta e della vendita diretta favoriscono il consumo di prodotti locali, riducendo l’impatto dei carburanti sul prezzo delle derrate alimentari e riducendo l’impatto delle stesse sull’ambiente. Promuovere il consumo di prodotti locali sarebbe un’opportunità strategica per gli oltre 7mila produttori biologici siciliani, che ancora non possono contare nella propria regione su un consumo bio consolidato e diffuso ai livelli che si registrano al centro e nord Italia.

La filiera corta e la vendita diretta riducono lo spreco di cibo e favoriscono l’accesso allo stesso anche da parte dei cittadini più vulnerabili (cosi come richiesto da una risoluzione approvata ieri dal Parlamento Europeo) ed una giusta remunerazione al produttore.

In conclusione, vorrei rivolgere un invito ai cittadini siciliani affinché in questo momento di crisi, e di scaffali vuoti, supportino i produttori locali consumando in via preferenziale le produzioni biologiche prodotte localmente.
Un invito va anche al governo, che come sottolineato dallo stesso ministro Catania, deve “ripensare” il prelievo fiscale sul settore primario e favorirne la crescita con misure che incentivino il ritorno alla terra, l’accesso dei giovani al settore e la salvaguardia del territorio, sostenendo l’agricoltura biologica, ovvero l’agricoltura sostenibile per eccellenza.

Eduardo Cuoco
Coordinatore nazionale AIAB

…qui il link ad un articolo su greenme.it per approfondire la questione delle proteste siciliane (e non solo) di inizio 2012.

cos’è lo “SCONTRINO NON FISCALE”

Se avete in mano uno “scontrino non fiscale” (ai sensi dell’articolo 1 comma 429 legge 311/2004), non stupitevi e non spaventatevi e non arrabbiatevi.
Sta girando online un avviso che dice di arrabbiarsi con il governo che protegge le multinazionali che in Italia non pagano l’IVA.
E’ pura disinformazione!
…infatti…

I supermercati e i grandi magazzini (dall’Ikea all’Auchan) possono optare per la trasmissione telematica (sistema più effciente e puntuale e preciso) all’agenzia delle entrate della somma complessiva degli incassi giornalieri.
L’Italia infatti non é un paradiso fiscale per nessuno e anche le grandissime catene di distribuzione versano l’IVA e pagano le tasse, anche se attraverso modalità diverse.
Quindi non emettono uno “scontrino fiscale” insieme all’acquisto bensì il documento “interno” dell’immagine.
Rimane comunque (ovviamente) l’obbligo di emettere la fattura se il cliente la chiede.

Ecco il comma di riferimento della legge 311/2004:
429. Le imprese che operano nel settore della grande distribuzione possono
trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate, distintamente per
ciascun punto vendita, l’ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri
delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi di cui agli articoli 2
e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e
successive modificazioni.


altri dettagli
eventuali ulteriori infos
e ancora

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