Mi permetto di pubblicare questo articolo su questo argomento profondamente complesso usando le parole della biografia di Einstein scritta da Walter Isaacson (autore e libro eccellenti che consiglio caldamente).
CONTESTUALIZZAZIONE
Nel “dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” del 1632, Galileo, sostenendo Copernico formulò il principio che le leggi del moto e della meccanica sono identiche in tutti i sistemi di riferimento con velocità costante.
Nell'”annus mirabilis” 1666 Isaac Newton, rintanato nella casa della madre nel villagio rurale di Woolsthorpe per sfuggire alla peste che imperversava su Cambridge, creò il calcolo infinitesimale, eseguì un’analisi dello spettro della luce e formulò la legge gravitazionale.
Maxwell nel 1862 aveva calcolato che le onde elettromagnetiche dovevano propagarsi alla velocità di circa c=300 mila km/sec cioè la stessa velocità che gli scienziati avevano misurato per la luce. Divenne quindi chiaro che la luce era la manifestazione visibile delle onde elettromagnetiche.
Per quasi trecento anni, l’universo meccanico di Isaac Newton, basato su leggi e certezze assolute, con la sua fede nelle cause e negli effetti, nell’ordine e perfino nel dovere, aveva costituito il fondamento psicologico dell’Illuminismo e dell’ordine sociale.
Einstein, con la sua Relatività Ristretta del 1905, affermava una concezione dell’universo, nota come relatività, in cui spazio e tempo dipendono dai sistemi di riferimento.
L’apparente rifiuto delle certezze, un abbandono della fede nell’assoluto, pareva ad alcuni vagamente eretico, forse perfino empio.
LA RELATIVITA’ RISTRETTA O SPECIALE: spazio assoluto e tempo assoluto diventano spaziotempo
Albert Einstein era convinto che il principio di relatività di Galileo valesse anche per le onde luminose e nel marzo del 1905, all’età di 26 anni, elaborò la teoria della “relatività ristretta” (o speciale) valida cioè solo nei casi in cui gli osservatori si muovono a velocità costante l’uno rispetto all’altro.
Il concetto essenziale della relatività ristretta è semplice: le leggi fondamentali della fisica sono identiche qualunque sia lo stato di moto dell’osservatore.
Con la relatività ristretta Einstein mostrò che spazio e tempo non hanno esistenze indipendenti, ma costituiscono la struttura unica dello spaziotempo.
Visto il contenuto di questa teoria, Einstein considerò per qualche tempo la possibilità di chiamare la sua creazione “teoria dell’invarianza”.
Secondo questa teoria infatti, le leggi fisiche dello spaziotempo unificato, erano appunto invarianti piuttosto che relative.
Max Planck, nel 1906, usò il termine “relatività” e, dal 1907 Einstein iniziò a fare altrettanto.
Il primo postulato era il principio di relatività.
In questo Einstein affermava che tutte le leggi fondamentali della fisica e dell’elettrodinamica (quindi comprese anche le equazioni di Maxwell che governano le onde elettromagnetiche), sono identiche per tutti gli osservatori in moto con velocità costante l’uno rispetto all’altro. Sono cioè identiche per tutti i sistemi di riferimento inerziali.
Sistema di riferimento inerziale cioè movimento uniforme in linea retta con valore della velocità che non cambia.
Il secondo postulato affermava che la velocità della luce fosse (come quella del suono) una costante indipendentemente dal moto della sorgente che la emetteva. Gli scienziati non erano riusciti a trovare alcuna prova di una dipendenza della velocità della luce da quella della sua sorgente
Il tempo non può essere definito in modo assoluto, e c’è una relazione inscindibile tra il tempo e la velocità dei segnali.
Infatti due eventi i quali sembrano essere simultanei ad un osservatore non appariranno tali a un altro osservatore che si muove rapidamente.
E non c’è modo di dire che uno degli osservatori ha veramente ragione.
Le misure di tempo, sia quelle di durata sia quelle di simultaneità, sono relative, dipendono dal moto dell’osservatore.
In altre parole non c’è modo di dire che i due eventi sono veramente simultanei.
Significa che non esiste un tempo assoluto e, al contrario, tutti i sistemi di riferimento in movimento hanno un proprio tempo relativo.
Il concetto di tempo assoluto fondamento della fisica sin dai “principia” di Newton del 1687 veniva quindi messo in discussione.
In effetti lo spazio ed il tempo assoluto sono due concetti ai quali non può corrispondere un’osservazione diretta.
Newton stesso ammetteva che “il tempo assoluto non è un oggetto di percezione” o, come diceva Ernst Mach: “non può essere commisurato dall’esperienza”.
Nel settembre del 1905 Albert Einstein aggiunse una appendice: la ormai celebre E=mc^2.
Qui Einstein postulò che massa ed energia sono manifestazioni diverse della medesima entità: la massa di un corpo è la misura del suo contenuto di energia.
Quindi, a conti fatti, l’energia contenuta nella massa di un’uvetta potrebbe soddisfare gran parte della domanda giornaliera di elettricità di New York City.
ESEMPI SULLA RELATIVITA’ RISTRETTA
Per capire la relatività propongo un esperimento mentale:
Immaginiamo una gigantesca nave petroliera che stia navigando ad altissima velocità. Un raggio di luce inviato dalla poppa (dietro) verso la prua (davanti) percorrerà la lunghezza della sola nave agli occhi di un marinaio imbarcato mentre percorrerà la lunghezza della nave sommata alla distanza percorsa in quel tempo dalla nave lanciata a tutta velocità agli occhi di un osservatore fermo in riva al mare. Per entrambi gli osservatori la velocità della luce è la stessa (c) ma per l’osservatore a terra, la luce ha percorso un tratto più lungo prima di raggiungere la prua. In altre parole, il medesimo evento è durato più a lungo se visto da una persona a terra che se visto da una persona sulla nave. Questo fenomeno venne chiamato “dilatazione del tempo”. Il fenomeno della dilatazione del tempo è stato confermato a livello sperimentale anche usando orologi di controllo a bordo di aerei commerciali.
Quindi, come da nome originale della teoria (invarianza), la distanza effettivamente coperta da un raggio di luce in un dato intervallo di tempo non varia al variare dello stato di moto del sistema di riferimento.
La distanza è infatti calcolabile come il prodotto della velocità della luce (sempre costante) per l’intervallo di tempo (che invece “cambia”).
Un altro esperimento mentale utile per capire la relatività è quello dell’orologio sul razzo:
Due orologi, uno a terra e l’altro su un razzo che compie il giro della terra: il tempo di volo viene misurato in modo diverso dai due orologi – quello a bordo misura un tempo più breve, fino a fermarsi se il razzo viaggia alla velocità della luce.
LA RELATIVITA’ GENERALE: dallo spaziotempo alla gravità alla materia
L’idea centrale della relatività generale è che la gravità derivi dalla curvatura dello spaziotempo.
In essa infatti sono descritte le equazioni matematiche che descrivono come:
1 – il campo gravitazionale agisce sulla materia dicendole come muoversi e
2 – la materia, a sua volta, genera i campi gravitazionali nello spaziotempo, dicendogli come incurvarsi
Con uno sforzo ammirabile, Einstein formalizzò questa teoria mentre stava divorziando e durante la prima guerra mondiale.
Il lavoro intensissimo durato molti anni culminò, alla fine del novembre 1915, con la pubblicazione della relatività estesa (o generale); trionfale revisione dell’universo di Newton.
Einstein disse che questa era “la scoperta più preziosa della mia vita”.
Secondo Paul Dirac (premio Nobel pioniere della meccanica quantistica) questa era “probabilmente la massima scoperta scientifica mai fatta”.
Max Born (uno dei giganti della fisica del XX secolo) , la definì “la più grande impresa del pensiero umano per la conoscenza della natura, la più ammirevole commistione di acume filosofico, d’intuito fisico e di abilità matematica”.
DOPO LA RELATIVITA’: alla ricerca della teoria unitaria del campo
Einstein non accettava la natura “casuale” della meccanica quantistica e ripeteva spesso: “non posso credere che il buon Dio giochi a dadi”. Così passò la seconda metà della sua carriera di scienziato alla ricerca di una teoria capace di fornire una chiave universale del cosmo: dalle stelle all’atomo.
Senza mai perdersi d’animo ci lavorò sopra per decenni.
Nel 1948 scriveva: “non ne verrò più a capo. Il problema verrà dimenticato per essere riscoperto più tardi.” “Non credo che vivrò abbastanza per vedere chi ha ragione.”
Nel 1951 scriveva: “la teoria unitaria del campo, in sè, è ultimata. Ma è così difficile da trattare matematicamente che non sono in condizione di verificarla in alcun modo. Questo stato di cose è destinato a durare per anni.”
Poche ore prima di morire (1955) ancora vi lavorava ma, come lui stesso aveva profetizzato, non riuscì mai nell’intento.
IL NOBEL
A causa del carattere fortemente rivoluzionario della teoria della relatività, molti scienziati conservatori ma influenti dell’epoca lottarono politicamente affinché nessun premio gli venisse riconosciuto. Per questo motivo nel 1921 gli venne dato il Premio Nobel per la Fisica per il suo lavoro del 1905 sulla spiegazione dell’effetto fotoelettrico e non per la relatività.