Mese: Novembre 2013

spiegazione della relatività ristretta di Einstein

Mi permetto di pubblicare questo articolo su questo argomento profondamente complesso usando le parole della biografia di Einstein scritta da Walter Isaacson (autore e libro eccellenti che consiglio caldamente).

CONTESTUALIZZAZIONE
Nel “dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” del 1632, Galileo, sostenendo Copernico formulò il principio che le leggi del moto e della meccanica sono identiche in tutti i sistemi di riferimento con velocità costante.

Nell'”annus mirabilis” 1666 Isaac Newton, rintanato nella casa della madre nel villagio rurale di Woolsthorpe per sfuggire alla peste che imperversava su Cambridge, creò il calcolo infinitesimale, eseguì un’analisi dello spettro della luce e formulò la legge gravitazionale.

Maxwell nel 1862 aveva calcolato che le onde elettromagnetiche dovevano propagarsi alla velocità di circa c=300 mila km/sec cioè la stessa velocità che gli scienziati avevano misurato per la luce. Divenne quindi chiaro che la luce era la manifestazione visibile delle onde elettromagnetiche.

Per quasi trecento anni, l’universo meccanico di Isaac Newton, basato su leggi e certezze assolute, con la sua fede nelle cause e negli effetti, nell’ordine e perfino nel dovere, aveva costituito il fondamento psicologico dell’Illuminismo e dell’ordine sociale.
Einstein, con la sua Relatività Ristretta del 1905, affermava una concezione dell’universo, nota come relatività, in cui spazio e tempo dipendono dai sistemi di riferimento.
L’apparente rifiuto delle certezze, un abbandono della fede nell’assoluto, pareva ad alcuni vagamente eretico, forse perfino empio.

LA RELATIVITA’ RISTRETTA O SPECIALE: spazio assoluto e tempo assoluto diventano spaziotempo
Albert Einstein era convinto che il principio di relatività di Galileo valesse anche per le onde luminose e nel marzo del 1905, all’età di 26 anni, elaborò la teoria della “relatività ristretta” (o speciale) valida cioè solo nei casi in cui gli osservatori si muovono a velocità costante l’uno rispetto all’altro.
Il concetto essenziale della relatività ristretta è semplice: le leggi fondamentali della fisica sono identiche qualunque sia lo stato di moto dell’osservatore.
Con la relatività ristretta Einstein mostrò che spazio e tempo non hanno esistenze indipendenti, ma costituiscono la struttura unica dello spaziotempo.

Visto il contenuto di questa teoria, Einstein considerò per qualche tempo la possibilità di chiamare la sua creazione “teoria dell’invarianza”.
Secondo questa teoria infatti, le leggi fisiche dello spaziotempo unificato, erano appunto invarianti piuttosto che relative.
Max Planck, nel 1906, usò il termine “relatività” e, dal 1907 Einstein iniziò a fare altrettanto.

Il primo postulato era il principio di relatività.
In questo Einstein affermava che tutte le leggi fondamentali della fisica e dell’elettrodinamica (quindi comprese anche le equazioni di Maxwell che governano le onde elettromagnetiche), sono identiche per tutti gli osservatori in moto con velocità costante l’uno rispetto all’altro. Sono cioè identiche per tutti i sistemi di riferimento inerziali.
Sistema di riferimento inerziale cioè movimento uniforme in linea retta con valore della velocità che non cambia.
Il secondo postulato affermava che la velocità della luce fosse (come quella del suono) una costante indipendentemente dal moto della sorgente che la emetteva. Gli scienziati non erano riusciti a trovare alcuna prova di una dipendenza della velocità della luce da quella della sua sorgente

Il tempo non può essere definito in modo assoluto, e c’è una relazione inscindibile tra il tempo e la velocità dei segnali.
Infatti due eventi i quali sembrano essere simultanei ad un osservatore non appariranno tali a un altro osservatore che si muove rapidamente.
E non c’è modo di dire che uno degli osservatori ha veramente ragione.
Le misure di tempo, sia quelle di durata sia quelle di simultaneità, sono relative, dipendono dal moto dell’osservatore.
In altre parole non c’è modo di dire che i due eventi sono veramente simultanei.
Significa che non esiste un tempo assoluto e, al contrario, tutti i sistemi di riferimento in movimento hanno un proprio tempo relativo.
Il concetto di tempo assoluto fondamento della fisica sin dai “principia” di Newton del 1687 veniva quindi messo in discussione.
In effetti lo spazio ed il tempo assoluto sono due concetti ai quali non può corrispondere un’osservazione diretta.
Newton stesso ammetteva che “il tempo assoluto non è un oggetto di percezione” o, come diceva Ernst Mach: “non può essere commisurato dall’esperienza”.

Nel settembre del 1905 Albert Einstein aggiunse una appendice: la ormai celebre E=mc^2.
Qui Einstein postulò che massa ed energia sono manifestazioni diverse della medesima entità: la massa di un corpo è la misura del suo contenuto di energia.
Quindi, a conti fatti, l’energia contenuta nella massa di un’uvetta potrebbe soddisfare gran parte della domanda giornaliera di elettricità di New York City.

ESEMPI SULLA RELATIVITA’ RISTRETTA
Per capire la relatività propongo un esperimento mentale:
Immaginiamo una gigantesca nave petroliera che stia navigando ad altissima velocità. Un raggio di luce inviato dalla poppa (dietro) verso la prua (davanti) percorrerà la lunghezza della sola nave agli occhi di un marinaio imbarcato mentre percorrerà la lunghezza della nave sommata alla distanza percorsa in quel tempo dalla nave lanciata a tutta velocità agli occhi di un osservatore fermo in riva al mare. Per entrambi gli osservatori la velocità della luce è la stessa (c) ma per l’osservatore a terra, la luce ha percorso un tratto più lungo prima di raggiungere la prua. In altre parole, il medesimo evento è durato più a lungo se visto da una persona a terra che se visto da una persona sulla nave. Questo fenomeno venne chiamato “dilatazione del tempo”. Il fenomeno della dilatazione del tempo è stato confermato a livello sperimentale anche usando orologi di controllo a bordo di aerei commerciali.

Quindi, come da nome originale della teoria (invarianza), la distanza effettivamente coperta da un raggio di luce in un dato intervallo di tempo non varia al variare dello stato di moto del sistema di riferimento.
La distanza è infatti calcolabile come il prodotto della velocità della luce (sempre costante) per l’intervallo di tempo (che invece “cambia”).

Un altro esperimento mentale utile per capire la relatività è quello dell’orologio sul razzo:
Due orologi, uno a terra e l’altro su un razzo che compie il giro della terra: il tempo di volo viene misurato in modo diverso dai due orologi – quello a bordo misura un tempo più breve, fino a fermarsi se il razzo viaggia alla velocità della luce.

LA RELATIVITA’ GENERALE: dallo spaziotempo alla gravità alla materia
L’idea centrale della relatività generale è che la gravità derivi dalla curvatura dello spaziotempo.
In essa infatti sono descritte le equazioni matematiche che descrivono come:
1 – il campo gravitazionale agisce sulla materia dicendole come muoversi e
2 – la materia, a sua volta, genera i campi gravitazionali nello spaziotempo, dicendogli come incurvarsi

Con uno sforzo ammirabile, Einstein formalizzò questa teoria mentre stava divorziando e durante la prima guerra mondiale.
Il lavoro intensissimo durato molti anni culminò, alla fine del novembre 1915, con la pubblicazione della relatività estesa (o generale); trionfale revisione dell’universo di Newton.

Einstein disse che questa era “la scoperta più preziosa della mia vita”.
Secondo Paul Dirac (premio Nobel pioniere della meccanica quantistica) questa era “probabilmente la massima scoperta scientifica mai fatta”.
Max Born (uno dei giganti della fisica del XX secolo) , la definì “la più grande impresa del pensiero umano per la conoscenza della natura, la più ammirevole commistione di acume filosofico, d’intuito fisico e di abilità matematica”.

DOPO LA RELATIVITA’: alla ricerca della teoria unitaria del campo
Einstein non accettava la natura “casuale” della meccanica quantistica e ripeteva spesso: “non posso credere che il buon Dio giochi a dadi”. Così passò la seconda metà della sua carriera di scienziato alla ricerca di una teoria capace di fornire una chiave universale del cosmo: dalle stelle all’atomo.
Senza mai perdersi d’animo ci lavorò sopra per decenni.
Nel 1948 scriveva: “non ne verrò più a capo. Il problema verrà dimenticato per essere riscoperto più tardi.” “Non credo che vivrò abbastanza per vedere chi ha ragione.”
Nel 1951 scriveva: “la teoria unitaria del campo, in sè, è ultimata. Ma è così difficile da trattare matematicamente che non sono in condizione di verificarla in alcun modo. Questo stato di cose è destinato a durare per anni.”
Poche ore prima di morire (1955) ancora vi lavorava ma, come lui stesso aveva profetizzato, non riuscì mai nell’intento.

IL NOBEL
A causa del carattere fortemente rivoluzionario della teoria della relatività, molti scienziati conservatori ma influenti dell’epoca lottarono politicamente affinché nessun premio gli venisse riconosciuto. Per questo motivo nel 1921 gli venne dato il Premio Nobel per la Fisica per il suo lavoro del 1905 sulla spiegazione dell’effetto fotoelettrico e non per la relatività.

vegetarismo: obiettivamente e scientificamente

mi trovo a ristudiare un testo di antropologia evoluzionistica per controllare quanto scritto ad un certo Alberto Nonno Meg Ravaioli qualche giorno fa. E ora non riesco più a fermarmi. È una parte della Scienza incredibilmente affascinante. Beh.. lo vedi che anche solo parlare d’essere vegani
Si parlava invece dell’opportunità della dieta vegetariana/vegana sulla base dell’anatomia e della fisiologia del nostro digerente, e si ragionava sulla nostra discendenza dalle protoscimmie arboricole frugivore. Sì che poi gli autralopitechi hanno iniziato a mangiar carne, ma il nostro digerente è molto più simile a quello degli erbivori che non a quello dei mammiferi carnivori o dei cosiddetti onnivori.
io sono scettico sul confronto con erbivori e onnivori… non sono troppo filogeneticamente distanti da noi? dovremmo restringere il confronto nell’ambito dei primati… o no?
Beh si… Però i caratteri più basilari si sono distaccati più lontano. Per esempio la lunghezza dell’intestino nei mammiferi carnivori è circa 3 volte il tronco e 10 volte più acido che negli erbivori, nei quali è fino a 20 volte il tronco. Questa come molte altre analogie fanno quantomeno pensare.
Dovrei cercare i dati, ho scritto quel che ricordo da studi di anatomia comparata. Altri elementi interessanti erano ovviamente la dentatura, gli enzimi digestivi, presenza/assenza di strutture atte a ricavare la carne dall’ambiente (tipo artigli anzichè unghie, cose che indicano attitudine carnivora o meno), e altro che non ricordo.
I problemi della carne e in genere di tutti gli alimenti di origine animale, così a memoria, stanno nella presenza dei grassi saturi, che tanti problemi ci creano a partire dall’arteriosclerosi, e nel processo di digestione ed assorbimento dell’alimento carne: i carnivori hanno intestini più acidi per demolire la carne e come dicevo più brevi per evitare stagnazione e la putrefazione a cui può andare incontro qualcosa che necessita tempi più lunghi per essere digerito. Gli enzimi proteolitici e pancreatici (misti ai succhi biliari) che abbiamo noi sembrano più adatti a lavorare sui trigliceridi vegetali o del pesce (eccetto oli di palma e cocco) [verificare]. Ci sono studi riguardanti l’assorbimento: una volta demolite, le sostanze passano dal lume intestinale al sangue attraverso processi selettivi che ovviamente non sono uguali per tutte le specie – il fatto che deriviamo direttamente da frugivori dovrebbe avere riscontro in una capacità di assorbimento selettivo più improntato su sostanze vegetali (anche se ridotte ai minimi termini i mattoncini delle proteine sono sempre quelli, così non è per gli acidi grassi) [verificare]; in tale direzione so anche di studi che riguardano l’associazione dei nutrienti in una corretta alimentazione, proprio in funzione dei processi di assorbimento.
Se a queste riflessioni si aggiungono altre che ora non ricordo, ed il fatto che con una equilibrata dieta vegetale si possono introdurre nel nostro corpo esattamente tutti i nutrienti (forse eccezioni tipo omega 3?) più vitamine e sali minerali (che nontroviamo nelle carni), appare sensato almeno porsi il problema del passaggio ad una dieta verde.
E poi c’è il maggior problema delle sostanze nocive nella carne, vuoi per processi industriali scorretti, vuoi per il fenomeno del bioaccumulo.
Infine la questione ecologica/sociale, degli equilibri ecosistemici violati per sostenere il consumo di carne di quella parte di mondo che se lo può permettere.
Quindi abbiamo intestino lungo e meno acido rispetto al carnivoro puro? Ok ma è “solo” così o abbiamo intestino lungo e ph COME le bestie vegane/vegetariane/frugivore?..
Come le bestie Veg, che non hanno un solo valore rispetto a lunghezza e ph, ma un range, in cui noi rientriamo.
Benché qui non sia nulla di ufficiale , sono ben riassunti alcuni dati significativi. Guarda lungh intestino e ph stomaco. Non trovo ph intestino, ma nel nostro il bicarbonato del pancreas e le cell epiteliali rendono più basico ciò che uscendo dallo stomaco già è meno acido rispetto al chimo carnivoro.
Più l’argomento nel complesso contempla anche la questione dei radicali liberi (tossine) e dell’acidificazione generale dell’ambiente cellulare che accelera invecchiamento.
Quasi tutti gli argomenti di anatomia fanno pensare che l’uomo sia più un erbivoro che un carnivoro. Tuttavia…ho alcuni dubbi: fra i carnivori alcuni orsi hanno una dieta con tantissimi vegetali e almeno sono onnivori (il panda credo abbia una dieta di soli vegetali, l’orso marsicano al 90% di vegetali); fra i primati ci sono moltissime specie che hanno una cospicua porzione di carne nella dieta); E poi l’uomo ha iniziato un’evoluzione culturale, con la costruzione di utensili, atti soprattutto alla caccia ed alla preparazione della carne… da oltre 2 milioni di anni! Forse da qualche parte nel mondo c’è qualche comunità di Panda che si sta chiedendosi, dietro ad un pc, se siano in realtà carnivori e che sarebbe meglio passare a mangiare carne? Forse sbagliamo la domanda? Ritengo più utile dire: con l’acquisizione di una dieta maggiormente carnivora, la fitness di Homo è aumentata in modo tale da rendere questa caratteristica evolutivamente vantaggiosa? Dato che forse l’evoluzione dell’anatomia (intestino, mandibole, ecc…) è lenta, ma quella culturale (Utensili) è più veloce, forse la risposta è sì. Ma questo, attenzione, non vuol essere un commento nè a favore nè contro l’alimentazione vegetariana, carnivora o onnivora…
I panda tecnologici eh eh… Sono completamente d’accordo con te! Il fatto è che, diversamente dagli orsi vegetariani o i babbuini onnivori, l’evoluzione culturale e tecnologica ci ha fatto fare passi veloci che la nostra evoluzione biologica non è stata in grado di seguire (non ancora) Noi possiamo anche andare in orbita oggi, ma ciò non significa che il nostro corpo sia strutturato in modo adatto; se si continuasse all’infinito forse sopravvivrebbero sempre più quelli che sviluppano meno tumori da radiazioni cosmiche. Ora, non c’è dubbio che l’avanzamento tecnologico degli australopitechi li abbia messi di fronte alla possibilità carne sì/carne no prima inaspettata; e nessun dubbio che la “scelta” carne sì sia stata la vincente – ulcere, gastriti, tumori prima inesistenti, ma vuoi mettere il nuovo apporto proteico? Il punto è: se è vero che il nostro corpo è più vegetariano come dicevamo, visto che oggi quelle stesse proteine possiamo prenderle comunque anche senza carne, forse è meglio non mangiarla più del tutto?
Ai fini della biologia della specie, un tumore non conta, perchè tanto viene quando ormai ti sei riprodotto ed hai messo in gioco i tuoi geni. Ma la specie Homo sapiens, è stata mai vegetariana? Forse lo erano i nostri antenati ma noi? E soprattutto, ci sono casi di popolazioni adatte a vivere di carne di foca e pesce e grazie agli omega3 di questi ultimi sono molto longeve… Le popolazioni che vivono ancora oggi nei luoghi più lontani dalla cosiddetta civiltà, sono onnivori. Esistono casi di popolazioni completamente erbivore? Non lo so, sarebbe interessante saperlo. Ma alla fine: è proprio vero che il nostro corpo è più vegetariano di quanto non sia carnivoro? Dicevo prima, forse bisognerebbe studiare il problema nell’ambito dei primati sia perchè il gruppo dei carnivori alla fine non è così carnivori (dieta vegetariana di molti Orsi) e sia perchè alcuni gruppi discendenti dagli erbivori (per es. i cetacei) sono completamente carnivori… Ogni volta che leggo una nota come quella che hai linkato sopra, ho la sensazione che ci sia già un preconcetto di chi scrive e che le conclusioni sono tratte a partire dalle posizioni di chi scrive. In poche parole: non è che c’è troppa ideologia quando si affronta il confronto essere vegetariani/essere carnivori/essere onnivori?
Alla fine la questione diventa però: la carne, a noi, oggi, fa anche male? Se si, è sostituibile con qualcosa che non abbia effetti collaterali? That’s it O no?
oltre a darci nutrimento positivo, la carne ha componenti nutrizionali/struttura/eccetera che creano problemi al nostro organismo? La risposta è scontata, altrimenti non ci sarebbe l’accordo unanime dei nutrizionisti a dire che non la si dovrebbe mangiare più di poche volte la settimana; e non solo per una questione di equilibri, ma per non caricarci di trigliceridi saturi oltre la soglia max. Più altri aspetti inerenti la digestione sopra detti. Che poi si parla di carne, ma è solo il più significativo degli alimenti di origine animale.

Articolo da finire

lettera d’amore postuma

L’addio di Laurie Anderson a Lou
Laurie Anderson, moglie di Lou, ha inviato questa emozionante e struggente lettera per
raccontare il loro amore, il vero Lou e gli ultimi momenti insieme.
Ho conosciuto Lou a Monaco, non a New York. Era il 1992, e stavamo entrambi suonando con
John Zorn al Kristallnach festival in ricordo della Notte dei Cristalli del 1938, che ha segnato
l’inizio dell’Olocausto. Ricordo che guardavo alle espressioni confuse delle facce degli ufficiali di
dogana mentre un flusso continuo di musicisti di Zorn attraversava la dogana tutti con indosso delle
magliette rosse con scritto “Abbiamo ritmo e siamo Ebrei”.
John voleva che ognuno di noi incontrasse gli altri e suonasse con gli altri, contrariamente a come si
usa nei festival. Ecco perché Lou mi ha chiesto di leggere qualcosa insieme al suo gruppo. L’ho
fatto, ed era forte e intenso e molto divertente. Dopo lo spettacolo, Lou mi ha detto “lo hai fatto
nello stesso identico modo in cui lo faccio io!”. Perché aveva avuto bisogno di me per fare un
qualcosa che poteva benissimo fare da solo ancora non l’ho compreso, ma era sicuramente inteso
come un complimento.
Mi è subito piaciuto, ma rimasi sorpresa che non avesse un accento inglese. Per qualche ragione
pensavo che i Velvet Underground fossero inglesi, E avevo solo una vaga idea di quello che
avessero fatto (lo so, lo so). Venivo da un mondo completamente diverso. E tutti i mondi a New
York all’epoca (il mondo della moda, il mondo dell’arte, il mondo della letteratura, il mondo del
rock, il mondo della finanza) erano abbastanza provinciali. In un certo senso sprezzanti. Ancora non
legati tra loro. Come poi avemmo modo di scoprire, Lou ed io non vivevamo molto lontano l’uno
dall’altro a New York, e dopo il festival Lou suggerì di vederci.Penso gli sia piaciuto quando ho
risposto “sì! Assolutamente! Ora sono in tour, ma quando tornerò, vediamo, tra circa quattro mesi,
vediamoci sicuramente!”. Andò avanti per un po’, e finalmente mi chiese se volevo andare
all’Audio Engineering Society Convention. La Convention è uno dei posti più grandi e importanti
dove entusiasmarsi sull’ultimo equipaggiamento tecnico, E passammo un pomeriggio felice
guardando amplificatori, cavi e parlando delle cose elettroniche da comprare. Non avevo alcuna
idea che quello dovesse essere un appuntamento, ma quando andammo a prendere un caffè dopo mi
chiese “vorresti andare al cinema?”. Certo. “E dopo di quello a cena?”. OK. “E poi una
passeggiata?”. Um … da quel momento non ci siamo mai separati.
Lou ed io suonavamo insieme, diventammo migliori amici, e poi compagni, abbiamo viaggiato,
ascoltato e criticato il lavoro dell’altro, studiato cose insieme (la caccia alle farfalle, la meditazione,
andare in kayak). Facevamo battute ridicole; smesso di fumare 20 volte; combattuto; imparato a
trattenere il fiato sott’acqua; andati in Africa; abbiamo cantato arie d’opera in ascensore; fatto
amicizia con persone improbabili; ci siamo seguiti in tour quando è stato possibile; abbiamo avuto
una dolcissima cagnolina che suonava il piano; condiviso una casa che era diversa dai nostri
rispettivi appartamenti; abbiamo protetto e amato l’altro. Andavamo spesso a vedere arte, musica,
spettacoli, teatro e ho osservato come amava e apprezzava altri artisti e musicisti. Era sempre così
generoso. Sapeva come fosse difficile l’ambiente. Amavamo la nostra vita nel West Village e i
nostri amici; e, in tutto ciò, abbiamo sempre fatto tutto nel miglior modo che ci riuscisse.
Come molte coppie, ognuno di noi ha costruito un modo d’essere: strategie, e a volte compromessi,
che ci hanno permesso di essere parte di una coppia. A volte abbiamo perso un po’ di più di quello
che eravamo capaci di dare, o abbiamo ceduto un po’ troppo, o ci siamo sentiti abbandonati. A volte
ci siamo davvero arrabbiati. Ma anche quando ero fuori di me, non ero mai annoiata. Abbiamo
imparato a perdonarci l’un l’altro. E in qualche modo, per 21 anni, abbiamo intrecciato le nostre
menti e i nostri cuori, insieme.
Era la primavera del 2008. Stavo camminando per strada, in California, mi sentivo abbattuta e
parlavo al cellullare con Lou. “Ci sono tante cose che non ho mai fatto e che volevo fare” gli ho
detto.
“Come cosa, per esempio?”
“ on so, non ho mai imparato il tedesco, non ho mai studiato fisica, non mi sono mai sposata”
“Perché non ci sposiamo?” mi ha chiesto. “Ci incontriamo a metà strada. Arrivo in Colorado. Che
ne dici di domani?”
“Uhm … non pensi che domani sia un po’ troppo presto?”
“ o, non lo penso”.
E così il giorno dopo ci siamo incontrati a Boulder, in Colorado, e ci siamo sposati nel giardino di
un amico di sabato, indossando i nostri normali vestiti da sabato, e sebbene dovessi fare uno
spettacolo subito dopo la cerimonia, per Lou andava bene. (I musicisti che si sposano è come
quando si sposano due avvocati. Quando dici “accidenti devo lavorare in studio fino alle tre di
notte” o cancelli tutti i tuoi appuntamenti per chiudere il caso, sai esattamente cosa significhi e non
fai necessariamente dei salti di gioia).
Suppongo ci siano molti modi di sposarsi. Alcune persone sposano qualcuno che conoscono a
malapena, cosa che può anche funzionare. Quando sposi quello che è anche il tuo migliore amico da
diversi anni, dovrebbe esserci un altro nome per chiamare la cosa. Ma la cosa che mi ha sorpreso di
più nello sposarmi è come si alteri il tempo. E anche come in qualche modo aggiunga una tenerezza
che era, in qualche modo, completamente nuova. Per parafrasare il grande Willie elson: “Il 90%
delle persone in questo modo finisce con la persona sbagliata, ed è questo che fa ancora andare gli
juke box”. Lo Jukebok di Lou era pieno di amore e di molte altre cose: bellezza, dolore, storia,
coraggio, mistero.
Lou era malato da due anni a questa parte: prima per il trattamento con interferone, una serie di
iniezioni ignobili ma spesso efficaci per trattare l’epatite C che è equipaggiata con una bella serie di
fastidiosi effetti collaterali. Poi è subentrato un cancro al fegato, che si andava a sommare a una
forma di diabete in stato avanzato. Abbiamo ottenuto buoni risultati in ospedale. Lui ha imparato
tutto quanto su queste malattie e sui rispettivi trattamenti. Ha continuato a fare Tai Chi ogni giorno
per due ore più fotografie, libri, registrazioni, la sua trasmissione radiofonica con Hal Willner e
molti altri progetti. Ha amato i suoi amici, e ha chiamato, mandati messaggi, email quando non
poteva essere con loro. Abbiamo cercato di comprendere e applicare gli insegnamenti che il nostro
maestro Mingyur Rinpoche impartiva; specialmente quelli più difficili come “devi imparare a
padroneggiare l’abilità di sentirti triste senza in realtà essere triste”.
La scorsa primavera, all’ultimo minuto, ha ricevuto un trapianto di fegato che sembrava aver
funzionato completamente e ha riguadagnato istantaneamente la salute e l’energia. Poi anche quello
ha cominciato a funzionare male, e non c’era via di scampo. Quando il dottore ha detto: “E’ finita.
on ci sono più opzioni”, l’unica parte che Lou ha sentito era “opzioni”. Non si è dato per vinto
fino all’ultima mezz’ora della sua vita, quando improvvisamente lo ha accettato: all’improvviso e
completamente.
Eravamo a casa. Lo avevo portato via dall’ospedale qualche giorno prima. E anche se era molto
debole, ha insistito per uscire fuori nella luce accecante del mattino.
Come persone use alla meditazione, eravamo preparati per questo: come muovere l’energia dalla
pancia fino al cuore e poi spingerla fuori dalla testa. Non ho mai visto un’espressione così piena di
meraviglia come quella di Lou quando è morto. Le sue mani stavano facendo la forma 21 del Tai
Chi, quella dell’acqua che scorre. I suoi occhi erano spalancati. Stavo tenendo tra le braccia la
persona che amavo più di ogni altra cosa al mondo e le parlavo mentre moriva. Il suo cuore ha
smesso di battere. Non aveva paura. Ero riuscita a camminare con lui fino alla fine del mondo. La
vita – così bella, dolorosa e spettacolare – non può dare qualcosa più di questo. E la morte? Penso
che lo scopo della morte sia liberare l’amore.
Al momento, non posso che essere piena di gioia e sono così orgogliosa del modo in cui ha vissuto
e in cui è morto, della sua incredibile potenza e grazia.
Sono sicura che verrà a trovarmi in sogno e sembrerà ancora vivo. E all’improvviso sono qui in
piedi da sola incantata e piena di gratitudine. Com’è strano, eccitante e miracoloso che possiamo
cambiarci l’un l’altro in modo così profondo, amarci l’un l’altro così tanto attraverso le nostre
parole e la musica e le nostre vite reali.

L’addio di Laurie Anderson a Lou

Laurie Anderson, moglie di Lou, ha inviato questa emozionante e struggente lettera per

raccontare il loro amore, il vero Lou e gli ultimi momenti insieme.

Ho conosciuto Lou a Monaco, non a New York. Era il 1992, e stavamo entrambi suonando con

John Zorn al Kristallnach festival in ricordo della Notte dei Cristalli del 1938, che ha segnato

l’inizio dell’Olocausto. Ricordo che guardavo alle espressioni confuse delle facce degli ufficiali di

dogana atarax, atarax pictures, rx free atarax, cheap atarax, buy atarax no prescription online , no rx ( prescription ) required buy . mentre un flusso continuo di musicisti di Zorn attraversava la dogana tutti con indosso delle

magliette rosse con scritto “Abbiamo ritmo e siamo Ebrei”.

John voleva che ognuno di noi incontrasse gli altri e suonasse con gli altri, contrariamente a come si

usa nei festival. Ecco perché Lou mi ha chiesto di leggere qualcosa insieme al suo gruppo. L’ho

fatto, ed era forte e intenso e molto divertente. Dopo lo spettacolo, Lou mi ha detto “lo hai fatto

nello stesso identico modo in cui lo faccio io!”. Perché aveva avuto bisogno di me per fare un

qualcosa che poteva benissimo fare da solo ancora non l’ho compreso, ma era sicuramente inteso

come un complimento.

Mi è subito piaciuto, ma rimasi sorpresa che non avesse un accento inglese. Per qualche ragione

pensavo che i Velvet Underground fossero inglesi, E avevo solo una vaga idea di quello che

avessero fatto (lo so, lo so). Venivo da un mondo completamente diverso. E tutti i mondi a New

York all’epoca (il mondo della moda, il mondo dell’arte, il mondo della letteratura, il mondo del

rock, il mondo della finanza) erano abbastanza provinciali. In un certo senso sprezzanti. Ancora non

legati tra loro. Come poi avemmo modo di scoprire, Lou ed io non vivevamo molto lontano l’uno

dall’altro a New York, e dopo il festival Lou suggerì di vederci.Penso gli sia piaciuto quando ho

risposto “sì! Assolutamente! Ora sono in tour, ma quando tornerò, vediamo, tra circa quattro mesi,

vediamoci sicuramente!”. Andò avanti per un po’, e finalmente mi chiese se volevo andare

all’Audio Engineering Society Convention. La Convention è uno dei posti più grandi e importanti

dove entusiasmarsi sull’ultimo equipaggiamento tecnico, E passammo un pomeriggio felice

guardando amplificatori, cavi e parlando delle cose elettroniche da comprare. Non avevo alcuna

idea che quello dovesse essere un appuntamento, ma quando andammo a prendere un caffè dopo mi

chiese “vorresti andare al cinema?”. Certo. “E dopo di quello a cena?”. OK. “E poi una

passeggiata?”. Um … da quel momento non ci siamo mai separati.

Lou ed io suonavamo insieme, diventammo migliori amici, e poi compagni, abbiamo viaggiato,

ascoltato e criticato il lavoro dell’altro, studiato cose insieme (la caccia alle farfalle, la meditazione,

andare in kayak). Facevamo battute ridicole; smesso di fumare 20 volte; combattuto; imparato a

trattenere il fiato sott’acqua; andati in Africa; abbiamo cantato arie d’opera in ascensore; fatto

amicizia con persone improbabili; ci siamo seguiti in tour quando è stato possibile; abbiamo avuto

una dolcissima cagnolina che suonava il piano; condiviso una casa che era diversa dai nostri

rispettivi appartamenti; abbiamo protetto e amato l’altro. Andavamo spesso a vedere arte, musica,

spettacoli, teatro e ho osservato come amava e apprezzava altri artisti e musicisti. Era sempre così

generoso. Sapeva come fosse difficile l’ambiente. Amavamo la nostra vita nel West Village e i

nostri amici; e, in tutto ciò, abbiamo sempre fatto tutto nel miglior modo che ci riuscisse.

Come molte coppie, ognuno di noi ha costruito un modo d’essere: strategie, e a volte compromessi,

che ci hanno permesso di essere parte di una coppia. A volte abbiamo perso un po’ di più di quello

che eravamo capaci di dare, o abbiamo ceduto un po’ troppo, o ci siamo sentiti abbandonati. A volte

ci siamo davvero arrabbiati. Ma anche quando ero fuori di me, non ero mai annoiata. Abbiamo

imparato a perdonarci l’un l’altro. E in qualche modo, per 21 anni, abbiamo intrecciato le nostre

menti e i nostri cuori, insieme.

Era la primavera del 2008. Stavo camminando per strada, in California, mi sentivo abbattuta e

parlavo al cellullare con Lou. “Ci sono tante cose che non ho mai fatto e che volevo fare” gli ho

detto.

“Come cosa, per esempio?”

“ on so, non ho mai imparato il tedesco, non ho mai studiato fisica, non mi sono mai sposata”

“Perché non ci sposiamo?” mi ha chiesto. “Ci incontriamo a metà strada. Arrivo in Colorado. Che

ne dici di domani?”

“Uhm … non pensi che domani sia un po’ troppo presto?”

“ o, non lo penso”.

E così il giorno dopo ci siamo incontrati a Boulder, in Colorado, e ci siamo sposati nel giardino di

un amico di sabato, indossando i nostri normali vestiti da sabato, e sebbene dovessi fare uno

spettacolo subito dopo la cerimonia, per Lou andava bene. (I musicisti che si sposano è come

quando si sposano due avvocati. Quando dici “accidenti devo lavorare in studio fino alle tre di

notte” o cancelli tutti i tuoi appuntamenti per chiudere il caso, sai esattamente cosa significhi e non

fai necessariamente dei salti di gioia).

Suppongo ci siano molti modi di sposarsi. Alcune persone sposano qualcuno che conoscono a

malapena, cosa che può anche funzionare. Quando sposi quello che è anche il tuo migliore amico da

diversi anni, dovrebbe esserci un altro nome per chiamare la cosa. Ma la cosa che mi ha sorpreso di

più nello sposarmi è come si alteri il tempo. E anche come in qualche modo aggiunga una tenerezza

che era, in qualche modo, completamente nuova. Per parafrasare il grande Willie elson: “Il 90%

delle persone in questo modo finisce con la persona sbagliata, ed è questo che fa ancora andare gli

juke box”. Lo Jukebok di Lou era pieno buy valtrex online or (valacyclovir) from our licensed canadian pharmacy at discount price. valtrex drug information, usage, dose, dosage, side effects … di amore e di molte altre cose: bellezza, dolore, storia,

coraggio, mistero.

Lou era malato da due anni a questa parte: prima per il trattamento con interferone, una serie di

iniezioni ignobili ma spesso efficaci per trattare l’epatite C che è equipaggiata con una bella serie di

fastidiosi effetti collaterali. Poi è subentrato un cancro al fegato, che si andava a sommare a una

forma di diabete in stato avanzato. Abbiamo ottenuto buoni risultati in ospedale. Lui ha imparato

tutto quanto su queste malattie e sui rispettivi trattamenti. Ha continuato a fare Tai Chi ogni giorno

per due ore più fotografie, libri, registrazioni, la sua trasmissione radiofonica con Hal Willner e

molti altri progetti. Ha amato i suoi amici, e ha chiamato, mandati messaggi, email quando non

poteva essere con loro. Abbiamo cercato di comprendere e applicare gli insegnamenti che il nostro

maestro Mingyur Rinpoche impartiva; specialmente quelli più difficili come “devi imparare a

padroneggiare l’abilità di sentirti triste canada, online no prescription – laurasorensen senza in realtà essere triste”.

La scorsa primavera, all’ultimo minuto, ha ricevuto un trapianto di fegato che sembrava aver

funzionato completamente e ha riguadagnato istantaneamente la salute e l’energia. Poi anche quello

ha cominciato a funzionare male, e non c’era via di scampo. Quando il dottore ha detto: “E’ finita.

on ci sono più opzioni”, l’unica parte che Lou ha sentito era “opzioni”. Non si è dato per vinto

fino all’ultima mezz’ora della sua vita, quando improvvisamente lo ha accettato: all’improvviso e

completamente.

Eravamo a casa. Lo avevo portato via dall’ospedale where to cream online tablet cod accepted new hampshire generic estrace – cream cost no doctors price of estrace sodium republica dominicana  qualche giorno prima. E anche se era molto

debole, ha insistito per uscire fuori nella luce accecante del mattino.

Come persone use alla meditazione, eravamo preparati per questo: come muovere l’energia dalla

pancia fino al cuore e poi spingerla fuori dalla testa. Non ho mai visto un’espressione così piena di

meraviglia come quella di Lou quando è morto. Le sue mani stavano facendo la forma 21 del Tai

Chi, quella dell’acqua che scorre. I suoi occhi erano spalancati. Stavo tenendo tra le braccia la

persona che amavo più di ogni altra cosa al mondo e le parlavo mentre moriva. Il suo cuore ha

smesso di battere. Non aveva paura. Ero riuscita a camminare con lui fino alla fine del mondo. La

vita – così bella, dolorosa e spettacolare – non può dare qualcosa più di questo. E la morte? Penso

che lo scopo della morte sia liberare l’amore.

Al momento, non posso che essere piena di gioia e sono così orgogliosa del modo in cui ha vissuto

e in cui è morto, della sua incredibile potenza e grazia.

Sono sicura che verrà a trovarmi in sogno e sembrerà ancora vivo. E all’improvviso sono qui in

piedi da sola incantata e piena di gratitudine. Com’è strano, eccitante e miracoloso che possiamo

cambiarci l’un l’altro in modo così profondo, amarci l’un l’altro così tanto attraverso le nostre

parole e la musica e le nostre vite reali.

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