Mese: Gennaio 2014

test INVALSI: qual è il senso?

articolo copiaincollato da “link perso”:

invalsi

Come ogni anno da qualche anno, nelle scuole di ogni ordine e grado, a metà maggio rifiorisce la prova Invalsi. E si rianimano le polemiche e le proteste di studenti, genitori e insegnanti verso l’”Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione”, i suoi metodi e i suoi intenti.

In molti hanno boicottato le operazioni di somministrazione della prova e alcuni sondaggi di parte indicano che uno studente su tre ha messo i bastoni tra gli ingranaggi della verifica. Ma quest’anno la rete è stata invasa dalle fotografie fatte dagli studenti alle risposte date al proprio test. Risposte doppiamente ironiche, beffarde e sarcastiche, perché l’uso dei cellulari era severamente proibito.

Di più: quest’anno anche la disposizione dei banchi è stata studiata a quinconce, in modo che ogni alunno non avesse vicino a sé nessuno con le stesse domande, nessuno da cui, al caso, potersi far suggerire la risposta giusta.

Stratagemma eluso. Oltre ad aver cancellato il codice a barre per non essere identificati (il test “dovrebbe” essere anonimo) – dato che il questionario dello studente chiede informazioni personali e familiari -, i ragazzi scherzano sul tenore delle domande. Dicono che sono troppo semplici, dicono che è un insulto alla loro intelligenza.

E lo è. È sufficiente dare un’occhiata al purchase authentic fda-accredited cialis, at online drugstore. and save money! +discounts and bonuses. per rendersene conto. Eppure c’è poco da ridere.

Perché dietro a domande spesso banali e prevedibili, c’è un disegno preciso e per nulla rassicurante per il futuro della scuola e della cultura.

Dice : “Il superamento di test a scelta multipla celebra e premia una forma peculiare di intelligenza (…) apprezzata dai gestori e dalle imprese finanziarie (…) Questi test creano uomini e donne che sanno leggere e far di conto quanto basta per occupare posti di lavoro relativi a servizi e funzioni elementari (…) premiano chi rispetta le regole, memorizza le formule e mostra deferenza verso l’autorità.”

C’è da preoccuparsi a pensare che dai risultati Invalsi si voglia far dipendere la carriera degli insegnanti e i finanziamenti alle scuole.

C’è da preoccuparsi a pensare che dai test Invalsi dipenderà l’articolazione dei programmi scolastici e i mezzi per attuarli.
C’è da preoccuparsi a pensare che dalla scuola riformata e ricalibrata attorno all’Invalsi, e quindi al passaggio dalla prevalenza dei contenuti al dominio dei metodi, usciranno “buoni consumatori in questa società tecnologica” (sostiene ).

A ben considerare quanto dicono pedagoghi, psicologi e sociologi, i test Invalsi mettono da parte la “conoscenza” (quella che diventa coscienza critica e quindi originalità individuale) e valorizzano la “competenza” standardizzata, che determina un sapere elementare e immediatamente fruibile nei mercati. In altre parole creano buoni acquirenti e buoni esecutori.

Allora viene da porsi la solita domanda: a chi fa comodo tutto questo?

Una possibilità è la seguente: nel 1989, preoccupata dallo scarso sviluppo economico, la Tavola Rotonda Europea degli Industriali si accorge che l’istruzione e la formazione sono investimenti strategici vitali per il successo dell’impresa e dell’industria europea. Aggiunge che gli insegnanti non capiscono i bisogni dell’industria e hanno scarsa competenza in materia di economia, affari e profitto.

Era il momento in cui anche l’, pressata dalla recessione incipiente, comincia a considerare l’istruzione e la formazione come un settore cruciale di spinta allo sviluppo economico e inizia a svolgere ricognizioni e indagini comparative sulla scuola.

Ne deriva che la scuola non può rimanere in mano a incompetenti in fatto di alta strategia finanziaria (come gli insegnanti) se si vuole recuperare il ritardo della produzione e dei consumi nei confronti degli USA. Quindi inizia una pressione verso l’Unione Europea per condurre la scuola e il suo potenziale formativo nell’alveo dell’industria.

Attraverso Maastricht nel 1992, il “Libro bianco” della UE nel 1993, le ulteriori spinte della Tavola Rotonda nel ’95 e ’97, il vertice di Lisbona del 2000 e i documenti delle Commissioni UE del 2003 (etc. etc.) si delinea il percorso (dimostrabile) che conduce alla nascita dell’Invalsi che ha lo scopo di produrre, in Italia, le famose prove OCSE-PISA.

Il resto è noto e ci riconduce all’inizio, anche se ci sarebbe molto altro da dire.

Considerato che l’Invalsi è diventato obbligatorio con il Decreto semplificazioni del governo Monti, viene da chiedersi se sia finita, o stia per finire, l’epoca della scuola che raccoglie l’esperienza, la cultura e l’atteggiamento della tradizione umanistica e rinascimentale.

Un’ultima cosa: per chi non lo sapesse, la Tavola Rotonda Europea degli Industriali è un forum il cui attuale presidente è Leif Johansonn, a.d. della Eriksonn, che guida circa cinquanta tra presidenti o amministratori delegati delle principali multinazionali, come Vodafone, Tyssen Krupp, BP, Nestlè e via dicendo. Insieme, hanno un fatturato di circa 1’300 miliardi di euro all’anno e ne investono 51 in ricerca e sviluppo . Saranno troppi?

Albert Einstein e la politica

Durante tutta la sua vita Albert Einstein fu coerente nei presupposti fondamentali delle sue scelte politiche.
Fin da quando era studente in Svizzera era stato favorevole a politiche economiche socialiste, temperate da una forte propensione per la libertà individuale, l’autonomia personale, le istituzioni democratiche e la protezione delle libertà.
Nel 1949 scrisse un importante saggio per il numero inaugurale della rivista Monthly Review intitolato “Perché in socialismo?“.
Nell’articolo sosteneva che un capitalismo senza restrizioni produceva grandi disparità di ricchezza, alternanze cicliche di fasi di espansione e di depressione e livelli di sperati di disoccupazione.
Il sistema incoraggiava l’egoismo invece della cooperazione, la smania di arricchirsi anziché il desiderio di servire gli altri.
Le persone venivano preparate alla carriera piuttosto che all’amore per il lavoro e la creatività.
E i partiti politici tendevano a essere corrotti dai contributi finanziari dei possessori di grandi capitali.
Questi problemi potevano essere evitati sosteneva Einstein nel suo articolo, mediante un’economia socialista, purché ci si premunisse dalla tirannia e dalla centralizzazione del potere.
Un’economia pianificata, che equilibri la produzione e le necessità della comunità, distribuirebbe il lavoro fra tutti gli abili al lavoro e garantirebbe i mezzi di sussistenza a ogni uomo, donna e bambino.
L’educazione dell’individuo, oltre ad incoraggiare le sue innate capacità, si proporrebbe di sviluppare in lui un senso di responsabilità verso i suoi simili anziché la glorificazione del potere e del successo, come avviene nella nostra società attuale.
Aggiungeva però che le economie pianificate erano esposte al pericolo di diventare oppressive, burocratiche e tiranniche, come era accaduto nei paesi comunisti come la Russia.
Una economia pianificata potrebbe essere accompagnata dal completo asservimento dell’individuo.
A livello personale, politico e professionale provava repulsione per qualunque costrizione.
L’individualismo e la libertà erano necessari perché fiorissero l’arte e creativa e la scienza.
L’imperativo di proteggere i diritti dell’individuo era il più fondamentale principio politico di Einstein.

scuola svedese: colloqui con gli insegnanti

Articolo parzialmente copia-incollato dal bel sito web “genitoricrescono.com“.

Prima di tutto per il colloquio ci si prepara.
Circa una settimana prima, il Vikingo è tornato a casa con un foglio di domande a cui rispondere in preparazione per il colloquio.
Le domande erano di vari gruppi.
Alcune riguardavano lui, tipo come si trova a scuola, se gli piace, se si diverte, se trova difficili le materie di studio, se trova difficili i compiti a casa, eccetera.
Poi c’erano le domande sull’atmosfera in classe, se c’è confusione, se riesce a concentrarsi, se i suoi compagni di classe lo aiutano, e così via.
Poi le domande sulla situazione in giardino durante l’intervallo, se si sente solo, con chi gioca, a cosa gioca, se si trova mai in situazioni difficili, e poi ovviamente anche sulla mensa, sulla qualità del cibo, sulla durata del pasto, sull’atmosfera a mensa.
Insomma una panoramica generale sulla sua percezione della vita a scuola, e non solo dello studio.
Io e il VIkingo ci siamo messi insieme a leggere le domande e già grazie a questo semplice esercizio ho avuto molte informazioni dirette su come se la vive e come funzionano le cose lì.
Poi è arrivato il giorno del colloquio.
E qui abbiamo scoperto una cosa importante.
Il colloquio, della durata di una mezzora circa, che però per noi si è prolungato un po’, non è tra maestre e genitori, è tra la maestra e l’alunno, che essendo minorenne avviene in presenza dei genitori.
La maestra ha letto le risposte del Vikingo e ha discusso con lui ogni singolo punto. Ha mostrato interesse in ogni cosa che lui dicesse, soffermandosi maggiormente sui punti critici.
Non c’è mai stato in nessun momento un rimprovero nei suoi confronti, o un invito ad impegnarsi di più. C’è stata molta empatia, e molta voglia di capire le sue difficoltà per porre rimedio.
Ma anche moltissimo incoraggiamento per tutto ciò che riesce a fare bene, e tutti i progressi fatti.
La maestra ha mantenuto tutto il tempo il dialogo con lui, e praticamente mai direttamente con noi, se non per chiarire qualche riferimento specifico a una attività di cui noi non eravamo a conoscenza.
Sembrava quasi di essere di troppo.
Ovviamente questa è una esperienza con una insegnante, in una scuola specifica, in quel di Stoccolma, e quindi non vorrei generalizzare troppo, anche se ho parlato con altri genitori e sembra che questo sia più o meno per tutti il modo comune di procedere.
Il rapporto è tra l’insegnante e il bambino, e così facendo si dà al bambino stesso la responsabilità del suo andare bene o male a scuola.

Alla fine del colloquio maestra e allievo, discutono gli obiettivi da raggiungere nei prossimi mesi, e la strategia da adottare per raggiungerli.
E qui viene il bello, perché gli obiettivi sono individuali, non di classe.
Se un bambino ha difficoltà nella lettura il suo obiettivo sarà basato su questo, ad esempio dovrà leggere un po’ ogni giorno con lo scopo di arrivare dopo 2 mesi a riuscire a leggere un libricino di 10 pagine.
Se un bambino sa leggere bene ma ha problemi con la matematica, l’obbiettivo verrà fissato di conseguenza.

Le implicazioni di questo sistema sono incredibili.
– Il bambino non subisce confronti con il resto della classe ma impara a guardare ai suoi progressi personali e ai suoi obiettivi personali.
– Il bambino non si sente meno bravo perché qualcun altro fa qualcosa meglio di lui, perché impara sin dall’inizio che ognuno è bravo a fare qualcosa di diverso.
– Il genitore non si sente mai accusato di come va il figlio a scuola, o di come si comporta in classe. Quella resta una faccenda tra insegnante e alunno.
– Il bambino viene responsabilizzato rispetto ai suoi studi, ai suoi progressi, e al suo comportamento in classe e con i compagni.
Poi è chiaro che il genitore ha comunque il suo ruolo di controllo e guida, e soprattutto è utile essere presenti al colloquio per portare avanti la collaborazione con la scuola in modo efficiente.
Io finora non ho visto fattori negativi con questo sistema, se non una certa irrequietezza nostra, di genitori, che un po’ per il nostro background culturale, un po’ per l’ansia che ci contraddistingue, ricercheremmo volentieri il confronto con gli altri per avere una misura del livello di preparazione di nostro figlio.
Però stiamo imparando a rilassarci, e a goderci questo sistema che ha i suoi vantaggi.
E infatti quello che solo qualche mese fa ci impensieriva, si è risolto da solo nel giro di pochissimo tempo, grazie al fatto di rispettare i suoi tempi personali di sviluppo e di apprendimento, incoraggiando semplicemente la sua naturale curiosità.

18 consigli per una vita migliore

I 18 principi del Dalai Lama

1 – Tieni sempre conto del fatto che un grande amore e dei grandi risultati comportano un grande rischio.

2 – Quando perdi, non perdere la lezione.

3 – Segui sempre le 3 “R”: Rispetto per te stesso. Rispetto per gli altri. Responsabilità per le tue azioni.

4 – Ricorda che non ottenere quel che si vuole può essere talvolta un meraviglioso colpo di fortuna.

5 – Impara le regole, affinché tu possa infrangerle in modo appropriato.

6 – Non permettere che una piccola disputa danneggi una grande amicizia.

7 – Quando ti accorgi di aver commesso un errore, fai immediatamente qualcosa per correggerlo.

8 – Trascorri un po’ di tempo da solo ogni giorno.

9 – Apri le braccia al cambiamento, ma non lasciar andare i tuoi valori.

10 – Ricorda che talvolta il silenzio è la migliore risposta.

11 – Vivi una buona, onorevole vita, di modo che, quando ci ripenserai da vecchio, potrai godertela una seconda volta.

12 – Un’atmosfera amorevole nella tua casa dev’essere il fondamento della tua vita.

13 – Quando ti trovi in disaccordo con le persone a te care, affronta soltanto il problema attuale, senza tirare in ballo il passato.

14 – Condividi la tua conoscenza. E’ un modo di raggiungere l’immortalità.

15 – Sii gentile con la Terra.

16 – Almeno una volta l’anno, vai in un posto dove non sei mai stato prima.

17 – Ricorda che il miglior rapporto è quello in cui ci si ama di più di quanto si abbia bisogno l’uno dell’altro.

18 – Giudica il tuo successo in relazione a ciò a cui hai dovuto rinunciare per ottenerlo.

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