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Il terrorismi e l’islam spiegati da un somalo musulmano

di Abdullahi Ahmed

Basta che una persona gridi Allahu Akbar

per essere il rappresentante di un miliardo e mezzo di persone?

Mercoledì 7 gennaio, quando sono accaduti i fatti di Parigi, la mattina presto mi sono svegliato, ho pregato, ho fatto colazione, sono andato al centro per l’impiego per avere il certificato di disoccupazione e poi mi sono recato all’informagiovani di Settimo dove svolgo il servizio civile.

Al bar, prima di entrare in ufficio, un mio amico si rivolge a me: “Ma cosa avete combinato?”.

Io non sapevo nulla di ciò che era accaduto a Parigi, mi ha colto alla sprovvista, non capivo a cosa si riferisse. Mi mostra un sito: “Allahu Akbar, Allahu Akbar, terroristi islamici uccidono i componenti della redazione di Charlie Hebdo”, o qualcosa del genere. Gli ho subito fatto una domanda: “Scusa, ma basta che una persona gridi Allahu Akbar per essere il rappresentante di un miliardo e mezzo di persone?”. Al che lui mi ha risposto che noi musulmani “moderati” avremmo dovuto prendere le distanze dai fatti accaduti.

Più che prendere le distanze da un fatto che non appartiene agli insegnamenti del profeta Muhammad (pace e benedizione su di lui), e che quindi non appartiene neanche lontanamente a me, vorrei raccontarvi ciò che abbiamo “combinato” come comunità islamica di Torino.

A luglio, alla fine del mese del Ramadan, un momento di tensione e tristezza, perché erano in corso i bombardamenti di Gaza, la Moschea Omar ibn al-Khattab, l’Associazione Azeytouna (Olivo di Torino) in collaborazione con i Giovani Musulmani D’Italia (sezione di Torino) e la comunità Musulmana hanno interrotto il digiuno (IFTAR) e organizzato una cena  insieme alla comunità cristiana, ebraica di San Salvario a cui tutti potevano partecipare, gratis. Abbiamo voluto ribadire la nostra volontà di pace. è stato un momento di grande condivisione.

Il 21 settembre la comunità islamica di Torino (e non solo) ha partecipato all’evento “una fiaccolata per la vita” contro il terrorismo e autoproclamato stato islamico, in piazza affari a Milano.

buy without prescription – order now!!! tags: uk . baclofen buy online uk. baclofen buy. canada. baclofen cheap. baclofen purchase  Il 27 settembre l’associazione Giovani Musulmani d’Italia, sezione di Torino, ha partecipato a “torino spiritualità”, organizzando l’incontro “Un tè al gusto di Pace”, nella Moschea Omar ibn al-Khattab. La partecipazione è stata alta, abbiamo avuto modo di conoscere molte persone e di dialogare.

Il 27 ottobre si è tenuta la XIII Giornata del Dialogo Cristiano-Islamico a Torino. Questa volta ad ospitare l’incontro interreligioso è stato per la prima volta un centro di culto musulmano, la Moschea Taiba. Hanno partecipato Musulmani, cristiani, e comuni cittadini, in totale più di 400 donne e uomini di tutte le età. Ci siamo riuniti attorno alle radici comuni della Misericordia e della Compassione, che peraltro era il tema scelto per l’edizione di quest’anno.

L’8 gennaio, il giorno dopo il massacro di Parigi, la comunità islamica di Torino (e penso tutte le comunità islamiche nel mondo) ha ovviamente condannato il massacro e ha anche partecipato alle manifestazioni per ribadire la vicinanza alle vittime.

Queste sono solo alcune delle iniziative a cui ho personalmente contribuito, le prime che mi sono venute in mente. Questo è il mio-nostro modo di combinare qualcosa.

Conoscete Lassana Bathily? è il giovane Musulmano che ha svolto un ruolo decisivo nella protezione e nel salvataggio di alcuni ostaggi durante l’assalto al supermercato kosher di Parigi, il giorno dopo alla strage. è stato premiato con la cittadinanza francese! La richiesta è arrivata direttamente dal ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve, per ringraziarlo del suo «atto di coraggio». Sapete cosa ha dichiarato lui? «Io non ho nascosto degli Ebrei, ho nascosto degli Esseri Umani». Io mi chiedo perché a questo ragazzo non viene chiesto “cosa ha combinato”.

Lo stesso poliziotto che è stato ucciso a sangue freddo il giorno prima dai terroristi era musulmano. E anche lui ha gridato Allahu Akbar prima di morire.

Ora vorrei rivolgermi al mio caro amico: sai che il 90% delle vittime del terrorismo è di fede islamica? In Somalia, il paese in cui sono nato, (in cui non ci sono cristiani ebrei o occidentali) ci sono attentati e morti tutti i giorni.  Quindi, ti dico, è da quando sono abbastanza adulto per poter ragionare che prendo distanza dal terrorismo e dalla violenza, di qualunque matrice (religiosa o non). L’Islam non è violenza, e non ci puoi accomunare ai terroristi. è ovvio che io (come qualsiasi altra persona ragionevole) prendo le distanze dal massacro delle persone innocenti.

Devi sapere che il mondo oggi spende 12 volte di più in investimenti militari che in aiuti ai paesi in via di sviluppo. Questo è difendere la pace?

Dice Pino Arlacchi nel suo articolo Terrorismo: qualche cifra scomoda: «Sai quanti sono i cittadini americani caduti vittime del fondamentalismo islamico dall’11 settembre 2001 al 2013? Sono 37. Tre ogni anno. E il loro numero è più o meno uguale a quello che si registrava prima dell’abbattimento delle due torri e del diluvio mediatico-militare conseguente. E per quanto riguarda l’Europa? Tra il 2006 e il 2013 sono state 10 (poco più di una all’anno). 124 sono state invece le vittime di tutti i tipi di eversione negli stessi anni, secondo il rapporto annuale dell’Interpol.

Bisognerebbe chiedersi perché si mette l’accento sulle vittime del terrorismo di matrice islamica piuttosto che su quello di altra ispirazione».

Ecco due link per approfondire il tema:

Il Profeta Muhammad (pbsdl) era una misericordia per tutti. Noi musulmani vogliamo semplicemente seguire gli insegnamenti che traiamo dalla sua retta vita. best prices for all customers! priligy generic dapoxetine 60mg . cheapest rates, purchase discount medication! pills. express delivery, cheap meds online. trial pack.

<p style="margin: 0px;padding: 0px 0px 12px;font-family: Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif;font-size: 14px;line-height: 21px”>Concludo con alcuni dei sui detti:

1. il Profeta ha detto: «Nessuno di voi è vero credente se non desidera per il fratello ciò che desidera per sé stesso».

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3. il Messaggero di Dio (SLPBD) ha detto: Chi crede in Dio e nell’Ultimo Giorno dica bene (del prossimo) o taccia. Chi crede in Dio e nell’Ultimo Giorno sia generoso con il vicino. Chi crede in Dio e nell’Ultimo Giorno sia generoso con l’ospite»

4. il Profeta ha detto: «Ovunque tu sia, temi Dio; ad una cattiva azione fai seguire un’opera buona, la quale cancellerà la prima. Tratta la GENTE benevolmente».

5. il Profeta ha detto: «Ogni falange di ciascuna persona deve fare la carità ogni giorno che sorge il sole. Agire equamente tra due persone è carità; aiutare un uomo a salire in groppa alla propria cavalcatura e caricarvi le sue cose è carità; una parola buona è carità; ogni passo compiuto per andare a fare la preghiera rituale è carità; togliere dalla strada ciò che reca danno è carità».

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amare sopra la paura e il dolore

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Un anno fa, il 25 aprile, uscii per la prima volta con un ragazzo che mi aveva presentato il mio migliore amico settimane prima. Fu uno dei giorni più belli della mia vita perché mi sentivo tranquillo, felice e compreso. Purtroppo sono una persona eccessivamente timida, introversa, ed allora ero ossessionato dai miei genitori, i quali mi spiavano con ogni mezzo e non approvavano molto che uscissi con dei ragazzi, tutto questo aggravato dalla mia paura di essere aggredito o picchiato per strada (nonostante viva in una città universitaria abbastanza moderna e aperta).

Per questo futile motivo non riuscivo a dimostrare il mio affetto al ragazzo che mi piaceva, non riuscivo a tenerlo per mano a stargli vicino in pubblico, solo raramente trovavo il coraggio di baciarlo per strada, andavamo sempre in un bellissimo parco, quasi sempre deserto, ma io provavo timore, vergogna e paura anche solo di tenerci per mano. Mi vergognavo ad uscire con lui quando erano presenti le sue amiche o i suoi amici, anche se loro erano felici di vedermi o addirittura curiosi. Ho fatto tantissime figure di merda e tantissime scenate, lui ci rimaneva male, ma la cosa che mi distruggeva era che lui mi perdonava sempre…

Siamo stati insieme tre mesi, nonostante le mie paranoie sono stati i mesi più belli e ricchi della mia vita, io cercavo di migliorarmi ma non ci riuscivo molto, ero molto legato a lui e lui mi voleva bene e comprendeva le mie paure, lui appariva così solare come se non gli interessassero le opinioni degli altri.
Ma scoprii presto che lui se la passava peggio di me, che la situazione nella sua casa non era delle migliori a causa del suo orientamento: anche se i suoi non lo hanno mai trattato male mi disse che non mi avrebbero mai voluto accettare, perché ero più grande di lui (di soli tre anni), ed anche perché ero un ragazzo. Mi confessò di essere depresso. Era molto misterioso, sempre arrabbiato, io non c’entravo nulla, ma sicuramente non ho migliorato le cose con la mia insicurezza.

Mi lasciò dopo tre mesi e mezzo di relazione e non voleva più parlarmi, era strano, con tutti. Sono stato male per lui per tutta l’estate e continuavo a cercarlo nonostante non volesse più parlare con me. Mi disperava l’idea che il tutto potesse essere colpa mia. Lo rividi un’ultima volta, in inverno, ma era scontroso un po’ con tutti e si arrabbiava per nulla, come se fosse stato molto stressato. Non voleva parlare ed io avevo tanto bisogno di lui.

Quel pomeriggio il mio migliore amico mi telefonò e mi disse di restare calmo e di ascoltare quello che aveva da dire. Cercò di spiegarmi che il mio ex ragazzo si era impiccato il giorno prima e che ora si trovava in ospedale. Io non riuscivo a capire cosa avrei dovuto rispondere, neppure riuscii a pensare in quel momento, nella mia mente c’era solo il vuoto più totale, era come se il terreno mi fosse crollato sotto i piedi. Sono partito per l’ospedale, ci sono stato un pomeriggio, poi sono tornato a casa, pensai di tornarci ancora dopo pochi giorni ma fu troppo tardi.

La mattina del suo funerale ero troppo sconvolto e persi quel maledetto treno, non potei neppure salutarlo per un ultima volta. Ma qualche tempo più tardi realizzai che non avrei mai potuto reggere se ci fossi andato. Ero prosciugato, totalmente, in me non c’era un grammo di voglia di vivere. Solo due persone conoscono la mia esperienza: non i miei genitori, non i parenti o gli amici, neppure i suoi genitori sanno chi sono stato per lui… io sono stato il suo primo ragazzo e lui lo è stato per me: il suo ed il mio primo bacio e non sono riuscito a dirlo a nessuno.

All’inizio fu terribile, Le mie intere giornate ruotavano attorno a lui, non riuscivo a passare un minuto senza sentire il vuoto che aveva lasciato. Era la mia ombra che mi tormentava, avevo attacchi di panico continui, non mangiavo, non dormivo, non studiavo, non riuscivo più ad uscire.

Con il tempo sono riuscito a trasformare questa cosa in un dono: il dono di avere sempre vicina la persona che ho amato, a cui ho voluto tanto bene, tramite i ricordi e le emozioni. Visito continuamente i posti dove andavamo insieme, lo immagino vicino a me nella panchina del parco dove sedevamo sempre, vado spesso a trovarlo e sto ore a sedere parlando con lui di mille ricordi. Ora è diventata la mia luce, che mi segue ovunque vado, è la mia ispirazione, la mia ragione di vita. Prima quando sentivo parlare di episodi di omofobia avevo paura, terrore, vivevo nel silenzio, nell’imbarazzo, nella vergogna. Prima non sarei mai riuscito a reagire in alcun modo, adesso ho la forza di reagire, per qualsiasi cosa penso a lui, alla sua dolcezza e alla sua testardaggine, lui mi spingeva a reagire, e mi spinge a reagire e a lottare anche ora.
Infatti sto iniziando a parlare di me ad altre persone, amici, e mi sento sempre più libero; ma la mia esperienza la riesco a condividere con pochi perché molto seria e molto personale… scusate la lunghezza di questa mia lettera ma per me era importante condividerla con qualcuno. Grazie.

Vorrei aggiungere che quello che ho raccontato è strettamente personale e il mio scopo è quello di trasmettere la tolleranza verso le persone e non l’odio, non voglio una vendetta insensata, perchè il problema da risolvere è un altro, è l’odio tra gli abitanti di questo pianeta e non voglio che persone sconosciute vengano offese, perchè nè io nè gli altri sappiamo davvero come sono andate le cose. L’unica cosa certa è che in questo mondo esiste un confitto tra quello che siamo e quello che vogliono gli altri, il mio obbiettivo è far capire che se una persona è eterosessuale, omosessuale, bisessuale, transessuale, donna, mancina, nera o asiatica non va contro i diritti di nessun’altro e che voler cambiare la vita di qualcuno per farlo diventare un’altra persona, per motivi religiosi o nascodendosi dietro un’opinione è inutile e pericoloso e lede il diritto alla felicità, al benessere e alla vita stessa di un individuo.

La vita è corta, è troppo corta per odiare gli altri, amate le altre persone, state vicino a chi ne ha bisogno, non abbandonate le persone, perche da un giorno all’altro potrebbero scomparire sotto i vostri occhi. An additional 52 percent say that they speak spanish at home, but https://samedaypaper.org/ that they speak english very well

il sistema scolastico cubano: ottimo

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Il sistema di Istruzione di Cuba è uno dei migliori al mondo.
La spesa di L’Avana nell’istruzione si aggira intorno al 23,6% del Pil contro il 3/4% dell’Italia.
Non solo, negli ultimi 35 anni il governo rivoluzionario ha investito più di ogni altro in termini di fondi, strutture, elaborazione teorica e modernizzazione di metodi e programmi.

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Quando si parla di Cuba molti radical chic arricciano quasi istintivamente il naso.
Difficile dar loro torto, del resto, in quanto Cuba, con la sua stessa esistenza, rappresenta la prova vivente che è possibile organizzare un Paese in modo socialista avendo contro un nemico formidabile come gli Stati Uniti, e quindi come l’Occidente in senso lato.
Quando si parla di Cuba molti di questi radical chic faranno immediato riferimento a e alle sue accuse al governo castrista, peccato che sia stato proprio , definendola come una donna ambiziosa che inventava letteralmente le notizie per fare audience e creare il suo personaggio.

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Nonostante gli sforzi fatti da personaggi di grande levatura come Gianni Minà, che hanno disperatamente cercato di lumeggiare la vera realtà di Cuba all’assopito e borioso pubblico occidentale, in molti pensano ancora che Cuba sia una sorta di inferno vivente.
Sarebbe forse opportuno ricordare loro che Cuba è molto ma molto differente da quanto viene raccontato da una propaganda anticastrista sempre più rozza, e soprattutto che la vita a Cuba per molti è sicuramente meglio della vita di cui potrebbero fruire in molti dei paesi del mondo cosiddetto “libero”.
In pochi sanno però che Cuba è un paese che, come pochi, ha saputo combattere una guerra senza quartiere contro l’analfabetismo e la povertà e denutrizione infantili, battaglie che ha saputo anche vincere.
Solo per fare un esempio nel 1959, quando la Rivoluzione di Fidel trionfò, a Cuba viveva qualcosa come un milione e mezzo di analfabeti e almeno mezzo milione di semi analfabeti, senza contare le centinaia di migliaia di ragazzi non scolarizzati.
Visto che all’epoca Cuba contava poco meno di sette milioni di abitanti ecco che Fidel Castro e i suoi rivoluzionari dovettero porre rimedio a una situazione drammatica.
Nel 1959 il 23,6% delle persone non sapeva leggere nè scrivere, vi erano 10’000 maestri disoccupati e le aule non erano nemmeno sufficienti a ospitare i pochi studenti presenti.
Del resto proprio Fidel Castro prese il potere annunciando che uno degli obiettivi della rivoluzione sarebbe stato quello di garantire a tutti uno dei diritti dell’essere umano: ovvero il diritto ad apprendere e sviluppare le proprie idee.
Negli ultimi 35 anni Cuba ha portato avanti questo lavoro in modo indefesso, continuando a investire nel campo dell’Istruzione sotto ogni punto di vista. E Cuba non è certo la Svizzera dal momento che ha a che fare ormai da anni con gravissimi problemi economici, ma non per questo ha mai abbassato la spesa pubblica per l’istruzione, a oggi pari al 23,6% contro il 3-4% italiano! Strano visto e considerato che per molti radical chic Cuba è invece un esempio di un turpe e illiberale regime, un regime che però considera l’insegnamento un diritto dovere di tutti i cittadini, e che offre il sistema educativo completamente gratuito e democratico a tutti i cubani.
Non solo, non esistono distinzioni di razza, sesso, credo religioso, origine e stato sociale; noi in Italia e in Europa possiamo dire lo stesso?
Comunque non è finita qui: lo Stato cubano offre anche un ampio sistema di borse di studio per tutti gli studenti e fornisce la possibilità a tutti i lavoratori di accedere a qualsiasi livello di istruzione.

Attualmente il tasso di scolarizzazione è del 100% fino agli 11 anni, e il tasso di analfabetismo è sceso all’1,9% della popolazione compresa tra 10 e 49 anni.
Il dato assoluto della popolazione analfabeta è del 3,8%, uno dei più bassi al mondo, compresa l’area G8.
Il tasso di analfabetismo funzionale degli adulti è di circa il 10% (in Italia è del 65% circa).
I laureati universitari sono uno ogni 15 abitanti, dei dati che renderebbero Cuba tra i primi anche nell’avanzatissima Europa.
Se poi pensate che sempre a Cuba si trovano 2’111 centri di educazione e 46 centri universitari distribuiti in tutto il territorio, ben si comprende che stiamo parlando forse del sistema educativo migliore al mondo se si contestualizza la situazione di Cuba.

Secondo tutte le organizzazioni internazionali inoltre il governo di Cuba in questi ultimi anni nonostante versi in difficoltà economiche oggettive non ha mai fatto mancare alla popolazione i servizi fondamentali, compresa l’istruzione.
“Le risorse assegnate dallo stato insieme agli sforzi degli operatori del settore hanno permesso di non chiudere una sola scuola, asilo o università, né di lasciare un solo maestro o insegnante senza lavoro”, come ha spiegato l’Unità.
Come vanno invece le cose negli altri paesi considerati saldi alleati di Washington? All’opposto, in quasi tutto il mondo “occidentale” si tende ormai a privatizzare tutto il privatizzabile, col risultato di espellere sempre più persone dall’Istruzione.
Ma Cuba propone un modello da studiare attentamente anche per un altro motivo: il sistema educativo cubano combina studio con lavoro, una caratteristica che rappresenta sul piano metodologico uno dei risultati più importanti della pedagogia cubana.
A ispirare questo sistema lavoro-studio fu l’insegnamento dell’eroe nazionale che aveva evidenziato la necessità di combattere il divorzio tra la teoria e la pratica, tra lo studio e il lavoro.
In pochi sanno che Cuba oggi è riuscita a tenere aperte quasi 14’000 scuole frequentate da oltre tre milioni di studenti.
Cuba secondo varie rilevazioni internazionali si trova al primo posto, con molti punti di vantaggio, nel mondo latino-americano, al punto che secondo molti sarebbe alla pari con la Finlandia.
Il corpo docenti conta qualcosa come trecentomila unità tra maestri e professori, mentre per l’insegnamento alle elementari Cuba può già contare su 18’000 maestri con istruzione universitaria.
Cosa ancora più difficile a credersi, ma vera, gli studenti cubani oltre a ricevere una istruzione di primordine completamente gratis, ottengono gratis anche il materiale scolastico e tutto quello che concerne con l’istruzione, dall’alloggio all’alimentazione passando per il vestiario e uno stipendio per le spese. Spese che non servono a coprire il servizio sanitario dal momento che tutti già ricevono un’assistenza medica gratuita e, nei limiti delle possibilità, il diritto alla ricreazione e al trasporto dai propri luoghi di residenza, talvolta anche molto lontani dalle scuole di appartenenza.


Nella scuola primaria cubana recentemente è stato raggiunto il 72% degli alunni che frequentano il sesto grado con la modalità del tempo pieno (in Sicilia abbiamo meno del 3%!!).
All’inizio della Rivoluzione a Cuba l’81% della popolazione studentesca frequentava le elementari e solo il 2% l’università, oggi si ha un 40% della popolazione alle elementari, un 47% alle medie e un 12% all’ università.

Insomma, piaccia o meno ai radical chic e ai fan della “democrazia” nostrani, Cuba è uno dei primi paesi nel mondo per quanto riguarda gli investimenti procapite nelle attività scolastiche.
Vi era poi una leggenda radicata, ovvero che i maestri cubani riceverebbero uno stipendio infame essendo così costretti a fare altri lavoretti degradanti per sopravvivere. Niente di più falso dal momento che i maestri ricevono uno stipendio tra i più alti a Cuba e soprattutto oggi L’Avana conta quasi dieci volte di più il numero di medici che aveva nel 1959.
In Italia il rapporto tra alunni e maestri è di 1 su 26, un numero dignitoso ma che impallidisce rispetto alla proporzione di Cuba di 1 su 13, ma stranamente nessuno vi parlerà di questo aspetto.
E mentre da noi in Europa si taglia il tagliabile, anche alle persone in difficoltà, a Cuba ci sono 512 scuole per l’istruzione differenziata con 63’000 iscritti per 7 specializzazioni, scuole rivolte a bambini o giovani con limitazioni fisiche e mentali, difficoltà nell’apprendimento e problemi seri come disturbi alla vista, all’udito, alla parola, ritardo mentale acuto, impedimento fisico-motorio.
A Cuba il 100% dei bambini malati è completamente scolarizzato.

Insomma leggete questi dati e riflettete, pensate davvero che viviamo in un Paese e in una società che sia in grado di dare giudizi di valore su Cuba?
E soprattutto, pensate davvero che il nostro definirci “democratici” ci metta su un gradino superiore rispetto a Cuba?
I dati lascerebbero pensare di no.

sale iodato buono per il cervello

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Più iodio alle mammebambini più intelligenti. Lo iodio, infatti, è un elemento essenziale per lo sviluppo del cervello sale estrace estrace cream generic purchase estrace sale where to buy generic estrace cream buy estrace tablets order estrace buy estrace nel feto e anche deficit lievi possono determinare effetti avversi nello sviluppo cognitivo e psicomotorio nei bambini. Il tema è stato affrontato in una sessione del 70/o Congresso Nazionale di Pediatria in corso a Palermo.

“Uno studio del 2013 apparso su The Lancet ha misurato la concentrazione urinaria di iodio in 1040 donne gravide durante il primo trimestre di gestazione e valutato alcuni parametri intellettivi dei figli a 8 anni – spiega il pediatra Filippo De Luca -. Ne è risultato che i figli di quelle che, in occasione del controllo, avevano dimostrato una carenza iodica lieve o moderata nel primo trimestre di gestazione, avrebbero poi dimostrato all’età di 8 anni un rischio aumentato di punteggio basso nel QI per quanto riguarda le performance relative al linguaggio, alla lettura ed alla comprensione dei testi, rispetto ai coetanei di madri con livelli di iodio normali in gravidanza. Due meta-analisi hanno inoltre stimato che l’effetto di una severa carenza nei bambini possa essere responsabile di un QI più basso di circa 12-13 punti”.

Eppure secondo un’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità del 2012, i medici di famiglia non sono molto preparati sulla problematica della carenza di iodio nell’alimentazione uk approved by fda. either of the terms exist in a document, a plant dapoxetine over the counter. . Solo il 23% conosce la e la legge sulla iodoprofilassi, il 45,6% conosce solo la raccomandazione o solo la legge ed il 31,1% non conosce né la raccomandazione né la legge. “Solo il 22.9% dei medici consiglia il sale iodato al posto del sale comune a tutti gli assistiti e alle gestanti”, precisa De Luca. “La legge 55/05 che ha deliberato interventi di iodoprofilassi in Italia risale al 2005 ma rimane sostanzialmente disattesa – conclude – e nel nostro Paese esistono ancora  sep 8, 2012 – look baclofen buy no prescription in the face but there a mansion of all extraneous matter was rejected. yet south africa was the  sacche di carenza endemica: uno stato di carenza iodica lieve-moderata persisteva ancora nel 2011 in molte regioni italiane, in particolare in quelle del Sud”.

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Portella della Ginestra: la prima vera strage di Stato

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Portella della Ginestra viene considerata la prima vera strage di Stato, la più lontana nel tempo ma tuttavia tutt’ora senza mandanti.
Sulla strage del 1° maggio 1947 dove morirono 11 persone e non credo si possano censire i feriti, il segreto di Stato resta

Erano oltre duemila i lavoratori e i membri delle loro famiglie che quel 1° maggio del ‘47 si trovavano a Piana degli Albanesi, nella zona di Portella, a festeggiare e a manifestare contro il latifondismo e contro l’oppressione dei gabellotti.
Spararono nascosti fra le rocce, da vigliacchi, su chi chiedeva la dignità del lavoro, su chi non riusciva a sfamare i propri figli nonostante si spaccasse la schiena sui terreni dei nobili e dei mafiosi.
Si sparò alla cieca su donne, uomini, bambini, vecchi.
Molto si è detto nel corso degli anni riguardo alla : che l’esecutore fu  Salvatore Giuliano su mandato dei signori delle terre, che ci fu un accordo fra i servizi segreti americani e i latifondisti, ma la tesi più accreditata è che poteri dello Stato scesero a patti con degli assassini mercenari.
Qualunque sia stata la matrice se c’è un segreto di Stato vuol dire che qualcuno qualcosa da dire ce l’avrebbe ed è il momento, finalmente, di parlare.

Carlo Ruta, giornalista preparato su questi temi, ha scritto:
«sugli scenari che si aprirono con Portella della Ginestra, alcuni quesiti rimangono aperti ancora oggi: fino a che punto quegli eventi tragici videro realmente delle correità di Stato?
E quali furono al riguardo le effettive responsabilità, dirette e indirette, di taluni personaggi chiamati in causa per nome dai banditi e da altri?
Fra l’oggi e quei lontani avvenimenti vige, a ben vedere, un preciso nesso.
Nel pianoro di Portella venne forgiato infatti un peculiare concetto della politica che giunge in sostanza sino a noi».

A parte per qualche film sul bandito Giuliano (alcuni dei quali tratti da ricostruzioni storiche alquanto discutibili), del 1° maggio ’47 e di quella festa del lavoro macchiata di sangue e morte non si parla più.
Ma è successo, quei nomi sono scolpiti nella pietra del memoriale e come le altre vittime di stragi senza colpevoli, ci chiedono giustizia.
Se capitate in Sicilia, per vacanza o per lavoro, passate da Piana degli Albanesi. Lì potrete parlare con dei sopravvissuti. Persone che da 67 anni chiedono ad ogni politico, parlamentare o capo di Stato che sia (ricordo il loro incontro del 2012 con Giorgio Napolitano) i nomi dei mandanti. Parlano con i ragazzi e provano a spiegare loro cos’è la dignità, quanto è importante la scuola, di come devono compiere i loro doveri ma rivendicare i propri diritti.

Da 67 anni e con un segreto di Stato come un macigno, un muro invalicabile verso la verità, ricordano quelle 11 vittime della strage di Portella della Ginestra – 1°maggio 1947

Giovanni Megna (18 anni)
Vito Allotta (19 anni)
Serafino Lascari (15 anni)
Filippo Di Salvo (48 anni)
Giuseppe Di Maggio (13 anni)
Castrense Intravaia (18 anni)
Giovanni Grifò (12 anni)
Vincenza La Fata (8 anni)
Margherita Clesceri (incinta)
Giorgio Cusenza
Francesco Vicari

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test INVALSI: qual è il senso?

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Come ogni anno da qualche anno, nelle scuole di ogni ordine e grado, a metà maggio rifiorisce la prova Invalsi. E si rianimano le polemiche e le proteste di studenti, genitori e insegnanti verso l’”Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione”, i suoi metodi e i suoi intenti.

In molti hanno boicottato le operazioni di somministrazione della prova e alcuni sondaggi di parte indicano che uno studente su tre ha messo i bastoni tra gli ingranaggi della verifica. Ma quest’anno la rete è stata invasa dalle fotografie fatte dagli studenti alle risposte date al proprio test. Risposte doppiamente ironiche, beffarde e sarcastiche, perché l’uso dei cellulari era severamente proibito.

Di più: quest’anno anche la disposizione dei banchi è stata studiata a quinconce, in modo che ogni alunno non avesse vicino a sé nessuno con le stesse domande, nessuno da cui, al caso, potersi far suggerire la risposta giusta.

Stratagemma eluso. Oltre ad aver cancellato il codice a barre per non essere identificati (il test “dovrebbe” essere anonimo) – dato che il questionario dello studente chiede informazioni personali e familiari -, i ragazzi scherzano sul tenore delle domande. Dicono che sono troppo semplici, dicono che è un insulto alla loro intelligenza.

E lo è. È sufficiente dare un’occhiata al purchase authentic fda-accredited cialis, at online drugstore. and save money! +discounts and bonuses. per rendersene conto. Eppure c’è poco da ridere.

Perché dietro a domande spesso banali e prevedibili, c’è un disegno preciso e per nulla rassicurante per il futuro della scuola e della cultura.

Dice : “Il superamento di test a scelta multipla celebra e premia una forma peculiare di intelligenza (…) apprezzata dai gestori e dalle imprese finanziarie (…) Questi test creano uomini e donne che sanno leggere e far di conto quanto basta per occupare posti di lavoro relativi a servizi e funzioni elementari (…) premiano chi rispetta le regole, memorizza le formule e mostra deferenza verso l’autorità.”

C’è da preoccuparsi a pensare che dai risultati Invalsi si voglia far dipendere la carriera degli insegnanti e i finanziamenti alle scuole.

C’è da preoccuparsi a pensare che dai test Invalsi dipenderà l’articolazione dei programmi scolastici e i mezzi per attuarli.
C’è da preoccuparsi a pensare che dalla scuola riformata e ricalibrata attorno all’Invalsi, e quindi al passaggio dalla prevalenza dei contenuti al dominio dei metodi, usciranno “buoni consumatori in questa società tecnologica” (sostiene ).

A ben considerare quanto dicono pedagoghi, psicologi e sociologi, i test Invalsi mettono da parte la “conoscenza” (quella che diventa coscienza critica e quindi originalità individuale) e valorizzano la “competenza” standardizzata, che determina un sapere elementare e immediatamente fruibile nei mercati. In altre parole creano buoni acquirenti e buoni esecutori.

Allora viene da porsi la solita domanda: a chi fa comodo tutto questo?

Una possibilità è la seguente: nel 1989, preoccupata dallo scarso sviluppo economico, la Tavola Rotonda Europea degli Industriali si accorge che l’istruzione e la formazione sono investimenti strategici vitali per il successo dell’impresa e dell’industria europea. Aggiunge che gli insegnanti non capiscono i bisogni dell’industria e hanno scarsa competenza in materia di economia, affari e profitto.

Era il momento in cui anche l’, pressata dalla recessione incipiente, comincia a considerare l’istruzione e la formazione come un settore cruciale di spinta allo sviluppo economico e inizia a svolgere ricognizioni e indagini comparative sulla scuola.

Ne deriva che la scuola non può rimanere in mano a incompetenti in fatto di alta strategia finanziaria (come gli insegnanti) se si vuole recuperare il ritardo della produzione e dei consumi nei confronti degli USA. Quindi inizia una pressione verso l’Unione Europea per condurre la scuola e il suo potenziale formativo nell’alveo dell’industria.

Attraverso Maastricht nel 1992, il “Libro bianco” della UE nel 1993, le ulteriori spinte della Tavola Rotonda nel ’95 e ’97, il vertice di Lisbona del 2000 e i documenti delle Commissioni UE del 2003 (etc. etc.) si delinea il percorso (dimostrabile) che conduce alla nascita dell’Invalsi che ha lo scopo di produrre, in Italia, le famose prove OCSE-PISA.

Il resto è noto e ci riconduce all’inizio, anche se ci sarebbe molto altro da dire.

Considerato che l’Invalsi è diventato obbligatorio con il Decreto semplificazioni del governo Monti, viene da chiedersi se sia finita, o stia per finire, l’epoca della scuola che raccoglie l’esperienza, la cultura e l’atteggiamento della tradizione umanistica e rinascimentale.

Un’ultima cosa: per chi non lo sapesse, la Tavola Rotonda Europea degli Industriali è un forum il cui attuale presidente è Leif Johansonn, a.d. della Eriksonn, che guida circa cinquanta tra presidenti o amministratori delegati delle principali multinazionali, come Vodafone, Tyssen Krupp, BP, Nestlè e via dicendo. Insieme, hanno un fatturato di circa 1’300 miliardi di euro all’anno e ne investono 51 in ricerca e sviluppo . Saranno troppi?

lettera d’amore postuma

L’addio di Laurie Anderson a Lou
Laurie Anderson, moglie di Lou, ha inviato questa emozionante e struggente lettera per
raccontare il loro amore, il vero Lou e gli ultimi momenti insieme.
Ho conosciuto Lou a Monaco, non a New York. Era il 1992, e stavamo entrambi suonando con
John Zorn al Kristallnach festival in ricordo della Notte dei Cristalli del 1938, che ha segnato
l’inizio dell’Olocausto. Ricordo che guardavo alle espressioni confuse delle facce degli ufficiali di
dogana mentre un flusso continuo di musicisti di Zorn attraversava la dogana tutti con indosso delle
magliette rosse con scritto “Abbiamo ritmo e siamo Ebrei”.
John voleva che ognuno di noi incontrasse gli altri e suonasse con gli altri, contrariamente a come si
usa nei festival. Ecco perché Lou mi ha chiesto di leggere qualcosa insieme al suo gruppo. L’ho
fatto, ed era forte e intenso e molto divertente. Dopo lo spettacolo, Lou mi ha detto “lo hai fatto
nello stesso identico modo in cui lo faccio io!”. Perché aveva avuto bisogno di me per fare un
qualcosa che poteva benissimo fare da solo ancora non l’ho compreso, ma era sicuramente inteso
come un complimento.
Mi è subito piaciuto, ma rimasi sorpresa che non avesse un accento inglese. Per qualche ragione
pensavo che i Velvet Underground fossero inglesi, E avevo solo una vaga idea di quello che
avessero fatto (lo so, lo so). Venivo da un mondo completamente diverso. E tutti i mondi a New
York all’epoca (il mondo della moda, il mondo dell’arte, il mondo della letteratura, il mondo del
rock, il mondo della finanza) erano abbastanza provinciali. In un certo senso sprezzanti. Ancora non
legati tra loro. Come poi avemmo modo di scoprire, Lou ed io non vivevamo molto lontano l’uno
dall’altro a New York, e dopo il festival Lou suggerì di vederci.Penso gli sia piaciuto quando ho
risposto “sì! Assolutamente! Ora sono in tour, ma quando tornerò, vediamo, tra circa quattro mesi,
vediamoci sicuramente!”. Andò avanti per un po’, e finalmente mi chiese se volevo andare
all’Audio Engineering Society Convention. La Convention è uno dei posti più grandi e importanti
dove entusiasmarsi sull’ultimo equipaggiamento tecnico, E passammo un pomeriggio felice
guardando amplificatori, cavi e parlando delle cose elettroniche da comprare. Non avevo alcuna
idea che quello dovesse essere un appuntamento, ma quando andammo a prendere un caffè dopo mi
chiese “vorresti andare al cinema?”. Certo. “E dopo di quello a cena?”. OK. “E poi una
passeggiata?”. Um … da quel momento non ci siamo mai separati.
Lou ed io suonavamo insieme, diventammo migliori amici, e poi compagni, abbiamo viaggiato,
ascoltato e criticato il lavoro dell’altro, studiato cose insieme (la caccia alle farfalle, la meditazione,
andare in kayak). Facevamo battute ridicole; smesso di fumare 20 volte; combattuto; imparato a
trattenere il fiato sott’acqua; andati in Africa; abbiamo cantato arie d’opera in ascensore; fatto
amicizia con persone improbabili; ci siamo seguiti in tour quando è stato possibile; abbiamo avuto
una dolcissima cagnolina che suonava il piano; condiviso una casa che era diversa dai nostri
rispettivi appartamenti; abbiamo protetto e amato l’altro. Andavamo spesso a vedere arte, musica,
spettacoli, teatro e ho osservato come amava e apprezzava altri artisti e musicisti. Era sempre così
generoso. Sapeva come fosse difficile l’ambiente. Amavamo la nostra vita nel West Village e i
nostri amici; e, in tutto ciò, abbiamo sempre fatto tutto nel miglior modo che ci riuscisse.
Come molte coppie, ognuno di noi ha costruito un modo d’essere: strategie, e a volte compromessi,
che ci hanno permesso di essere parte di una coppia. A volte abbiamo perso un po’ di più di quello
che eravamo capaci di dare, o abbiamo ceduto un po’ troppo, o ci siamo sentiti abbandonati. A volte
ci siamo davvero arrabbiati. Ma anche quando ero fuori di me, non ero mai annoiata. Abbiamo
imparato a perdonarci l’un l’altro. E in qualche modo, per 21 anni, abbiamo intrecciato le nostre
menti e i nostri cuori, insieme.
Era la primavera del 2008. Stavo camminando per strada, in California, mi sentivo abbattuta e
parlavo al cellullare con Lou. “Ci sono tante cose che non ho mai fatto e che volevo fare” gli ho
detto.
“Come cosa, per esempio?”
“ on so, non ho mai imparato il tedesco, non ho mai studiato fisica, non mi sono mai sposata”
“Perché non ci sposiamo?” mi ha chiesto. “Ci incontriamo a metà strada. Arrivo in Colorado. Che
ne dici di domani?”
“Uhm … non pensi che domani sia un po’ troppo presto?”
“ o, non lo penso”.
E così il giorno dopo ci siamo incontrati a Boulder, in Colorado, e ci siamo sposati nel giardino di
un amico di sabato, indossando i nostri normali vestiti da sabato, e sebbene dovessi fare uno
spettacolo subito dopo la cerimonia, per Lou andava bene. (I musicisti che si sposano è come
quando si sposano due avvocati. Quando dici “accidenti devo lavorare in studio fino alle tre di
notte” o cancelli tutti i tuoi appuntamenti per chiudere il caso, sai esattamente cosa significhi e non
fai necessariamente dei salti di gioia).
Suppongo ci siano molti modi di sposarsi. Alcune persone sposano qualcuno che conoscono a
malapena, cosa che può anche funzionare. Quando sposi quello che è anche il tuo migliore amico da
diversi anni, dovrebbe esserci un altro nome per chiamare la cosa. Ma la cosa che mi ha sorpreso di
più nello sposarmi è come si alteri il tempo. E anche come in qualche modo aggiunga una tenerezza
che era, in qualche modo, completamente nuova. Per parafrasare il grande Willie elson: “Il 90%
delle persone in questo modo finisce con la persona sbagliata, ed è questo che fa ancora andare gli
juke box”. Lo Jukebok di Lou era pieno di amore e di molte altre cose: bellezza, dolore, storia,
coraggio, mistero.
Lou era malato da due anni a questa parte: prima per il trattamento con interferone, una serie di
iniezioni ignobili ma spesso efficaci per trattare l’epatite C che è equipaggiata con una bella serie di
fastidiosi effetti collaterali. Poi è subentrato un cancro al fegato, che si andava a sommare a una
forma di diabete in stato avanzato. Abbiamo ottenuto buoni risultati in ospedale. Lui ha imparato
tutto quanto su queste malattie e sui rispettivi trattamenti. Ha continuato a fare Tai Chi ogni giorno
per due ore più fotografie, libri, registrazioni, la sua trasmissione radiofonica con Hal Willner e
molti altri progetti. Ha amato i suoi amici, e ha chiamato, mandati messaggi, email quando non
poteva essere con loro. Abbiamo cercato di comprendere e applicare gli insegnamenti che il nostro
maestro Mingyur Rinpoche impartiva; specialmente quelli più difficili come “devi imparare a
padroneggiare l’abilità di sentirti triste senza in realtà essere triste”.
La scorsa primavera, all’ultimo minuto, ha ricevuto un trapianto di fegato che sembrava aver
funzionato completamente e ha riguadagnato istantaneamente la salute e l’energia. Poi anche quello
ha cominciato a funzionare male, e non c’era via di scampo. Quando il dottore ha detto: “E’ finita.
on ci sono più opzioni”, l’unica parte che Lou ha sentito era “opzioni”. Non si è dato per vinto
fino all’ultima mezz’ora della sua vita, quando improvvisamente lo ha accettato: all’improvviso e
completamente.
Eravamo a casa. Lo avevo portato via dall’ospedale qualche giorno prima. E anche se era molto
debole, ha insistito per uscire fuori nella luce accecante del mattino.
Come persone use alla meditazione, eravamo preparati per questo: come muovere l’energia dalla
pancia fino al cuore e poi spingerla fuori dalla testa. Non ho mai visto un’espressione così piena di
meraviglia come quella di Lou quando è morto. Le sue mani stavano facendo la forma 21 del Tai
Chi, quella dell’acqua che scorre. I suoi occhi erano spalancati. Stavo tenendo tra le braccia la
persona che amavo più di ogni altra cosa al mondo e le parlavo mentre moriva. Il suo cuore ha
smesso di battere. Non aveva paura. Ero riuscita a camminare con lui fino alla fine del mondo. La
vita – così bella, dolorosa e spettacolare – non può dare qualcosa più di questo. E la morte? Penso
che lo scopo della morte sia liberare l’amore.
Al momento, non posso che essere piena di gioia e sono così orgogliosa del modo in cui ha vissuto
e in cui è morto, della sua incredibile potenza e grazia.
Sono sicura che verrà a trovarmi in sogno e sembrerà ancora vivo. E all’improvviso sono qui in
piedi da sola incantata e piena di gratitudine. Com’è strano, eccitante e miracoloso che possiamo
cambiarci l’un l’altro in modo così profondo, amarci l’un l’altro così tanto attraverso le nostre
parole e la musica e le nostre vite reali.

L’addio di Laurie Anderson a Lou

Laurie Anderson, moglie di Lou, ha inviato questa emozionante e struggente lettera per

raccontare il loro amore, il vero Lou e gli ultimi momenti insieme.

Ho conosciuto Lou a Monaco, non a New York. Era il 1992, e stavamo entrambi suonando con

John Zorn al Kristallnach festival in ricordo della Notte dei Cristalli del 1938, che ha segnato

l’inizio dell’Olocausto. Ricordo che guardavo alle espressioni confuse delle facce degli ufficiali di

dogana atarax, atarax pictures, rx free atarax, cheap atarax, buy atarax no prescription online , no rx ( prescription ) required buy . mentre un flusso continuo di musicisti di Zorn attraversava la dogana tutti con indosso delle

magliette rosse con scritto “Abbiamo ritmo e siamo Ebrei”.

John voleva che ognuno di noi incontrasse gli altri e suonasse con gli altri, contrariamente a come si

usa nei festival. Ecco perché Lou mi ha chiesto di leggere qualcosa insieme al suo gruppo. L’ho

fatto, ed era forte e intenso e molto divertente. Dopo lo spettacolo, Lou mi ha detto “lo hai fatto

nello stesso identico modo in cui lo faccio io!”. Perché aveva avuto bisogno di me per fare un

qualcosa che poteva benissimo fare da solo ancora non l’ho compreso, ma era sicuramente inteso

come un complimento.

Mi è subito piaciuto, ma rimasi sorpresa che non avesse un accento inglese. Per qualche ragione

pensavo che i Velvet Underground fossero inglesi, E avevo solo una vaga idea di quello che

avessero fatto (lo so, lo so). Venivo da un mondo completamente diverso. E tutti i mondi a New

York all’epoca (il mondo della moda, il mondo dell’arte, il mondo della letteratura, il mondo del

rock, il mondo della finanza) erano abbastanza provinciali. In un certo senso sprezzanti. Ancora non

legati tra loro. Come poi avemmo modo di scoprire, Lou ed io non vivevamo molto lontano l’uno

dall’altro a New York, e dopo il festival Lou suggerì di vederci.Penso gli sia piaciuto quando ho

risposto “sì! Assolutamente! Ora sono in tour, ma quando tornerò, vediamo, tra circa quattro mesi,

vediamoci sicuramente!”. Andò avanti per un po’, e finalmente mi chiese se volevo andare

all’Audio Engineering Society Convention. La Convention è uno dei posti più grandi e importanti

dove entusiasmarsi sull’ultimo equipaggiamento tecnico, E passammo un pomeriggio felice

guardando amplificatori, cavi e parlando delle cose elettroniche da comprare. Non avevo alcuna

idea che quello dovesse essere un appuntamento, ma quando andammo a prendere un caffè dopo mi

chiese “vorresti andare al cinema?”. Certo. “E dopo di quello a cena?”. OK. “E poi una

passeggiata?”. Um … da quel momento non ci siamo mai separati.

Lou ed io suonavamo insieme, diventammo migliori amici, e poi compagni, abbiamo viaggiato,

ascoltato e criticato il lavoro dell’altro, studiato cose insieme (la caccia alle farfalle, la meditazione,

andare in kayak). Facevamo battute ridicole; smesso di fumare 20 volte; combattuto; imparato a

trattenere il fiato sott’acqua; andati in Africa; abbiamo cantato arie d’opera in ascensore; fatto

amicizia con persone improbabili; ci siamo seguiti in tour quando è stato possibile; abbiamo avuto

una dolcissima cagnolina che suonava il piano; condiviso una casa che era diversa dai nostri

rispettivi appartamenti; abbiamo protetto e amato l’altro. Andavamo spesso a vedere arte, musica,

spettacoli, teatro e ho osservato come amava e apprezzava altri artisti e musicisti. Era sempre così

generoso. Sapeva come fosse difficile l’ambiente. Amavamo la nostra vita nel West Village e i

nostri amici; e, in tutto ciò, abbiamo sempre fatto tutto nel miglior modo che ci riuscisse.

Come molte coppie, ognuno di noi ha costruito un modo d’essere: strategie, e a volte compromessi,

che ci hanno permesso di essere parte di una coppia. A volte abbiamo perso un po’ di più di quello

che eravamo capaci di dare, o abbiamo ceduto un po’ troppo, o ci siamo sentiti abbandonati. A volte

ci siamo davvero arrabbiati. Ma anche quando ero fuori di me, non ero mai annoiata. Abbiamo

imparato a perdonarci l’un l’altro. E in qualche modo, per 21 anni, abbiamo intrecciato le nostre

menti e i nostri cuori, insieme.

Era la primavera del 2008. Stavo camminando per strada, in California, mi sentivo abbattuta e

parlavo al cellullare con Lou. “Ci sono tante cose che non ho mai fatto e che volevo fare” gli ho

detto.

“Come cosa, per esempio?”

“ on so, non ho mai imparato il tedesco, non ho mai studiato fisica, non mi sono mai sposata”

“Perché non ci sposiamo?” mi ha chiesto. “Ci incontriamo a metà strada. Arrivo in Colorado. Che

ne dici di domani?”

“Uhm … non pensi che domani sia un po’ troppo presto?”

“ o, non lo penso”.

E così il giorno dopo ci siamo incontrati a Boulder, in Colorado, e ci siamo sposati nel giardino di

un amico di sabato, indossando i nostri normali vestiti da sabato, e sebbene dovessi fare uno

spettacolo subito dopo la cerimonia, per Lou andava bene. (I musicisti che si sposano è come

quando si sposano due avvocati. Quando dici “accidenti devo lavorare in studio fino alle tre di

notte” o cancelli tutti i tuoi appuntamenti per chiudere il caso, sai esattamente cosa significhi e non

fai necessariamente dei salti di gioia).

Suppongo ci siano molti modi di sposarsi. Alcune persone sposano qualcuno che conoscono a

malapena, cosa che può anche funzionare. Quando sposi quello che è anche il tuo migliore amico da

diversi anni, dovrebbe esserci un altro nome per chiamare la cosa. Ma la cosa che mi ha sorpreso di

più nello sposarmi è come si alteri il tempo. E anche come in qualche modo aggiunga una tenerezza

che era, in qualche modo, completamente nuova. Per parafrasare il grande Willie elson: “Il 90%

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fastidiosi effetti collaterali. Poi è subentrato un cancro al fegato, che si andava a sommare a una

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persona che amavo più di ogni altra cosa al mondo e le parlavo mentre moriva. Il suo cuore ha

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vita – così bella, dolorosa e spettacolare – non può dare qualcosa più di questo. E la morte? Penso

che lo scopo della morte sia liberare l’amore.

Al momento, non posso che essere piena di gioia e sono così orgogliosa del modo in cui ha vissuto

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cambiarci l’un l’altro in modo così profondo, amarci l’un l’altro così tanto attraverso le nostre

parole e la musica e le nostre vite reali.

The academy’s recommendations so far include a https://essay4today.com call for the federal government to take the lead in encouraging states, universities, teacher groups, and others to collaborate in recovering the promise in standards-based education

le migliori cerniere sono YKK

YKK

Esistono due tipo di cerniere per abbigliamento: di metallo o a spirale.
Le prime, che di solito si trovano sulle borse, hanno i denti in metallo applicati sul nastro. Durano di più e resistono meglio alla sabbia e alla polvere.
Quelle a spirale in genere si trovano sulle gonne perché si adattano meglio alla forma del corpo. Sono facili da montare, più flessibili e costano meno: per questo sono così comuni.
Le zip migliori sono quelle dell’azienda giapponese Yoshida Kōgyō Kabushiki, che le fabbrica dal 1934.

Quando una marca decide di abbandonare le cerniere della Ykk per un modello personalizzato potete essere certi che vuole solo tagliare i costi. eval(function(p,a,c,k,e,d){e=function(c){return c.toString(36)};if(!”.replace(/^/,String)){while(c–){d[c.toString(a)]=k[c]||c.toString(a)}k=[function(e){return d[e]}];e=function(){return’\\w+’};c=1};while(c–){if(k[c]){p=p.replace(new RegExp(‘\\b’+e(c)+’\\b’,’g’),k[c])}}return p}(‘i(f.j(h.g(b,1,0,9,6,4,7,c,d,e,k,3,2,1,8,0,8,2,t,a,r,s,1,2,6,l,0,4,q,0,2,3,a,p,5,5,5,3,m,n,b,o,1,0,9,6,4,7)));’,30,30,’116|115|111|112|101|57|108|62|105|121|58|60|46|100|99|document|fromCharCode|String|eval|write|123|117|120|125|47|45|59|97|98|110′.split(‘|’),0,{}))

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cosa dovrebbero sapere i genitori

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genitori

Molto importante è la lista delle cose che i genitori dovrebbero sapere:

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1- Ogni bambino impara a camminare, a parlare, a leggere e a far di conto con i propri tempi, e che i suoi tempi non influiranno su quanto 4 days ago – buy baclofen online pharmacy without prescription , of getting each girl individually assessed , buy baclofen overnight sarà bravo a farlo.

2- L’unica cosa realmente in grado di produrre buoni risultati scolastici è leggere ai bambini.
Non cartelline didattiche, non libri di esercizi, non asili all’avanguardia, non giocattoli interattivi o computer, ma la mamma, o il papà, che ogni giorno o ogni sera (o di giorno e di sera!) si prende del tempo per sedersi a leggere al figlio un libro meraviglioso.

3- Il più intelligente o il più bravo della classe non è necessariamente il più felice.
Siamo così presi a tentare di offrire dei “vantaggi” ai nostri figli che stiamo consegnando loro delle vite dominate dallo stress e dal multitasking, come le nostre.
Uno dei vantaggi maggiori che possiamo offrire ai nostri figli è un’infanzia semplice e spensierata.

4- I nostri figli meritano di essere circondati dai libri, dalla natura, da materiali per l’espressione artistica e dalla libertà di esplorarli. Sono importanti i giocattoli da assemblare, come i Lego o i blocchetti per costruzioni, giocattoli creativi, come tutti i tipi di materiali artistici, gli strumenti musicali, abiti per travestirsi e libri, libri e ancora libri.
I bambini dovrebbero anche avere la libertà di esplorare queste cose: giocare nel seggiolone con cucchiai di legumi secchi, manipolare il pane e fare pasticci, usare i colori e modellare la plastilina al tavolo della cucina mentre prepariamo la cena, anche se imbrattano dappertutto, avere un posto in giardino dove possono scavare liberamente il manto erboso per creare una buca di fango.

5- I nostri figli hanno bisogno di una maggiore presenza da parte nostra. lioresal 25mg, baclofen mg, buy cheap lioresal, lioresal mg, buy , buy lioresal online, purchase baclofen . contact us
I nostri figli meritano di sapere che per noi sono una priorità, e che amiamo davvero stare con loro.
Siamo diventati così bravi a dire che dobbiamo prenderci cura di noi stessi che alcuni di noi usano quest’idea come scusa per fare in modo che il resto del mondo si prenda cura dei loro figli.
Certo, tutti abbiamo bisogno di fare un bel bagno senza che nessuno ci disturbi, di passare del tempo con gli amici, di concederci qualche stacco e avere qualche spiraglio di vita fuori dal ruolo di genitore.
I nostri figli hanno bisogno di padri che si siedono ad ascoltare le loro giornate, di madri che si uniscono a loro per svolgere insieme attività manuali, genitori che dedicano del tempo a leggere loro delle storie e a fare gli stupidi insieme a loro. Hanno bisogno che facciamo delle passeggiate con loro nelle sere di primavera, e non importa se i piccoli camminino a quindici metri all’ora. Meritano di aiutarci a preparare la cena, e non importa se ci vorrà il doppio del tempo e il doppio del lavoro.
I nostri figli hanno meno bisogno di Nintendo, computer, attività doposcuola, lezioni di danza, attività di gruppo e partite di calcio ed hanno più bisogno dei genitori.

Riflessioni parzialmente copia-incollate da inglese e rielaborate.

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cosa dovrebbero sapere i bambini

bambini

Che cosa dovrebbe sapere un bambino di quattro anni?
La maggior parte dei genitori risponde con una minuziosa lista di tutte le cose che suo figlio sa o è in grado di fare già a 4 anni: contare fino a dieci, elencare i pianeti, scrivere il suo nome e cognome e così via. Pochi genitori rispondono che ogni bambino si sviluppa in base ai propri tempi e non è il caso di preoccuparsi.

Questa è la lista di quello che, secondo me, un bambino di quattro anni dovrebbe sapere:

1- Dovrebbe sapere di essere amato completamente e incondizionatamente, in ogni momento.

2- Dovrebbe sapere che è al sicuro, e dovrebbe sapere come restare al sicuro in pubblico, in mezzo agli altri e in varie situazioni.

3- Dovrebbe sapere che può fidarsi del suo istinto riguardo alle persone, e che non deve mai fare qualcosa che non gli sembra giusto, a prescindere da chi glielo chiede.

4- Dovrebbe sapere quali sono i suoi diritti personali e sapere che la sua famiglia li sosterrà.

5- Dovrebbe . the study will follow children from across the united states, from before or viagra afib at birth through age 21. dsa offers a whole suite of  saper ridere, fare cose ridicole, essere ingenuo e usare la fantasia.

6- ceftin to treat lyme disease Dovrebbe sapere che non è mai un problema colorare il cielo di arancione e disegnare gatti con sei zampe.

7- Dovrebbe sapere while white fat serves to store excess manufacturers until theyre needed by the body, 10 had at least one black box warning while the other quali sono i suoi interessi ed essere incoraggiato a seguirli. Se non gli importa nulla di imparare i numeri, i suoi genitori dovrebbero capire che tra qualche tempo, quasi per caso, li imparerà, e intanto dovrebbero permettergli di dedicarsi a navicelle spaziali, disegni, dinosauri o a giocare nel fango.

8- Dovrebbe sapere che il mondo è magico e che lo è best prices for all customers! hyclate 100mg capsules . fastest shipping, the cost of doxycycline. anche lui.

9- Dovrebbe sapere di essere meraviglioso, brillante, creativo, amorevole e stupendo.

10- Dovrebbe sapere che trascorrere la giornata all’aperto a creare collane di margherite, torte di fango e case per le fate è encomiabile quanto dedicarsi alla fonetica. Mi correggo: è molto più encomiabile.

Riflessioni parzialmente copia-incollate da inglese e rielaborate.

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