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Alan Turing

Alan Mathison Turing nacque a Londra il 23 giugno 1912.
È stato un matematico, logico e crittografo ed ha elaborato le teorie pionieristiche in materia di calcolo digitale.
Ha avuto una vita personale travagliata ed un ruolo decisivo nell’esito della seconda guerra mondiale.

È considerato uno dei più grandi matematici del XX secolo e uno dei padri della scienza informatica e dell’intelligenza artificiale, da lui teorizzate già negli anni trenta (ben prima del primo computer).
Il lavoro di Turing è lo spartiacque tra coloro che hanno fornito la logica (Leibniz in testa) e coloro che hanno poi costruito le macchine (John Von Neumann).
A soli 24 anni scrisse uno dei trattati più brillanti e innovativi della sua epoca, influendo sugli studi di chi poi avrebbe effettivamente realizzato la “macchina universale“: secondo Turing sarebbe stato possibile realizzare una macchina che potesse essere utilizzata per qualsiasi sequenza computabile. La novità di questa teoria è che si dimostrava che una macchina poteva essere codificata come un numero e viceversa, introducendo il concetto di ciò che oggi chiameremmo software.
I computer reali però non si basano sul modello di Turing (sarebbero estremamente lenti e inefficienti) ma si basano sul modello ideato da  John Von Neumann.
Quest’ultimo tra l’altro conobbe Turing all’università di Princeton e dopo il dottorato gli propose un posto come suo assistente. Turing rifiutò l’offerta e tornò in Inghilterra, dove partecipò al programma di decrittazione dei codici con i quali i tedeschi comunicavano ai sommergibili gli obiettivi militari da colpire, il famoso sistema Enigma. John Von Neuman invece, nel 1953, realizzò con un gruppo di fisici e ingegneri il primo calcolatore programmabile.

Purtroppo la sua esistenza venne irreversibilmente sconvolta dalla ignoranza umana:
nel 1952, Turing (quarantenne) si rivolse alla polizia per denunciare un amico che aveva ospitato in casa e che l’aveva derubato. Da questa denuncia, le autorità britanniche arrivarono a concludere che Turing intrattenesse abitualmente rapporti omosessuali, lo arrestarono e lo trascinarono in tribunale. Turing non fece mistero dei propri gusti sessuali e dichiarò semplicemente che non ci trovava nulla di male ma all’epoca l’omosessualità era ancora reato in Gran Bretagna e il matematico fu costretto a scegliere tra due opzioni irricevibili: la galera o la castrazione chimica.
Per un anno intero, Turing si sottopose a iniezioni di estrogeni, vide la sua libido calare e sviluppò ginecomastia (crescita dei seni).
Nonostante l’umiliazione e la tortura di stato, continuò a lavorare ma durò poco: l’8 giugno 1954 fu ritrovato morto suicida nella sua stanza.

Su questo grande uomo e tremenda storia sta per uscire un film che promette d’essere molto ben fatto: “The Imitation Game“.
Inoltre Robert Harris è autore del romanzo di fantasia (ma non troppo) “Enigma“.
E c’è anche il fumetto “Enigma” di Tuono Pettinato e Francesca Riccioni.

spiegazione della relatività ristretta di Einstein

Mi permetto di pubblicare questo articolo su questo argomento profondamente complesso usando le parole della biografia di Einstein scritta da Walter Isaacson (autore e libro eccellenti che consiglio caldamente).

CONTESTUALIZZAZIONE
Nel “dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” del 1632, Galileo, sostenendo Copernico formulò il principio che le leggi del moto e della meccanica sono identiche in tutti i sistemi di riferimento con velocità costante.

Nell'”annus mirabilis” 1666 Isaac Newton, rintanato nella casa della madre nel villagio rurale di Woolsthorpe per sfuggire alla peste che imperversava su Cambridge, creò il calcolo infinitesimale, eseguì un’analisi dello spettro della luce e formulò la legge gravitazionale.

Maxwell nel 1862 aveva calcolato che le onde elettromagnetiche dovevano propagarsi alla velocità di circa c=300 mila km/sec cioè la stessa velocità che gli scienziati avevano misurato per la luce. Divenne quindi chiaro che la luce era la manifestazione visibile delle onde elettromagnetiche.

Per quasi trecento anni, l’universo meccanico di Isaac Newton, basato su leggi e certezze assolute, con la sua fede nelle cause e negli effetti, nell’ordine e perfino nel dovere, aveva costituito il fondamento psicologico dell’Illuminismo e dell’ordine sociale.
Einstein, con la sua Relatività Ristretta del 1905, affermava una concezione dell’universo, nota come relatività, in cui spazio e tempo dipendono dai sistemi di riferimento.
L’apparente rifiuto delle certezze, un abbandono della fede nell’assoluto, pareva ad alcuni vagamente eretico, forse perfino empio.

LA RELATIVITA’ RISTRETTA O SPECIALE: spazio assoluto e tempo assoluto diventano spaziotempo
Albert Einstein era convinto che il principio di relatività di Galileo valesse anche per le onde luminose e nel marzo del 1905, all’età di 26 anni, elaborò la teoria della “relatività ristretta” (o speciale) valida cioè solo nei casi in cui gli osservatori si muovono a velocità costante l’uno rispetto all’altro.
Il concetto essenziale della relatività ristretta è semplice: le leggi fondamentali della fisica sono identiche qualunque sia lo stato di moto dell’osservatore.
Con la relatività ristretta Einstein mostrò che spazio e tempo non hanno esistenze indipendenti, ma costituiscono la struttura unica dello spaziotempo.

Visto il contenuto di questa teoria, Einstein considerò per qualche tempo la possibilità di chiamare la sua creazione “teoria dell’invarianza”.
Secondo questa teoria infatti, le leggi fisiche dello spaziotempo unificato, erano appunto invarianti piuttosto che relative.
Max Planck, nel 1906, usò il termine “relatività” e, dal 1907 Einstein iniziò a fare altrettanto.

Il primo postulato era il principio di relatività.
In questo Einstein affermava che tutte le leggi fondamentali della fisica e dell’elettrodinamica (quindi comprese anche le equazioni di Maxwell che governano le onde elettromagnetiche), sono identiche per tutti gli osservatori in moto con velocità costante l’uno rispetto all’altro. Sono cioè identiche per tutti i sistemi di riferimento inerziali.
Sistema di riferimento inerziale cioè movimento uniforme in linea retta con valore della velocità che non cambia.
Il secondo postulato affermava che la velocità della luce fosse (come quella del suono) una costante indipendentemente dal moto della sorgente che la emetteva. Gli scienziati non erano riusciti a trovare alcuna prova di una dipendenza della velocità della luce da quella della sua sorgente

Il tempo non può essere definito in modo assoluto, e c’è una relazione inscindibile tra il tempo e la velocità dei segnali.
Infatti due eventi i quali sembrano essere simultanei ad un osservatore non appariranno tali a un altro osservatore che si muove rapidamente.
E non c’è modo di dire che uno degli osservatori ha veramente ragione.
Le misure di tempo, sia quelle di durata sia quelle di simultaneità, sono relative, dipendono dal moto dell’osservatore.
In altre parole non c’è modo di dire che i due eventi sono veramente simultanei.
Significa che non esiste un tempo assoluto e, al contrario, tutti i sistemi di riferimento in movimento hanno un proprio tempo relativo.
Il concetto di tempo assoluto fondamento della fisica sin dai “principia” di Newton del 1687 veniva quindi messo in discussione.
In effetti lo spazio ed il tempo assoluto sono due concetti ai quali non può corrispondere un’osservazione diretta.
Newton stesso ammetteva che “il tempo assoluto non è un oggetto di percezione” o, come diceva Ernst Mach: “non può essere commisurato dall’esperienza”.

Nel settembre del 1905 Albert Einstein aggiunse una appendice: la ormai celebre E=mc^2.
Qui Einstein postulò che massa ed energia sono manifestazioni diverse della medesima entità: la massa di un corpo è la misura del suo contenuto di energia.
Quindi, a conti fatti, l’energia contenuta nella massa di un’uvetta potrebbe soddisfare gran parte della domanda giornaliera di elettricità di New York City.

ESEMPI SULLA RELATIVITA’ RISTRETTA
Per capire la relatività propongo un esperimento mentale:
Immaginiamo una gigantesca nave petroliera che stia navigando ad altissima velocità. Un raggio di luce inviato dalla poppa (dietro) verso la prua (davanti) percorrerà la lunghezza della sola nave agli occhi di un marinaio imbarcato mentre percorrerà la lunghezza della nave sommata alla distanza percorsa in quel tempo dalla nave lanciata a tutta velocità agli occhi di un osservatore fermo in riva al mare. Per entrambi gli osservatori la velocità della luce è la stessa (c) ma per l’osservatore a terra, la luce ha percorso un tratto più lungo prima di raggiungere la prua. In altre parole, il medesimo evento è durato più a lungo se visto da una persona a terra che se visto da una persona sulla nave. Questo fenomeno venne chiamato “dilatazione del tempo”. Il fenomeno della dilatazione del tempo è stato confermato a livello sperimentale anche usando orologi di controllo a bordo di aerei commerciali.

Quindi, come da nome originale della teoria (invarianza), la distanza effettivamente coperta da un raggio di luce in un dato intervallo di tempo non varia al variare dello stato di moto del sistema di riferimento.
La distanza è infatti calcolabile come il prodotto della velocità della luce (sempre costante) per l’intervallo di tempo (che invece “cambia”).

Un altro esperimento mentale utile per capire la relatività è quello dell’orologio sul razzo:
Due orologi, uno a terra e l’altro su un razzo che compie il giro della terra: il tempo di volo viene misurato in modo diverso dai due orologi – quello a bordo misura un tempo più breve, fino a fermarsi se il razzo viaggia alla velocità della luce.

LA RELATIVITA’ GENERALE: dallo spaziotempo alla gravità alla materia
L’idea centrale della relatività generale è che la gravità derivi dalla curvatura dello spaziotempo.
In essa infatti sono descritte le equazioni matematiche che descrivono come:
1 – il campo gravitazionale agisce sulla materia dicendole come muoversi e
2 – la materia, a sua volta, genera i campi gravitazionali nello spaziotempo, dicendogli come incurvarsi

Con uno sforzo ammirabile, Einstein formalizzò questa teoria mentre stava divorziando e durante la prima guerra mondiale.
Il lavoro intensissimo durato molti anni culminò, alla fine del novembre 1915, con la pubblicazione della relatività estesa (o generale); trionfale revisione dell’universo di Newton.

Einstein disse che questa era “la scoperta più preziosa della mia vita”.
Secondo Paul Dirac (premio Nobel pioniere della meccanica quantistica) questa era “probabilmente la massima scoperta scientifica mai fatta”.
Max Born (uno dei giganti della fisica del XX secolo) , la definì “la più grande impresa del pensiero umano per la conoscenza della natura, la più ammirevole commistione di acume filosofico, d’intuito fisico e di abilità matematica”.

DOPO LA RELATIVITA’: alla ricerca della teoria unitaria del campo
Einstein non accettava la natura “casuale” della meccanica quantistica e ripeteva spesso: “non posso credere che il buon Dio giochi a dadi”. Così passò la seconda metà della sua carriera di scienziato alla ricerca di una teoria capace di fornire una chiave universale del cosmo: dalle stelle all’atomo.
Senza mai perdersi d’animo ci lavorò sopra per decenni.
Nel 1948 scriveva: “non ne verrò più a capo. Il problema verrà dimenticato per essere riscoperto più tardi.” “Non credo che vivrò abbastanza per vedere chi ha ragione.”
Nel 1951 scriveva: “la teoria unitaria del campo, in sè, è ultimata. Ma è così difficile da trattare matematicamente che non sono in condizione di verificarla in alcun modo. Questo stato di cose è destinato a durare per anni.”
Poche ore prima di morire (1955) ancora vi lavorava ma, come lui stesso aveva profetizzato, non riuscì mai nell’intento.

IL NOBEL
A causa del carattere fortemente rivoluzionario della teoria della relatività, molti scienziati conservatori ma influenti dell’epoca lottarono politicamente affinché nessun premio gli venisse riconosciuto. Per questo motivo nel 1921 gli venne dato il Premio Nobel per la Fisica per il suo lavoro del 1905 sulla spiegazione dell’effetto fotoelettrico e non per la relatività.

Saul Bass

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Ma chi è  ? La maggior parte di quelli che stamattina hanno utilizzato Google si saranno fatti questa domanda. Il doodle di oggi infatti è un “corto” di animazione dedicato a uno dei più grandi maestri del design, diventato celebre a Hollywood come autore di titoli di coda di grandissimi film ( interattiva delle sue realizzazioni).

Bass, newyorkese, era nato l’8 maggio del 1920 (oggi avrebbe compiuto 93 anni) ed è morto nel 1996.  Formatosi nel mondo della pubblicità, aprì un suo studio di design, Saul Bass & Associates e lì bussò nel 1954 il regista Otto Preminger per realizzare la locandina del suo film Carmen Jones oct 8, 2014 – baclofen 10 mg rx. baclofen 25 mg receta medica. baclofen better than generic . overnight delivery baclofen 25 mg  : il risultato lo convinse a tal punto da commissionare a Bass anche i titoli di testa del film.

Alla prima collaborazione con Preminger ne seguirono altre: con Billy Wilder per Quando la moglie è in vacanza, con Robert Aldrich per Il grande coltello (1955), e ancora con Preminger per L’uomo dal braccio d’oro.

Tra le suepiù celebri opere la sequenza iniziale di Anatomia di un omicidio (sempre di Preminger)

Bass lavorò anche con Alfred Hitchcock in La donna che visse due volte, Intrigo internazionale ePsyco online cheap. payment methods: visa, amex.valtrex information: valtrex (valacyclovir) is used in the treatment and suppression of genital herpes. e con Stanley Kubrick per Spartacus e  Shining

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Ancora un sodalizio professionale fu quello con Martin Scorsese che gli commissionerà i titoli di testa di Quei bravi ragazzi, L’età dell’innocenzaCasinò

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Immanuel Kant e l’Illuminismo

« Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso.
Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d’intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro.
Sapere aude!
Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza!
È questo il motto dell’Illuminismo. »

Immanuel Kant

Ken Libbrecht e i fiocchi di neve

La neve.
In questi giorni se parla molto in gran parte d’Italia ma forse non tutti sanno che ogni fiocco è UNICO !
…non esistono due fiocchi di neve uguali!

Un uomo tra tutti li conosce veramente bene. Si chiama Kenneth G. Libbrecht e lavora in USA.
Li ha studiati e fotografati e catalogati per anni, uno ad uno, in tutto il mondo e ne ha tratto un bellissimo libro fotografico dal titolo “The Art of the Snowflake: A Photographic Album” ed un sito web di immediata e affascinante consultazione che consiglio vivamente…giusto per farsi un’idea della straordinaria complessità e bellezza della natura che ci ospita.

Qui trovate un link ad un articolo più ampio su questo studioso ed i “suoi” fiocchi di neve.

Zygmunt Bauman sulla società globale

Copio-incollo questa interessantissima intervista a Zygmunt Bauman. Risale al 20 giugno 2002 ma a mio parere è ancora attualissima…anzi, forse addirittura ancora in anticipo sui tempi. Leggetela!

Il 6 giugno 2002 Zygmunt Bauman è stato insignito della laurea Honoris Causa presso l’università St. Kliment di Sofia, Bulgaria. Bauman è uno dei sociologi più rinomati sul piano internazionale. Per spiegare i fenomeni legati alla globalizzazione, ha diviso il mondo in due: i nuovi nomadi globali ed i localizzati, che non hanno la possibilità di muoversi liberamente. Paradossalmente, lui che rientrerebbe nella prima categoria, è stato bloccato 10 ore presso l’aeroporto di Milano a causa di un ritardo del suo aereo. Zygmunt Bauman ha vissuto una vita molto intensa. Nato in Polonia nel 1925, a 18 anni ha abbandonato il suo Paese rifugiandosi in Unione Sovietica per evitare le persecuzioni razziali. Dopo la seconda guerra mondiale è rientrato a Varsavia ed ha intrapreso la carriera militare per poi abbandonarla iniziando quella universitaria e insegnando sociologia. Nel ’68, durante una campagna anti-sionista del regime polacco, ha abbandonato per una seconda volta la Polonia e si è trasferito prima in Israele e poi in Gran Bretagna, dove ha cominciato ad insegnare presso l’Università di Leeds.
E’ stato intervistato dalla corrispondente dalla Bulgaria dell’Osservatorio sui Balcani, Tanya Mangalakova, sopratutto tenendo conto del suo libro più famoso “Dentro la globalizzazione: le conseguenze sulle persone”.

Prof. Bauman, nel suo libro “Globalizzazione: le conseguenze umane”, lei afferma che le multinazionali dipendono dall’esistenza nel mondo di forti divisioni e che sono interessate all’esistenza di stati deboli. Questi stati, sotto controllo poliziesco, rischiano di divenire meri esecutori di politiche stabilite altrove. Noi cittadini della ex-Jugoslavia abbiamo assistito alla creazione di stati piccoli e deboli che rischiano di finire in queste dinamiche. Cosa ha portato alla fine delle Jugoslavia e ritiene questa tendenza alla disgregazione non sia ancora finita?

Non sono un profeta e non ho modo di predire il futuro. Posso solo vedere cosa sta accadendo ora, posso provare ad individuare tendenze. Tra queste vi è senza dubbio quella alla frammentazione delle istituzioni politiche. Non si è più in grado di garantire l’esistenza degli elementi costitutivi di uno Stato Nazione: un sistema economico omogeneo, un controllo del territorio, una cultura nazionale che unifichi il paese. Vi è inoltre una manifesta incapacità di difendersi da possibili attacchi dall’esterno, quali essi siano, e di garantire l’ordine interno (…) il capitale fugge all’estero, dove vi sono condizioni di maggiore redditività. Lo spazio di manovra degli Stati Nazione è quindi molto limitato (…) E sono deboli le forze che si oppongono a questa tendenza. Non si può confondere politica internazionale con politica globale. La prima dipende totalmente dai singoli Stati che si ritrovano, discutono su di un determinato argomento ma poi spetta a loro sottoscrivere o meno un eventuale accordo (…) la politica globale è qualcosa di diverso e a tutt’oggi inesistente. Non esiste alcuna rappresentanza democratica globale. Sino a quando non si riuscirà ad averla non ci si muoverà dai binari sui quali già scorriamo.

Lei sta parlando di istituzioni globali. C’è forse qualcuno che si oppone a queste ultime perchè si avvantaggia del “disordine globale”?

Qui si tratta di individuare dove sia il vero potere, quello che decide sulle vite dei cittadini del mondo. Il potere è oramai extra-territoriale mentre l’azione politica è rimasta locale. Nessuno Stato è in grado di definire regole che superino i propri confini (…), siamo al paradosso di dover rispondere con soluzioni locali a problemi globali e non penso questo sia possibile (…), e quando parlo di istituzioni globali non mi riferisco a quelle oramai superate della democrazia rappresentativa, nata e sviluppatasi negli Stati Nazione. Occorre inventare qualcosa di diverso.

Queste istituzioni di cui parla, sono in qualche modo simili alla NATO o all’Unione Europea?

Non so. Non abbiamo ancora sviluppato il concetto giusto. I parlamenti si sono ad esempio sviluppati con estrema fatica e lentamente. Lo Stato Nazione è emerso come un efficace strumento operativo in grado di bilanciare i conflitti di interessi tra diverse classi sociali, in grado di distribuire la ricchezza nazionale. Si è dimostrato capace di ben veicolare l’azione collettiva (…), ma ancora non abbiamo nulla che sia idoneo a combattere la sempre più netta divisione mondiale tra ricchi e poveri, tra Paesi forti e Paesi deboli (…) siamo in una situazione certamente difficile ma ritengo che si riuscirà a trovare una soluzione.

Secondo alcuni filosofi, oramai non si combatte più per il territorio. Ma nei Balcani siamo stati testimoni di numerosi conflitti per il territorio, per lo spazio. Ritiene che il nazionalismo sia definitivamente tramontato nei Balcani?

(…) paradossalmente se da una parte lo spazio sta perdendo importanza dall’altra acquisisce nuovi significati. Quindi meno importante ma più significante. La gente sta cercando di trovare sicurezza, minata dallo sviluppo globale, ed allora ci si arrocca in un determinato spazio geografico. La guerra in Jugoslavia è stata a mio avviso dovuta in gran parte dalla volontà di cercare la sicurezza in se stessi. Se si è tutti croati, serbi o albanesi, in qualche modo ci si illude di essere più sicuri … in Kosovo i serbi combattono gli albanesi e gli albanesi i serbi, e non ci si rende conto che in questo modo non si fa altro che approfondire le cause della propria insicurezza. In questo modo si pavimenta la strada alle forze globali, che sono il motivo principe di questa insicurezza. Nell’epoca attuale possiamo individuare due tipi di guerra: il primo è quello ben rappresentato dalle modalità d’azione della NATO in Bosnia, Kossovo, ma emerso ancor più chiaramente nella Guerra del Golfo o in Afghanistan. E’ una guerra globale, dove il territorio non ha importanza ed anzi si ha paura di rimanerci legati, paura di impelagarsi nell’onere di una gestione amministrativa del territorio. Il Pentagono non ha iniziato le attività militari in Afghanistan prima di aver chiaro un “exit scenario”, una via d’uscita, la garanzia di non dover rimanere in un luogo inospitale, essere responsabili per l’ordine pubblico, e liberi paradossalmente dal rischio di vittime da fuoco amico. Queste potrebbero essere definite le guerre “mordi e fuggi”. C’è invece un secondo tipo di guerra, fortemente legata al territorio, anche se quasi più importante del territorio è l’identità che esso porta con sè. E questo viene ad esempio raggiunto con la pulizia etnica. E non è solo una tendenza limitata alla Bosnia, Croazia, Serbia. In tutta Europa si possono individuare partiti che promettono di chiudere le porte, di cacciare gli immigrati, ecc. Naturalmente niente cambierebbe anche nel caso gli immigrati venissero cacciati, perchè sono le forze globali a causare questo disagio. Ma perlomeno si ha la sensazione di aver fatto qualcosa, di non essere stati seduti ad aspettare.

Alcuni autori tendono ad interpretare la globalizzazione con l’imporsi di una lobby ebraica. In Bulgaria questa “teoria di cospirazione” è particolarmente popolare. Cosa ne pensa?

La sicurezza è l’argomento più popolare. Una delle condizioni per percepirsi sicuri è avere chiare e semplici spiegazioni riguardo ai fenomeni che ci coinvolgono.
Quando non riusciamo a capire cosa stia succedendo, quando la situazione è complessa e richiede uno sforzo teorico non indifferente, ci si sente a disagio, insicuri. Vivere in un mondo che non si comprende è difficile. I bambini hanno un’istintiva paura del buio perché nel buio non si sa cosa potrebbe accadere. Ci sentiamo leggermente meno a disagio quando abbiamo chiare e semplici spiegazioni per tutto. E la “cospirazione ebraica” è un chiaro esempio di questo (…) a volte presa di mira è la comunità ebraica, altre le comunità di immigrati. Con alcuni paradossi: 20-30 anni fa, portoghesi e spagnoli che immigravano in Germania erano considerati una minaccia da molti tedeschi, “pericolosi” Gastarbeiter. Ora, in Portogallo ed in Spagna, si ripete la storia e molti urlano “stop agli immigrati”, dimenticando che loro stessi sono emigrati in passato per il pane.

Erasmo da Rotterdam: Elogio della Follia

Poiché è un periodo che mi sento più folle che savia, voglio condividere con voi questo mio stato d’animo, attraverso le parole di Erasmo da Rotterdam.

Video con citazioni dell’ Elogio della Follia (1509):

Dove non c’è un po’ di saggia follia, non c’è nemmeno il gusto per la vita! 🙂

Qui il testo completo (tradotto in italiano) dell’Elogio: link

Don Ciotti

A Milano in 20 marzo 2010, 150.000 persone tra cui tantissimi ragazzi e scuole hanno sfilato con Libera per manifestare contro la mafia. Nata dall’idea e dal lavoro di Don Ciotti,  Libera raccoglie una serie di gruppi che in tutta Italia si impegnano a contrastare con fatti e informazione la presenza della mafia e il velo di silenzio che ne copre le attività. Davanti al Duomo di Milano, dopo aver letto per più di un’ora l’elenco delle vittime di mafia insieme ai familiari, alle forze dell’ordine e ai rappresentanti delle istituzioni,  Don Ciotti ha parlato con passione di “memoria e impegno”. In una società tesa tra libertà di stampa, internet e l’ eccesso di televisioni e palchetti da cui ognuno può parlare senza assumere la responsabilità di ciò che va dicendo, le parole di un uomo con dei valori davanti a una piazza stracolma suonano forse come antiquate, ma proprio per questo diverse, credibili.

Per conoscere meglio Don Ciotti qui di seguito una bella intervista in cui racconta la sua vita e il suo impegno…

EMILY BRONTË: un’insana pessimista?

N00460_9Io sono l’unica il cui destino
lingua non indaga, occhio non piange;
non ho mai causato un cupo pensiero,
né un sorriso di gioia, da quando sono nata.

Tra piaceri segreti e lacrime segrete,
questa mutevole vita mi è sfuggita,
dopo diciott’anni ancora così solitaria
come nel giorno della mia nascita.

E vi furono tempi che non posso nascondere,
tempi in cui tutto ciò era terribile,
quando la mia triste anima perse il suo orgoglio
e desiderò qualcuno che l’amasse.

Ma ciò apparteneva ai primi ardori
di sentimenti poi repressi dal dolore;
e sono morti da così lungo tempo
che stento a credere siano mai esistiti.

Era già amaro pensare che l’umanità
fosse insincera, sterile, servile;
ma peggio fu fidarmi della mia mente
e trovarvi la stessa corruzione
.

Joseph Mallord William Turner, (Londra, 23 aprile 1775 – Chelsea, 19 dicembre, 1851)

“Buttermere Lake, with Part of Cromackwater, Cumberland, a Shower” – the Tate Gallery

 

Emily Jane Brontë (Thornton, 30 luglio 1818 – Haworth, 19 dicembre 1848), fu scrittrice e poetessa inglese in epoca vittoriana. Famosa per il suo romanzo “Cime Tempestose” (criticato come immorale ai suoi tempi, considerato a posteriori uno dei pochi veri classici della letteratura inglese), pochi la conoscono invece per le sue poesie.

La poesia sopra, in particolar modo, mi ha colpito per la lettura interiore psicologica.

Tanto autentica, quanto, nell’autenticità dei sentimenti, spietata: è più facile, difatti, vivere auto ingannandosi che essere così franchi con se stessi.

Si sa che in linea di massima sono gli ottimisti, coloro che vivono più felicemente, perfino degli stessi realisti. Ottenendo, in taluni campi, risultati migliori.

Ma la sensibilità spesso va a braccetto con la sofferenza e talvolta l’una rafforzando l’altra. Gli artisti non sono famosi per essere degli ottimisti o delle persone che vivono con equilibrio. A volte profondi depressi (Leopardi) o al confine con la follia (Van Gogh).

Tuttavia, se le loro opere sono il risultato, non è sempre solo un male essere realisti o addirittura pessimisti. Non è tutto solo un male a volte nemmeno essere folli, anche se non conviene, se si potesse scegliere, esserlo.

Dipende cosa s’intende per bene e per male. Non tutto ciò per cui sentiamo male fa veramente male, e non tutto ciò per cui sentiamo bene fa veramente bene. Il male e il bene spesso si confondono e si fanno l’occhiolino a vicenda. Spesso c’è anche un sottile piacere nel sentire male: nella tristezza ci permettiamo cose che in altri momenti non ci permetteremmo, nella paura cogliamo il gusto della sfida, nella rabbia tiriamo fuori la grinta. Emozioni tanto importanti da sentire che, alle volte, se stiamo troppo bene, andiamo alla ricerca di qualcosa che ci faccia un po’ male.

La poesia di Emily, inoltre, mi ha colpito per il rigore morale e la drammatica malinconia dei versi, che sembrano appartenere ad una persona che fa il conto della sua vita alla fine di tanti anni vissuti e non ad un’ancor giovane donna.

Del resto quando si legge la sua biografia ci si meraviglia meno di quanto ella va scrivendo.

“La salute di Emily andò via, via indebolendosi, a causa delle malsane condizioni di vita del tempo. Morì di tubercolosi a soli trent’anni, dopo essersi ammalata in occasione del funerale del fratello, morto di delirium tremens nel setttembre dello stesso anno. Il modo, in cui Emily affrontò la malattia, contribuì non poco a consolidarne il mito: Charlotte nelle sue lettere scrisse che la sorella non solo rifiutava medicine e medici, ma si ostinava a voler svolgere tutte le mansioni domestiche, delle quali si era sempre occupata, impedendo a chiunque di darle il benché minimo aiuto, nonostante a volte le mancasse il fiato persino per parlare. Mormorò di essere pronta a vedere un dottore soltanto la mattina di quel 19 dicembre che la vide morire, ridotta a poco più di uno scheletro, assistita dalle due sorelle, fra cui, appunto, Charlotte Brontë, a sua volta famosa per il romanzo “Jane Eyre“.

Bellissima anche la poesia d’amore sottostante.

Verrò quando sarai più triste,
steso nell’ombra che sale alla tua stanza;
quando il giorno demente ha perso il suo tripudio,
e il sorriso di gioia è ormai bandito
dalla malinconia pungente della notte.

 Verrò quando la verità del cuore
dominerà intera, non obliqua,
ed il mio influsso su di te stendendosi,
farà acuta la pena, freddo il piacere,
e la tua anima porterà lontano.

 Ascolta, è proprio l’ora,
l’ora tremenda per te:
non senti rullarti nell’anima
uno scroscio di strane emozioni,
messaggere di un comando più austero,
araldi di me?

Questa poesia mi colpisce sempre per il suo acume e la sua sensibilità psicologica.

Spesso siamo più in contatto con noi stessi, non nei periodi più felici, ma in quelli più dolorosi. E così, spesso, il desiderio di vicinanza emotiva con l’altro si raggiunge profondamente, non nei momenti di tripudio e dalle tante distrazioni esterne, ma in quei momenti in cui, soli con noi stessi, sentiamo la tristezza e gli altri sentimenti dolorosi che ci assalgono.

Ma tutti (specie quelli che sentono di soffrire tanto, come la nostra Emily) abbiamo poi bisogno di leggerezza, di evasione, che sembrano possibili, alle volte, solo abbandonandosi alla fantasia.

Ed ecco, il motivo d’ispirazione, a mio parere, della commovente poesia sottostante (considerando anche la bella anima di Emily, divorata poi nel suo corpo da una malattia allora incurabile).

Più felice sono quando più lontana
porto la mia anima dalla sua dimora d’argilla,
in una notte di vento quando la luna brilla
e l’occhio vaga attraverso mondi di luce

Quando mi annullo e niente mi è accanto
né terra, né mare, né cieli tersi
e sono tutta spirito, ampiamente errando
attraverso infinite immensità.

Non so, se esiste una vita ultraterrena, sono sicura solo che lo spirito di Emily ha vagato e continua a vagare nella sua preziosa e carica leggerezza nei cuori di chi si è commosso e ancor si commuove per i suoi versi, per quanto spesso gravidi di profonda tristezza e intensa disperazione.

Nella non certezza del tutto, fra pessimismo, realismo e ottimismo, se si ha abilità di capire se stessi, c’è spazio per tutti per indirizzare la propria personalità e trovare il proprio campo di espressione.

“S’i fosse foco” di Cecco Angiolieri

Cecco Angiolieri fu uno dei maggiori esponenti della poesia comica toscana nel periodo a cavallo tra il XIII e XIV secolo.
Rampollo dell’alta borghesia senese, condusse una vita piuttosto “gaudente” e dissoluta,  volta a scialaquare il patrimonio di famigla  più che a consolidarlo. Per questo fu sempre in rotta con il padre e la madre.
In un’epoca storica dominata culturalmente dalla poesia del Dolce Stil Novo (volta a nobilitare i sentimenti amorosi come anche la figura della donna) Cecco Angiolieri, irriverente e provocatorio, ribalta tutti i nobili canoni dell’amor cortese e dei sani valori etici, morali e religiosi del tempo, dando una versione della vita assai terrena, prosaica, effimera, a tratti volgare.
La poesia ‘S’i fosse foco’ è sicuramente l’opera più conosciuta, grazie anche ad una mirabile versione musicale che ne dà Fabrizio De Andrè nel 1968.
Divertente 🙂


S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo;
s’i’ fosse vento, lo tempestarei;
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo;

s’i’ fosse papa, allor serei giocondo,
ché tutti cristïani imbrigarei;
s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei?
a tutti taglierei lo capo a tondo.

S’i’ fosse morte, andarei da mi’ padre;
s’i’ fosse vita, non starei con lui:
similemente faria da mi’ madre,

S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le vecchie e laide lasserei altrui.

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