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Variazioni annuali ed andamento generale

I grafici seguenti 1. mostrano l’andamento della concentrazione della CO2 (biossido di carbonio) atmosferica dal 900 al 2000 (Source: CNRS – Université de Grenoble) e maggiormente nel dettaglio dal 1960 al 2000 (Source: Dave Keeling and Tim Whorf – Scripps Institution of Oceanography).

La curva di Keeling, costruita nel laboratorio posto in cima al vulcano di Mauna Loa nelle Hawaii, al centro dell’Oceano Pacifico (luogo ideale per campionare l’aria “media” dell’intero emisfero settentrionale), mostra chiaramente oscillazioni annuali sovrapposte all’andamento generale crescente della curva.

Gli esperti che compilano i bilanci del carbonio hanno scoperto che le variazioni stagionali nella liberazione di prodotti derivanti dai combustibili fossili sono sorprendentemente piccole. I dati indicano che anche l’ipotesi che dietro le oscillazioni possa nascondersi l’Oceano – immensa e complessa componente del ciclo del carbonio – è da scartare. Il ciclo evidenziato a Mauna Loa riflette il flusso netto di CO2 attraverso gli ecosistemi continentali legato al bilancio globale fotosintesi-respirazione della biosfera. Se i processi di fotosintesi e di respirazione fossero sempre e ovunque in equilibrio, non si registrerebbe alcuna oscillazione nei rilevamenti. Ma non lo sono: durante le stagioni calde le temperature elevate favoriscono un’intensa attività respiratoria, tuttavia l’attività fotosintetica è ancora più intensa e nel bilancio complessivo prevale l’inspirazione di CO2; durante le stagioni fredde l’attività fotosintetica precipita quasi a zero, mentre l’attività respiratoria continua, benché ridotta rispetto ai ritmi intensi dei periodi caldi, e nel bilancio complessivo prevale l’espirazione di CO2.

Il grafico tridimensionale del respiro della biosfera 2 (Source: Carbon Dioxide Information Analysis Center – National Laboratory of the Oak Ridge) – che illustra le oscillazioni della concentrazione atmosferica della CO2 in funzione del tempo (intervalli di un mese) e della latitudine (distanze di 10°) – mostra che alle basse latitudini (dove le variazioni di temperatura nel corso dell’anno sono limitate) e nell’emisfero australe (dove le terre emerse alle alte latitudini hanno estensioni ridotte e l’Antartide è coperta dal ghiaccio per il 95% della sua superficie) il bilancio fotosintesi-respirazione è quasi in pareggio in tutte le stagioni e le oscillazioni annuali del ciclo della CO2 sono pressoché trascurabili.

Cause e relazioni con il surriscaldamento globale

Il costante aumento della concentrazione atmosferica della CO2 è ampiamente studiato e le ipotesi relative alle sue cause sono discusse. Particolarmente dibattuta la questione dell’individuazione delle corrette relazioni causali tra tale aumento e surriscaldamento globale.

La stretta relazione tra il fenomeno dell’aumento della concentrazione dei gas serra ed il fenomeno del surriscaldamento globale appare infatti in modo evidente: come si può vedere nel grafico sottostante 3 (Source: Jouzel et al. – Nature 1993), costruito elaborando i dati raccolti attraverso carotaggi nel ghiaccio del lago antartico Vostok, gli andamenti delle curve che rappresentano le variazioni nel tempo della temperatura e della concentrazione dei gas serra sono sostanzialmente identici. Ci si potrebbe però domandare se sia l’aumento nella concentrazione dei gas serra a causare l’innalzamento della temperatura o se viceversa non possa essere un aumento della temperatura globale legato ad altre cause a rendere l’atmosfera maggiormente capace di contenere elevate concentrazioni di gas serra, che altrimenti sarebbero riassorbiti nel ciclo del C in quote superiori (la solubilità dei gas in acqua diminuisce all’aumentare della temperatura) e che certamente contribuirebbero a loro volta al surriscaldamento globale ma che non ne sarebbero in tal caso la causa prima (questa seconda ipotesi viene sostenuta da chi si oppone alla politica dell’abbassamento delle emissioni di gas serra).

Le analisi delle piccole bolle d’aria che rimangono intrappolate nel ghiaccio al momento della sua formazione possono fornire indicazioni sulla composizione dell’atmosfera terrestre nelle trascorse ere. I risultati di tali analisi mostrano che le concentrazioni atmosferiche di gas ad effetto serra, come la CO2 ed il CH4 (metano), negli ultimi 650.000 anni non sono mai state tanto elevate quanto lo sono ora.

Nel periodo compreso tra 650.000 anni fa ed il 1800 (inizio della rivoluzione industriale) i valori della concentrazione atmosferica della CO2 hanno oscillato tra un minimo di 180 ppm (parti per milione) ed un massimo di 300 ppm, e nei 10.000 anni immediatamente precedenti la rivoluzione industriale il valore è rimasto più o meno costantemente intorno a 270-280 ppm. Misure in tempo reale sono state eseguite solo a partire dal 1958, quando la concentrazione atmosferica della CO2 era già arrivata a 315 ppm. I valori attuali sono stimati intorno a 380 ppm.

La velocità di crescita della concentrazione atmosferica della CO2 dall’epoca industriale ad oggi è assolutamente eccezionale: a partire dal 1800 la CO2 atmosferica è aumentata circa del 35% e nell’ultimo decennio l’incremento medio è stato di quasi 2 ppm/anno, una velocità di crescita che è circa 200 volte più grande della più alta velocità di variazione osservabile durante gli ultimi 650.000 anni. Dalle analisi risulta quindi che nell’ultimo periodo vi sono state variazioni eccessivamente marcate della concentrazione di CO2, variazioni mai verificatesi in precedenza, che sono all’evidenza dei fatti imputabili all’attività umana e che sono queste causa del surriscaldamento. Se si osserva nel dettaglio la linea dell’aumento della temperatura dall’inizio del 1900 ad oggi (con le flessioni in corrispondenza di fenomeni significativi come la crisi economica del ’29, la seconda guerra mondiale, la crisi energetica del ’70) si vede che il suo andamento è fortemente influenzato dall’aumento dell’utilizzo dei combustibili fossili (andamento analogo) e dal cambiamento dell’uso del suolo (la perdita di terreno agricolo e soprattutto il taglio degli alberi riducono la quota di assorbimento della CO2).

L’ipotesi secondo la quale vi sarebbe una relazione causale tra le attività antropiche (utilizzo dei combustibili fossili e deforestazione) e il vertiginoso aumento della CO2 atmosferica verificatosi negli ultimi due secoli è pertanto decisamente fondata. Non si può perciò più sostenere che il riscaldamento globale sia parte di una variabilità normale e strettamente naturale: la causa è umana.

Dall’epoca industriale ad oggi abbiamo prodotto e introdotto nell’ambiente circa 30 miliardi di equivalenti tecnologici del metabolismo umano, come risulta dalla misura del rilascio di CO2 dai combustibili fossili; nutriamo infatti questi servi tecnologici con l’energia contenuta nei resti della Vita antica: petrolio, carbone e gas naturale. Abbiamo incrementato considerevolmente la quota respiratoria, oltre a ridurre quella fotosintetica, e stiamo assistendo a quel che accade ad un’atmosfera nella quale i respiratori sono preponderanti rispetto ai fotosintetizzatori.

Il futuro

Alcuni dicono che vi siano state epoche nelle quali le concentrazioni atmosferica di CO2 erano più elevate delle attuali. È vero, ad esempio 250 milioni di anni fa e 500 milioni di anni fa, però sulla Terra non c’erano uomini ma batteri e meduse e animali che poi si sono estinti. Forse fumavano troppo!

In previsione, dal 1900 al 2100 avremo la stessa variazione nella concentrazione di CO2 nell’aria di quella che si è verificata dall’ultima glaciazione ad oggi. Nei tempi più lunghi trascorsi dall’ultima glaciazione molti animali hanno avuto modo di migrare per sopravvivere. Più difficile potrebbe essere far emigrare in modo equilibrato e in tempi relativamente brevi l’animale uomo organizzato in città come Roma o New Orleans.

Alcuni popoli, come i Vichinghi o gli abitanti dell’Isola di Pasqua, sono decaduti a causa dei cambiamenti climatici. Si può quindi dire che tutto ciò sia “normale”? Interessante notare che, mentre gli Inuit – che non sono mai stati commercianti – ancora vivono in Groenlandia, i Vichinghi – che scambiavano il grasso di balena con il bronzo – sono caduti in declino. Vale il pensiero degli indiani Creek: quando avrete pescato l’ultimo pesce, ucciso l’ultimo bisonte, inquinato l’ultimo fiume, allora via accorgerete che i soldi non si mangiano.

L’aumento della temperatura avrà come conseguenze l’incremento della siccità, la crescita del numero degli incendi, il dilagare del rischio alluvioni, la salinizzazione delle acque costiere, l’innalzamento del livello marino di 20-30 cm in pochi anni (alcune zone sono particolarmente vulnerabili, come in Italia la Toscana, il Friuli Venezia Giulia e l’Emilia Romagna). Il fenomeno dell’innalzamento del livello del mare è dovuto per più della sua metà alla dilatazione dell’acqua; solo meno della metà dell’innalzamento del livello del mare è dovuto allo scioglimento dei ghiacci (lo stesso fenomeno fisico, responsabile dei passaggi di stato della materia, interviene in entrambi i casi: l’allentamento delle forze di legame tra le molecole d’acqua).

Inoltre, il problema della temperatura non riguarda semplicemente l’aumento medio di 3-4 gradi previsto per il 2050-2100 (anche 5 gradi in alcune regioni). I rischi maggiori sono legati ai momenti corrispondenti ai picchi dell’andamento di crescita (come è stato nell’anno 2003). Infine, aumenterebbero le temperature medie ma senza che si verifichi un innalzamento delle temperature più basse ovvero aumenterebbe la varianza e si andrebbe verso un clima più estremo.

Chi ritiene possibile una crescita infinita in un mondo finito può essere solo un pazzo o un economista! Negli Stati Uniti, alcune strade di Phoenix hanno dodici corsie e si forma coda su tutte e dodici.

I politici, legati ai grandi poteri economici (nel caso in questione soprattutto ai gestori delle risorse energetiche fossili, petrolio e metano), sostengono che a partire dal 2050 le immissioni di CO2 saranno dimezzate. Per forza: non ci sarà più petrolio! O meglio, sarà finito il petrolio economico, cioè quello produttivamente utile. Entro pochi anni o decenni l’offerta finirà. Il metano – per il quale si combattono guerre come per il petrolio – avrà il suo picco di produzione solo poco dopo quello del petrolio, quindi scenderà subito anch’esso. La Terra del petrolio dovrà diventare la Terra del sole e del vento. Le tecnologie per le energie alternative prenderanno obbligatoriamente piede: non diminuirà il loro costo, ma aumenterà sempre più quello delle fonti fossili.

L’Italia è uno dei paesi più soleggiati d’Europa e al contempo l’ultimo per quanto riguarda lo sviluppo delle strategie di produzione di energia pulita alternativa a quella prodotta con i combustibili fossili. Dietro a paesi che hanno molto meno sole del nostro, come tutti i paesi nordici. Dietro a paesi tecnologicamente arretrati rispetto al nostro, come la Turchia. Dietro paesi che non hanno problemi di immediato approvvigionamento energetico come Israele, ricca di petrolio.

I politici italiani hanno però deviato verso lo sviluppo degli inceneritori i 6 euro che ogni italiano paga con ogni bolletta energetica per lo sviluppo delle fonti energetiche alternative! Ci sono riusciti con uno dei soliti stratagemmi meschini dei quali è pratico chi è abituato all’inganno legalizzato: aggiungendo la postilla «e assimilati» all’articolo che definiva l’utilizzo di tali risorse economiche. Va qui precisato che gli inceneritori non distruggono nulla: rispondono sempre alle leggi della termodinamica (nulla si crea e nulla si distrugge) per cui trasformano i rifiuti che vengono bruciati in altri rifiuti, che hanno forma di gas e di ceneri. In particolare, nei processi di combustione ad altissima temperatura si producono polveri sottili (invisibili) che le ricerche mediche non sponsorizzate sempre più indicano come generatrici di gravi patologie: dai pm10 ai pm01 (ultime indagini evidenziano uno stretto rapporto tra le pm2.5 e la diffusione di numerose forme cancerogene). Gli inceneritori sono inoltre sconvenienti dal punto di vista energetico, soprattutto se rapportati alle strategie che prospettano il riutilizzo e il riciclaggio delle materie anziché la loro eliminazione.

Dovranno essere sviluppate strategie per l’utilizzo delle risorse energetiche solari ed eoliche. Nel settore eolico sono stati ultimamente elaborati dei modelli di mulino a vento volante d’alta quota: specie di enormi aquiloni a forma di giostra rotante, capaci di sfruttare la grande forza dei venti che sono sempre presenti ad alte quote e caratterizzati al contempo dall’ulteriore vantaggio di essere meno impattanti da un punto di vista paesaggistico.

Ottime sono le strategie dell’autosostentamento energetico e della rete: ogni cittadino può produrre l’energia che gli è necessaria, può immagazzinarla e può eventualmente venderla immettendola in rete.

Inoltre, la maggior parte delle energie prodotte viene sprecata. Pertanto, si dovrà intervenire anche e soprattutto sul risparmio energetico a tutti i livelli di scala: dal privato al pubblico, dalle abitazioni alle strutture produttive, dai mezzi di trasporto alle tecnologie industriali e domestiche.

Tutte queste vie di sviluppo tecnologico, riguardanti tanto la produzione di energia pulita quanto il risparmio energetico, conducono ad un enorme incremento dell’indotto lavorativo, un aumento dell’occupazione superiore e più diffuso rispetto a quello che si può realizzare con l’apertura di nuove centrali a carbone (e di nuove centrali nucleari) o degli inceneritori, strutture la cui realizzazione i. aumenta – anziché ridurre – la nostra dipendenza energetica da stati esteri (giacché non siamo produttori di carbone né possediamo importanti giacimenti di uranio), ii. porta a un peggioramento dello stato dell’ambiente e delle nostre vite e iii. non concorre a distribuire la ricchezza prodotta all’interno del sistema sociale ma al contrario la accentra nelle mani di pochi imprenditori (che hanno il potere di influenzare in modo più o meno diretto le vie politiche e l’informazione pubblica al fine di raggiungere i propri fini privati). Oltre a ciò, le nuove vie per lo sviluppo energetico sostenibile hanno insieme il non trascurabile vantaggio di portare ad un miglioramento del mondo che ci circonda: il lavoro dovrebbe sempre servire a questo, a migliorare la nostra vita e quella di tutti.

EU e le emissioni co2 auto: 130 g/km entro il 2015

2008-11-25

ANSA

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Piu’ vicino l’accordo con il Parlamento europeo sulla limitazione delle emissioni CO2 delle auto nuove prodotte e vendute nella Ue. Dopo un lungo negoziato notturno, tra Commissione, Consiglio e Parlamento Ue e’ stato trovato – ha detto il relatore Guido Sacconi(Pd-Pse) – ‘un accordo su molti punti’. Il compromesso accorda ai costruttori di auto 3 anni in piu’ (2015 anziche’ 2012) per limitare le emissioni di CO2 delle auto nuove prodotte e vendute nella Ue a 130 [grammi/km] (ora 158).

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