I treni sono giganteschi e rumorosi. Mi fanno paura. Una volta dentro è difficile correre se bisogna scappare. I calci sono probabili.
Ma sui treni ci sono le briciole. Vicine ai piedi degli uomini.
Certamente morirò prima del tempo.
Di malattia se sfortunato, sotto un treno se fortunato.
Sono nato nell’immondizia, cresciuto da solo. Randagio.
Sono solo, sporco, silenzioso, nascosto.
Sono magro. Forse sono malato, respiro male.
Non ho nome, non conosco la mia età.
Mi arrangio da solo.
Cerco cibo. Devo solo trovare cibo. Briciole sul pavimento dei treni.
Evitare i calci e le ruote dei treni.
Le giornate servono a cercare cibo.
Temo gli uomini, mi vergogno della mia puzza.
Altri come me sono amati dagli uomini. Ne ho visti alcuni. Ma forse non sono come me. Forse sono diverso. Nessuno mi ha mai carezzato.
Sono senza nome. Sono piccolo, invisibile. Silenzioso.
Cammino nell’ombra, negli angoli bui, silenzioso ed invisibile.
Cerco per terra. Raccolgo le briciole cadute dalle bocche degli uomini.
Gli uomini sui treni viaggiano. Io sui treni vivo. Sui treni mangio.
Ho sempre fame. Penso solo al cibo.
Tantissimi come me. In tutto il mondo. Qui in India circa 20 milioni. Tutti randagi. Tutti soli. Tutti persi. Ma sui treni siamo pochi.
La maggior parte sta in città. Vicino ai mercati. Loro stanno in gruppo.
Io sto da solo. Loro con loro non mi vogliono. Mi aggrediscono ferocemente se mi avvicino. Peggio dei calci degli uomini.
Sono solo. Sto solo.
Passo le giornate a cercare cibo.
Sui treni e in stazione.
Dormo in terra, dove capita.
Devo mangiare. Ho fame.
Sono senza nome.
Sono solo. Ho solo fame. Cerco briciole, per terra.
Quando mi avvicino troppo agli uomini spesso prendo calci. Fanno male. Al cuore. Non al corpo.
Sono ricoperto di fango e sporcizia. Ormai da mesi. Probabilmente da anni. Forse da sempre.
Gli uomini mi evitano. Io evito loro. Ma loro fanno le briciole che io mangio. Devo salire sui treni per le briciole.
Sono nato nell’immondizia.
Certamente morirò prima del tempo.
Forse di malattia. Forse schiacciato da un treno.
Non ho un nome.
Ma gli uomini mi chiamano “bambino di strada”.

Delhi, India
marzo 2011