La questione (ricerche a doppio cieco fatte e rifatte) è la seguente: gli esperti di vino sono tali semplicemente perché li riconoscono a memoria dal sapore. Ma solo se li hanno già assaggiati e memorizzati. Più è infallibile questa “memoria gustativa” e più è esteso il “catalogo memoria” e più è bravo l’esperto.
Un sapore sconosciuto risulta NON CATALOGABILE. Addirittura è stato dimostrato (tingendo dei vini bianchi con coloranti insapori) che essi non sono in grado di distinguere nemmeno un bianco da un rosso: sentono nel bianco (tinto rosso) i sapori tipici del rosso. Questo fenomeno è perfettamente catalogato dagli psicologi e dagli scienziati del cervello che hanno scoperto che le info provenienti dal gusto sono postelaborate dalla parte (del cervello) emotiva che si basa su pregiudizi e desideri. De facto quindi l’essere umano è biologicamente impossibilitato ad essere obiettivo in fatto di cibo.
Siccome anche gli esperti di vino possono solo riconoscere qualcosa già conosciuto, allora (anche per loro) se è un vino caro, allora è buono e viceversa, null’altro. Se si presenta loro un sapore nuovo non posson decidere se è buono o no finché non ne vedono l’etichetta (anche su questo placebo sono stati fatte tutte le indagini dovute).
Il valore commerciale del vino quindi dipende da tanti fattori: di mercato, di strategia e contingentazione volontaria e consapevole, di costi di produzione e di industria e commercio ma NON dal “sapore”.
Insomma è tutta una gigatruffafuffa fatta di pubblicità e boccaloni. Nient’altro.
Esattamente come i diamanti.
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