Nel 1952 il critico americano Rosenberg usa per la prima volta il termine Action Painting (“Pittura d’Azione”) per definire un nuovo settore della pittura d’avanguardia della Scuola di New York. I principali esponenti dell’Action Painting appartengono al versante dell’espressionismo astratto e sono Jackson Pollock, che predilige la tecnica del dripping (sgocciolature di colore dall’alto sulla tela posta in orizzontale), Willelm De Kooning, che aggroviglia e sovrappone linee curve dai colori violenti, e Franz Kline, che realizza grandi segni neri su ampi sfondi bianchi di tela. Per questi artisti l’atto del dipingere assume un’importanza fondamentale e diventa il mezzo attraverso cui l’esperienza dell’artista si scarica direttamente sul quadro. Tale azione nasce come espressione di una radicale opposizione nei confronti dei condizionamenti repressivi della società e si carica di un profondo significato esistenziale e morale. Scrive Rosenberg: “Per ogni pittore americano arriva un momento in cui la tela appare come un’arena offerta al suo intervento piuttosto che uno spazio dove riprodurre, ricreare, analizzare o esprimere un oggetto reale o immaginario. Allora, ciò che deve essere trasmesso alla tela non è più un immagine, ma un fatto, un’azione”.
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Piet Mondrian nasce ad Amersfoort (Utrecht) nel 1872. Quando nel 1908 si trasferisce a Domburg, in Zelanda, incontra il pittore Jan Toorop e la sua influenza sarà decisiva nel segnare il passaggio dalla prima maniera naturalistica a quella simbolista. La sua pittura inizia così a subire una progressiva semplificazione dell’immagine insieme all’uso di colori molto accesi. Un esempio di questa fase è rappresentato dalla storica serie di opere sul tema dell’albero. Tra il 1914 e il 1919 ritorna in Olanda e la sua pittura si avvia definitivamente verso una rigorosa ricerca astratta e una radicale elementarizzazione delle linee e dei colori. Nel 1917 fonda, insieme a Theo van Doesburg, la rivista De Stijl. Intorno a quest’ultima nasce il gruppo del Neoplasticismo, teso verso una ricerca di nuove modalità espressive basate, appunto, su rapporti elementari ed essenziali nelle forme e nei colori. I presupposti teorici della sua pittura si basano sull’incontro con la filosofia idealistica tedesca e la teosofia e puntano verso un equilibrio tra l’uomo e l’universo. I suoi quadri si riducono così a una essenziale rappresentazione di linee rette che si incontrano ortogonalmente e definiscono serie di quadrati e rettangoli per i quali vengono utilizzati solo colori elementari. Dal 1940 si trasferisce definitivamente a New York dove muore nel 1944.
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