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Quote latte

Quando parliamo di quote latte, indichiamo delle soglie ben precise (espresse in kg) riguardanti la produzione del latte che variano di Paese in Paese all’interno dell’Unione Europea. Oltre questi limiti, la produzione viene fortemente tassata con delle imposte disincentivanti.

Ogni acquirente di latte all’ingrosso (un caseificio per esempio) deve tenere uno specifico registro delle consegne da parte dei produttori, una volta superata la specifica quota latte, sarà trattenuto il prelievo stabilito dalle norme comunitarie, sottraendolo dai pagamenti periodici per il latte acquistato.

Lo scopo delle quote latte è quello di evitare una abbondanza dell’offerta di latte, al fine di tutelare il mercato stesso e scongiurare il fallimento di numerosi produttori. L’idea, oltre a stabilizzare i redditi del settore, rappresenta un salvagente per i piccoli produttori e soprattutto un notevole risparmio di sovvenzioni pubbliche che altrimenti verrebbero versate per salvare i produttori più deboli incapaci di sopravvivere alle fluttuazioni dei redditi.

In Italia, siamo nel 1984, venne assegnato il valore della produzione di latte riferita all’anno precedente, ossia 8823 migliaia di tonnellate di latte, da ripartire adeguatamente fra i produttori sul territorio nazionale. Questo valore subì diverse modifiche nel corso del tempo, sino ad arrivare ad un aumento del 5% nel 2009. Nonostante ciò, fin’ora l’Italia ha complessivamente pagato oltre 4,5 milardi di € di multe (di cui 1,7 miliardi della totalità pagati dallo Stato) per aver più volte superato la quota latte assegnata, e questo ha scatenato una netta opposizione da parte dell’Unione Europea, la quale  sostiene che l’ingerenza dello Stato in questi casi, oltre a rappresentare una vera e propria sovvenzione per i produttori, vanifica lo scopo principale dell’istituzione delle quote latte.

R. The Rabbit

Giorgio Bettinelli

Giorgio Bettinelli…un vero italiano vero cittadino del mondo.
A cavallo della Vespa ha fatto 2 volte il giro del mondo!…sul serio!
Chilometro dopo chilometro ha scritto quattro magnifici libri di viaggio…tutti da leggere:
1997) Da Roma a Saigon
2002) Brum brum
2005) Rhapsody in black
2008) La Cina in Vespa

Qui di seguito il suo “curriculum” di viaggiatore. Dal suo ultimo libro:

Nel maggio del 1992, a Bali, mi viene regalata una vecchissima Vespa, e da quel giorno la mia vita, che ormai programmavo tranquilla e stanziale in quel villaggio sulla costa est dell’isola, è cambiata dal giorno alla notte, ha subito uno scossone violento di quelli che portò può dare soltanto una storia d’amore o una supervincita al Totocalcio o un’improvvisa follia…
Da allora, dopo un breve apprendistato scooteristi tra Giava e Sumatra e
1) un viaggio dall’Italia al Vietnam (24.000 km in sette mesi),
2) c’è stato un secondo raid in Vespa, dall’Alaska alla Terra del Fuoco (36.000 km in nove mesi);
3) poi un terzo da Melbourne a Città del Capo (52.000 km in un anno esatto);
4) e poi ancora un quarto viaggio dalla Terra del Fuoco alla Tasmania via terra (144.000 km in tre anni e otto mesi no-stop).
E così i chilometri complessivi macinati dalle mie Vespa (a volte con lentezza esasperante, a volte con velocità da crociera e poche altre a tutto gas), sono diventati 256.000 tondi tondi.
In 134 nazioni diverse, alcune delle quali attraversate tre volte in tre rispettivi viaggi, come Iran, Pakistan, India e Thailandia.
Più di sei volte la circonferenza dell’equatore e due volte tutti i continenti, con la sola esclusione dell’Antartide.

Tristemente Giorgio è morto a fine 2008 in Cina in circostanze poco chiare (non viaggiando!).
Stava scrivendo del Tibet…Nazione talmente unica da meritare un libro intero.

FEWS: monitorizzazione della fame nel mondo

In quali regioni del pianeta si soffre maggiormente la fame ce lo dice FEWS (Famine Early Warning Systems Network).

FEWS

Nata negli USA nel 1985, questa agenzia è specializzata nel monitoraggio ed elaborazione dati su clima, cibo ed uomo…incrociando questi dati l’organizzazione lancia gli allarmi “crisi” con sufficiente anticipo da permettere un intervento (in teoria).

CourrierInternational.com : notizie da tutto il mondo

Il papà francese dell’italiano Internazionale…
il sito del CourrierInternational è buono per tenersi informati quotidianamente…contieni infatti un estratto riassuntivo di circa 900 tra giornali e riviste da tutto il mondo…

Consigliato…

Internazionale.IT : selezione settimanale di notizie dal mondo

L’ Internazionale nasce nel 1993, in edicola tutti i venerdì, contiene articoli tradotti in italiano, tratti da giornali e riviste da tutto il mondo.

Il sito web dell’ Internazionale anche è molto semplice e utile…ve lo consiglio vivamente…

The Guardian : le notizie in UK

Storico (dal 1821) quotidiano del Regno Unito, con una tiratura di 350’000 copie circa.

All’occorrenza consigliamo di dare un’occhiata al sito del “The Guardian” per farsi un’idea di cosa si dice in Inghilterra…
qui il link alle “notizie del mondo” del giornale.

Da usare consapevolmente:
il “The Guardian” è il quotidiano di riferimento del partito Laburista britannico ( = socialdemocratici)…siamo quindi “dalla parte” di Gordon Brown.

la FAO e la fame in Africa

La FAO e la Fame in Africa!

L’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) nacque nel 1945 in Quebec (Canada) come agenzia delle Nazioni Unite che aiuta a crescere le produzioni agricole dei paesi membri con sostegni tecnici e pratici per migliorare il livello di vita delle popolazioni rurali. In sostanza la FAO combatte la fame nel mondo. La sede dell’organizzazione si trova a Roma. La FAO conta 191 paesi membri. L’iniziativa dell’organizzazione per combattere la fame era giusta, visto la grande crisi alimentare che colpì molte nazioni subito dopo la devastante guerra mondiale. Infatti, molti paesi sviluppati hanno oggi sconfitto la fame nei loro paesi, anche con il grande contribuito di questo organismo. Tuttavia, il problema che si pone è vedere ai giorni nostri, in molti paesi in via di sviluppo, una carenza alimentare. La fame colpisce ancora in maniera cronica più di 800 milioni di persone nel mondo tra cui, la maggior parte in Africa. L’economia agricola africana in realtà non si è veramente avviata. Nel grande continente, il budget accordato al Ministero dell’agricoltura è in molti paesi, il più basso tra tutti i fondi accordati ai vari dipartimenti ministeriali. Un paradosso per un continente che ha bisogno di un’agricoltura forte e moderna per potere avviare il suo processo di sviluppo. Uno delle tante ragioni che spiegano la povertà del contadino africano è il fatto che, i suoi prodotti non sono competitivi sul mercato internazionale come quelli dei suoi colleghi occidentali che beneficiano in molti casi, delle sovvenzioni accordate all’agricoltura dai loro governi.
La FAO, oltre al suo grande ruolo di combattere la fame nel mondo, dovrebbe anche nel suo statuto, indirizzare une vera politica agricola da far seguire ai paesi membri. Purtroppo, l’istituzione da un paio di anni è “malata”. La FAO è un gigantesco organismo che non svolge più concretamente la sua vera funzione. L’agenzia è paralizzata da una burocrazia spaventosa. Nonostante esistano più di 79 uffici regionali sparsi in tutto il mondo, le decisioni vengono sempre adottate nella sede principale di Roma. Inoltre, l’agenzia è minata da un soprannumero di impiegati. La FAO conta più di 3600 funzionari e più della metà sono incredibilmente impiegati solo nella sede centrale di Roma. Funzionari che pesano molto economicamente nel budget dell’organizzazione. Infatti, nell’esercizio di bilancio per il biennio 2008/2009, i paesi membri hanno contribuito per circa 930 milioni di dollari ( a cui vanno aggiunti oltre 800 milioni di donazioni volontare), tutto ciò per un totale di 1miliardo730 milioni di dollari. Solo il 29% e quindi meno di un terzo, cioè 501 milioni e 700 mille dollari vengono impiegati strettamente nell’alimentazione e nell’agricoltura, mentre i due terzi 71% cioè 1 miliardo 228 milioni e 300 mille dollari sono destinati per la gestione. Troppi dicono gli esperti!!! Come mai un’agenzia creata per sostenere i programmi contro la fame in molti paesi si ritrova ad utilizzare più della metà del suo budget solo per il suo funzionamento? I responsabili dell’organizzazione provano a giustificarsi, ribadendo che i fondi vengono utilizzati per i vari servizi: direzione generale, gestione della comunicazione, pagamenti dei funzionari ed altri settori più o meno definiti. In realtà, la FAO non importa più un granché ai paesi ricchi. Loro non hanno più veramente bisogno di questa organizzazione com’è stata in passato. La FAO è alla deriva ed abbandonata a se stessa. Si parla di piani di ristrutturazione, ma concretamente niente viene fatto. Molti dei funzionari che vivono per esempio a Roma, fanno una vita da signori, guadagnano tanto senza fare un bel niente. Ogni paese o dirigente influente dell’agenzia cerca di “parcheggiare” nell’organizzazione un suo connazionale, un parente od un amico! Questo triste meccanismo spiega il perché c’è un numero alto dei funzionari. In più, molti succursali esteri sono inutili e costituiscono solo dei buchi finanziari.
A Sessantaquattro anni dalla sua creazione nel 1945, la FAO si è trasformata in una miniera d’oro per i suoi funzionari, 64 anni di esistenza con programmi improduttivi in Africa. Una politica che ha provocato sempre di più la miseria dei contadini africani che non hanno più nessun speranza di vedere migliorare la loro vita! Contadini che non possono aspettare niente nemmeno dai loro governi corrotti ed inefficaci. Basta vedere le condizioni di misera nelle quali lavorano la maggior parte di essi per una produzione irrisoria ed insignificante! Per esempio, ci vuole circa un mese intero di lavoro con 10 ore al giorno sotto il sole con 40 gradi all’ombra ad un agricoltore africano per zappare solo con la forza delle sue mani un terreno di 1 ettaro (100 metri quadrati) per raccogliere dopo la semina, una magra produzione di 100 chilogrammi di granoturco; mentre il suo collega europeo impiegherebbe per un terreno analogo solo un paio d’ore con il suo trattore per una produzione finale di circa 12 tonnellate (12.000 chilogrammi) di granoturco. Per capirci meglio, occorrono 120 anni ad un agricoltore africano per produrre su un terreno di 1 ettaro, quello che produrrebbe in un anno il suo collega occidentale. Francamente questa si chiama miseria, sofferenza e povertà. Nel suo libro intitolato: l’Africa est mal Partie (l’Africa è partita male), l’Agronomo francese, Rene Dumont sottolinea che ci vogliono 35 anni di lavoro ad un contadino africano per guadagnare l’equivalente di solo un mese di stipendio percepito da un parlamentare africano!!! Le uniche colture attivate con tecniche moderne sono quelle destinate nella maggior parte dei casi all’esportazione: ananas, banane, avocado, cacao, cafè ecc. Vengono coltivate in molti casi, da grandi gruppi agro alimentari occidentali.
La FAO e i governi africani hanno fallito nelle loro politiche agricole. In alcuni paesi africani come per esempio in Sudan, Somalia, Eritrea, Zimbabwe, Etiopia, Ciad, Uganda, i governi locali debbono sempre aspettare gli aiuti alimentari provenienti dai paesi ricchi per sfamare le loro popolazioni. Che vergogna a 50 anni dall’indipendenza di molti paesi africani!!! Fortunatamente la guerra alla fame nel continente africano è combattuta oggi dalle ONG locali che collaborano con quelle straniere presenti nel territorio. Entrambe si adoperano ad insegnare agli agricoltori, le tecniche più evolute di coltivazione. Speriamo soltanto che le politiche corrotte ed incompetenti di molti paesi africani non ostacolino queste belle iniziative.
Forse ho sbagliato nella mia analisi? Ditemi voi!

Copiright @ jivis Tegno
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consumiamo troppa energia

È interessante vedere la Terra come un’enorme astronave che trasporta nello Spazio 7 miliardi di persone. La necessità energetica sull’astronave è in continuo aumento, sia perché cresce il numero dei passeggeri sia perché cresce la richiesta individuale. Questo incremento del fabbisogno costituisce un problema serio, perché l’energia necessaria per sostenere lo stile di vita dei passeggeri viene quasi totalmente ricavata dalle riserve energetiche dell’astronave, che sono in rapido esaurimento. L’astronave non è isolata e riceve continuamente energia dal Sole, una grande risorsa che però i passeggeri non sanno utilizzare sufficientemente. Per di più, sull’astronave si sono differenziate diverse classi di passeggeri: alcuni usano molta più energia di quanta ne sarebbe concessa loro dalle comuni norme etiche di uguaglianza e di rispetto reciproco.

Per migliorare la percezione dei quantitativi energetici richiesti dalle nostre azioni quotidiane e per meglio comprendere quanto queste ultime incidano sui bilanci energetici globali e quale sia la situazione di privilegio concessaci dalla disponibilità di energia a basso costo, si può paragonare l’energia consumata dalle macchine di uso comune con quella sviluppata dal lavoro di un essere umano, utilizzando la metafora degli schiavi energetici suggerita da N.Armaroli e V.Balzani (“La crisi energetica: sfida e opportunità”, pubblicato in La Chimica e l’Industria 7, 2006). Un uomo in buona salute può generare una potenza di circa 800 W per un tempo breve, ad esempio salendo di corsa una rampa di scale, ma in una attività continuativa che duri più ore non riesce a sviluppare una potenza superiore a circa 50 W. La giornata lavorativa di 10 ore di uno schiavo energetico, garantirà quindi la disponibilità di 500 Wh.

Alcuni esempi. Per tenere acceso un televisore, che richiede una potenza di circa 80 W, è necessario il lavoro continuativo di uno schiavo energetico e mezzo. Per il computer occorre una potenza di 150 W, vale a dire il lavoro di 3 schiavi. Una lavatrice di classe A (modello energeticamente più efficiente) per un lavaggio a 60 °C necessita di circa 800 W, equivalenti al lavoro di 16 schiavi. Per riscaldarsi con una stufa elettrica da 2,5 KW si utilizza l’energia generata dal lavoro di 50 schiavi. Se ci spostiamo usando un’auto di media cilindrata dotata di un motore da 80 KW, procedendo alla velocità di crociera utilizziamo il lavoro di 1.600 schiavi. Un Boeing 747 decolla utilizzando l’equivalente energetico del lavoro muscolare di 1.600.000 schiavi, l’intera popolazione di una città come Milano. L’alimentazione energetica di tutti gli stand-by statunitensi è sostenuta dal lavoro di 96.000.000 schiavi, circa una volta e mezza la popolazione dell’Italia.

All’energia necessaria per sostenere il funzionamento delle varie macchine si deve sommare quella impiegata nelle fasi di costruzione e nelle fasi di smaltimento. Anche la produzione di cibo richiede molta energia; ad esempio, se si considera l’investimento energetico complessivo del processo di allevamento, risulta che per produrre ogni chilogrammo di carne bovina sono necessari 70 KWh, una quantità di energia pari a quella generata in circa 140 giornate lavorative da 10 ore di uno schiavo energetico. In altri settori dell’agricoltura e dell’allevamento il rapporto fra energia contenuta nel prodotto ed energia consumata nella produzione è ancor più sfavorevole. Ci possiamo permettere questo deficit energetico perché il costo dell’energia oggi è basso: un litro di benzina costa sempre meno di un litro d’acqua minerale e ai prezzi attuali dell’energia elettrica la giornata lavorativa da 10 ore di uno schiavo energetico costa circa 0,05 Euro.

Tutto questo può dare una misura di quanta energia consumino i cittadini dei Paesi economicamente e tecnologicamente sviluppati e può far capire che in queste parti del mondo, a causa del suo bassissimo costo, l’energia viene usata anche quando non ce ne sarebbe bisogno, ovvero viene sprecata. Si può stimare che, in media, ogni cittadino statunitense per sostenere il proprio stile di vita necessiti del lavoro continuativo di circa 100 schiavi energetici. Per un cittadino italiano necessitano 30 schiavi energetici, dei quali 12 sono impiegati per soddisfare i fabbisogni elettrici. Uno statunitense consuma energia come 2 europei, 10 cinesi, 15 indiani, 30 africani: la popolazione mondiale è quindi suddivisa in classi molto diverse. E il numero degli abitanti del mondo sta aumentando, così come il divario fra ricchi e poveri. Ora sulla Terra vivono 6,5 miliardi di persone, ma la popolazione del pianeta potrebbe superare gli 8 miliardi nel 2025. I tassi di crescita demografica sono saliti vertiginosamente dalla fine della seconda guerra mondiale e dopo il picco del 2.1% raggiunto intorno al 1970, la crescita demografica mondiale annuale si è stabilizzata intorno all’1.3% a partire dal 1999. Tutti vogliono avere più energia: molti per un bisogno effettivo, collegato alla necessità di sviluppo delle loro nazioni povere e tecnologicamente arretrate; altri invece, cittadini delle nazioni ricche e tecnologicamente progredite, per sostenere ed aumentare lo stile di vita e gli sprechi ai quali sono abituati dalla nascita.

Oggi gli schiavi energetici sono garantiti dai combustibili fossili: la combustione di un litro di petrolio fornisce circa 1 KWh, vale a dire l’energia generata dal lavoro orario di circa 20 schiavi energetici; è facile capire come la società industriale si sia sviluppata grazie alla disponibilità del carbone prima e del petrolio poi. I combustibili fossili però non sono eterni e si sta andando verso la fine dell’era del petrolio e del metano economici. Queste riserve energetiche sono quindi contese dalle nazioni con tutti i mezzi, anche con la guerra, e i privilegi di cui godono pochi si appoggiano su una rete di ingiustizie che colpisce tanti.

Il problema dell’energia è emergente a livello locale e a livello planetario. Per rispettare il pianeta e garantire all’umanità un futuro energetico equilibrato ed equo, è necessaria una ristrutturazione che comporti sia un ridimensionamento degli stili di vita e un’ottimizzazione dei consumi energetici che riduca gli sprechi sia una trasformazione dei sistemi con i quali si ricava energia dall’ambiente che sia fondata sul passaggio dall’utilizzo delle riserve all’utilizzo delle risorse.

Certo, disporre di energia in qualsiasi momento è utile e comodo, ma per uscire dalla crisi energetica ed ecologica che si profila sempre più distintamente all’orizzonte è indispensabile puntare sul risparmio energetico e su una maggior efficienza nell’uso dell’energia. Un mito da sfatare è che la qualità della vita aumenti parallelamente alla quantità di energia che si può consumare. Questo è vero nei Paesi poveri, ma non nelle nazioni ricche, nelle quali semmai accade il contrario: al di sopra di una certa soglia, un consumo eccessivo porta ad inefficienza e a stress nella vita personale e in quella sociale. Le crisi energetiche delle nazioni ricche, quindi, andrebbero anzitutto affrontate con il risparmio e con l’aumento nell’efficienza energetica, non con la costruzione di impianti per produrre più energia. Chi ha veramente bisogno di più energia sono i miliardi di persone che vivono nei paesi in via di sviluppo o non sviluppati, non noi.

Nel contempo, è necessario svincolarsi progressivamente dall’uso dei combustibili fossili incentivando la ricerca delle migliori tecnologie per poter utilizzare l’energia che arriva con continuità dal sole, sia perché le riserve sono limitate – non rinnovabili se non in tempi geologici – sia perché il loro uso causa pesanti danni all’ambiente e al clima.

by Paolo Pazzaglia

Ani DiFranco

La questione è molto semplice: Ani è un MITO…semplicemente un MITO

Ani suona la chitarra e canta
ma
non si può contenere tutta Ani in questo piccolo “cassetto”…
Ai suoi concerti ho visto ragazzi prostrati sotto al palco, mamme che piangono, bambini che ballano, vecchie che cantano…
…personalmente alcune sue canzoni non le posso ascoltare perchè mi trovo inevitabilmente a piangere, altre mi risollevano la giornata qualsiasi cosa mi sia accaduta…comunque vada comunica…passa sempre energia…forte…diretta…come una iniezione direttamente nell’anima.
…da ragazzo mi sono proprio innamorato…volevo partire per cercarla e dirLe che l’amavo… 🙂
Una sera d’estate ho “trascinato” mio nonno Roberto (colto DJ ed appassionato di musica da tutta la vita) a vederla…è uscito coi capelli dritti dicendo: “…questa a Madonna ci piscia in bocca!”.

Ani è una artista con una urgenza comunicativa straripante, un’animale da palcoscenico (è sempre in turnè). …sensibile, affettuosa, innamorata, forte, vera, sincera, ispirata, illuminata, riconoscente, consapevole…

Ani è più rock dei Pink Floyd
Ani è più poetica di Neruda

Ani è ESTREMAMENTE prolifica…una volta è salita sul palco coi testi delle sue (scrive TUTTO lei…anche le musiche) canzoni e timidissima s’è scusata dicendo…”inizio a fare confusione tra le canzoni…sono troppe…dovrei smettere ma non riesco”.
Da quando ha 20 anni tira fuori uno o due album all’anno: Ad oggi ha edito 19 studio album!!! ed 12 live (di cui molti doppi)!!!
A 15 anni è andata a vivere da sola mantenendosi con la musica e a 17 anni con 50$ ha fondato la “Righteous Babe Records” la casa discografica con cui incide tutt’ora.
COMPLETAMENTE INDIPENDENTE.

Andatela a vedere live…e andateci almeno due o tre volte perchè è uno spettacolo sempre diverso…una volta sono in 8 musicisti, una volta è da sola, una volta si porta dietro un’orchestra intera!
Se vi siete incuriositi…e volete vederla e sentirla…ecco qui una piccolissima selezione secondo me:
Shy…la canzone da cui tutto il mio amore per lei è iniziato…un pezzo molto rock…un giro di chitarra assolutamente perfetto…ipnotico…questa è la Ani energetica!
Napoleon…ancora Ani rock…
Both Hands…la sua magnifica “prima” canzone…rifatta in mille modi diversi…la mia versione preferita (quella con l’orchestra) però non l’ho trovata… 🙁
poi c’è la Ani drammatica emozionante:
School Night…questa è senza dubbio la mia preferita…ma è una di quelle che posso ascoltare poco…è magnifica ma fa troppo male…come dice lei alla fine: “this is the price that we pay for the privilege of living for even a day in a world with so many things worth believing in”…forse…

…forse QUESTA è la vita…

CoachSurfing.org: un letto gratis ovunque tra amici

Una idea semplice ed efficace…un sito ben organizzato…basta iscriversi…funziona con il sistema dei feedback (come ebay) ed è molto affidabile…
visita il sito

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