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I Fiumi

I FIUMI
Cotici il 16 agosto 1916

Mi tengo a quest’albero mutilato
Abbandonato in questa dolina
Che ha il languore
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo
E guardo
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla luna

Stamani mi sono disteso
In un’urna d’acqua
E come una reliquia
Ho riposato

L’Isonzo scorrendo
Mi levigava
Come un suo sasso
Ho tirato su
Le mie quattro ossa
E me ne sono andato
Come un acrobata
Sull’acqua

Mi sono accoccolato
Vicino ai miei panni
Sudici di guerra
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere
Il sole

Questo è l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universo

Il mio supplizio
È quando
Non mi credo
In armonia

Ma quelle occulte
Mani
Che m’intridono
Mi regalano
La rara
Felicità

Ho ripassato
Le epoche
Della mia vita

Questi sono
I miei fiumi

Questo è il Serchio
Al quale hanno attinto
Duemil’anni forse
Di gente mia campagnola
E mio padre e mia madre.

Questo è il Nilo
Che mi ha visto
Nascere e crescere
E ardere d’inconsapevolezza
Nelle distese pianure

Questa è la Senna
E in quel suo torbido
Mi sono rimescolato
E mi sono conosciuto

Questi sono i miei fiumi
Contati nell’Isonzo

Questa è la mia nostalgia
Che in ognuno
Mi traspare
Ora ch’è notte
Che la mia vita mi pare
Una corolla
Di tenebre

Giuseppe Ungaretti, I Fiumi (in “L’Allegria”), 1931

Tematica duplice ne I fiumi, una celebre poesia che compare nella raccolta “L’Allegria” (1931) in cui Giuseppe Ungaretti rievoca, con i propri ricordi personali, i fiumi che li hanno attraversati.

 

 

Il primo tema è il recupero del passato attraverso la memoria e il secondo tema è il ristabilimento di un rapporto di armonia con il creato, che l’esperienza della guerra sembra aver infranto. Bagnandosi nelle acque dell’Isonzo, il poeta ha la sensazione di essere in piena sintonia con l’universo e con sé stesso. Ciò l’induce a ripensare a tutti i fiumi che ha conosciuto, simbolo delle diverse tappe della sua vita: il Serchio, legato alle vicende dei suoi avi, il Nilo, che lo ha visto crescere negli anni della fervida giovinezza egiziana, La Senna, che ha accompagnato la sua maturazione durante il periodo parigino» (Marzio Dardano I testi, le forme, la storia, Palombo editore pagina 789).

Nella prima parte della poesia il poeta descrive sè stesso immerso nella sua condizione esterna, ambientale, presso una dolina, [una formazione tipica del paesaggio carsico, una cavità di forma approssimativamente circolare che si è creata ad opera dell’acqua che scorre o precipita sulla roccia calcarea ndr.]. Quindi descrive il suo stato d’animo di reduce dalla guerra. Disteso nel letto del fiume Isonzo si sente come una reliquia, un frammento superstite – e pertanto maggiormente prezioso – di un resto mortale, si sente come uno dei sassi levigati su cui cammina con movenze d’acrobata, sotto il sole, il cui calore benefico riceve con la stessa familiarità di un beduino.

Ora affidato alle “mani” amorevoli dell’Isonzo il poeta si riconosce parte dell’universo, cosciente che il suo rammarico è frutto sempre di una disarmonia con il creato. Le acque del fiume lo lavano e lo purificano e gli danno una rara innocente felicità. Ungaretti rammenta i fiumi che hanno accompagnato la sua vita. Il Serchio, fiume della toscana, dove ha attinto l’acqua la sua stirpe. Il Nilo, che lo ha visto nascere e crescere adolescente. La Senna, il fiume di Parigi, dove il poeta ha conosciuto se stesso. Il ricordo di questi fiumi affolla la memoria nostalgica dell’uomo, ora che la sua vita è oscura e che sembra una collana di tenebre, perché «le tenebre della notte evocano l’immagine di una vita piena di incognite, racchiusa in un cerchio oscuro di timori e di presagi di morte» (Maurizio Dardano) .

 

 

 

 

Se questo è un uomo

Auschwitz

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

(Primo Levi, Se questo è un uomo, 1947)

Ani DiFranco

La questione è molto semplice: Ani è un MITO…semplicemente un MITO

Ani suona la chitarra e canta
ma
non si può contenere tutta Ani in questo piccolo “cassetto”…
Ai suoi concerti ho visto ragazzi prostrati sotto al palco, mamme che piangono, bambini che ballano, vecchie che cantano…
…personalmente alcune sue canzoni non le posso ascoltare perchè mi trovo inevitabilmente a piangere, altre mi risollevano la giornata qualsiasi cosa mi sia accaduta…comunque vada comunica…passa sempre energia…forte…diretta…come una iniezione direttamente nell’anima.
…da ragazzo mi sono proprio innamorato…volevo partire per cercarla e dirLe che l’amavo… 🙂
Una sera d’estate ho “trascinato” mio nonno Roberto (colto DJ ed appassionato di musica da tutta la vita) a vederla…è uscito coi capelli dritti dicendo: “…questa a Madonna ci piscia in bocca!”.

Ani è una artista con una urgenza comunicativa straripante, un’animale da palcoscenico (è sempre in turnè). …sensibile, affettuosa, innamorata, forte, vera, sincera, ispirata, illuminata, riconoscente, consapevole…

Ani è più rock dei Pink Floyd
Ani è più poetica di Neruda

Ani è ESTREMAMENTE prolifica…una volta è salita sul palco coi testi delle sue (scrive TUTTO lei…anche le musiche) canzoni e timidissima s’è scusata dicendo…”inizio a fare confusione tra le canzoni…sono troppe…dovrei smettere ma non riesco”.
Da quando ha 20 anni tira fuori uno o due album all’anno: Ad oggi ha edito 19 studio album!!! ed 12 live (di cui molti doppi)!!!
A 15 anni è andata a vivere da sola mantenendosi con la musica e a 17 anni con 50$ ha fondato la “Righteous Babe Records” la casa discografica con cui incide tutt’ora.
COMPLETAMENTE INDIPENDENTE.

Andatela a vedere live…e andateci almeno due o tre volte perchè è uno spettacolo sempre diverso…una volta sono in 8 musicisti, una volta è da sola, una volta si porta dietro un’orchestra intera!
Se vi siete incuriositi…e volete vederla e sentirla…ecco qui una piccolissima selezione secondo me:
Shy…la canzone da cui tutto il mio amore per lei è iniziato…un pezzo molto rock…un giro di chitarra assolutamente perfetto…ipnotico…questa è la Ani energetica!
Napoleon…ancora Ani rock…
Both Hands…la sua magnifica “prima” canzone…rifatta in mille modi diversi…la mia versione preferita (quella con l’orchestra) però non l’ho trovata… 🙁
poi c’è la Ani drammatica emozionante:
School Night…questa è senza dubbio la mia preferita…ma è una di quelle che posso ascoltare poco…è magnifica ma fa troppo male…come dice lei alla fine: “this is the price that we pay for the privilege of living for even a day in a world with so many things worth believing in”…forse…

…forse QUESTA è la vita…

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