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Portella della Ginestra: la prima vera strage di Stato

strage piana albanesi

Portella della Ginestra viene considerata la prima vera strage di Stato, la più lontana nel tempo ma tuttavia tutt’ora senza mandanti.
Sulla strage del 1° maggio 1947 dove morirono 11 persone e non credo si possano censire i feriti, il segreto di Stato resta

Erano oltre duemila i lavoratori e i membri delle loro famiglie che quel 1° maggio del ‘47 si trovavano a Piana degli Albanesi, nella zona di Portella, a festeggiare e a manifestare contro il latifondismo e contro l’oppressione dei gabellotti.
Spararono nascosti fra le rocce, da vigliacchi, su chi chiedeva la dignità del lavoro, su chi non riusciva a sfamare i propri figli nonostante si spaccasse la schiena sui terreni dei nobili e dei mafiosi.
Si sparò alla cieca su donne, uomini, bambini, vecchi.
Molto si è detto nel corso degli anni riguardo alla : che l’esecutore fu  Salvatore Giuliano su mandato dei signori delle terre, che ci fu un accordo fra i servizi segreti americani e i latifondisti, ma la tesi più accreditata è che poteri dello Stato scesero a patti con degli assassini mercenari.
Qualunque sia stata la matrice se c’è un segreto di Stato vuol dire che qualcuno qualcosa da dire ce l’avrebbe ed è il momento, finalmente, di parlare.

Carlo Ruta, giornalista preparato su questi temi, ha scritto:
«sugli scenari che si aprirono con Portella della Ginestra, alcuni quesiti rimangono aperti ancora oggi: fino a che punto quegli eventi tragici videro realmente delle correità di Stato?
E quali furono al riguardo le effettive responsabilità, dirette e indirette, di taluni personaggi chiamati in causa per nome dai banditi e da altri?
Fra l’oggi e quei lontani avvenimenti vige, a ben vedere, un preciso nesso.
Nel pianoro di Portella venne forgiato infatti un peculiare concetto della politica che giunge in sostanza sino a noi».

A parte per qualche film sul bandito Giuliano (alcuni dei quali tratti da ricostruzioni storiche alquanto discutibili), del 1° maggio ’47 e di quella festa del lavoro macchiata di sangue e morte non si parla più.
Ma è successo, quei nomi sono scolpiti nella pietra del memoriale e come le altre vittime di stragi senza colpevoli, ci chiedono giustizia.
Se capitate in Sicilia, per vacanza o per lavoro, passate da Piana degli Albanesi. Lì potrete parlare con dei sopravvissuti. Persone che da 67 anni chiedono ad ogni politico, parlamentare o capo di Stato che sia (ricordo il loro incontro del 2012 con Giorgio Napolitano) i nomi dei mandanti. Parlano con i ragazzi e provano a spiegare loro cos’è la dignità, quanto è importante la scuola, di come devono compiere i loro doveri ma rivendicare i propri diritti.

Da 67 anni e con un segreto di Stato come un macigno, un muro invalicabile verso la verità, ricordano quelle 11 vittime della strage di Portella della Ginestra – 1°maggio 1947

Giovanni Megna (18 anni)
Vito Allotta (19 anni)
Serafino Lascari (15 anni)
Filippo Di Salvo (48 anni)
Giuseppe Di Maggio (13 anni)
Castrense Intravaia (18 anni)
Giovanni Grifò (12 anni)
Vincenza La Fata (8 anni)
Margherita Clesceri (incinta)
Giorgio Cusenza
Francesco Vicari

Articolo copiaincollato da “???”…link originale perduto.

I Fiumi

I FIUMI
Cotici il 16 agosto 1916

Mi tengo a quest’albero mutilato
Abbandonato in questa dolina
Che ha il languore
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo
E guardo
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla luna

Stamani mi sono disteso
In un’urna d’acqua
E come una reliquia
Ho riposato

L’Isonzo scorrendo
Mi levigava
Come un suo sasso
Ho tirato su
Le mie quattro ossa
E me ne sono andato
Come un acrobata
Sull’acqua

Mi sono accoccolato
Vicino ai miei panni
Sudici di guerra
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere
Il sole

Questo è l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universo

Il mio supplizio
È quando
Non mi credo
In armonia

Ma quelle occulte
Mani
Che m’intridono
Mi regalano
La rara
Felicità

Ho ripassato
Le epoche
Della mia vita

Questi sono
I miei fiumi

Questo è il Serchio
Al quale hanno attinto
Duemil’anni forse
Di gente mia campagnola
E mio padre e mia madre.

Questo è il Nilo
Che mi ha visto
Nascere e crescere
E ardere d’inconsapevolezza
Nelle distese pianure

Questa è la Senna
E in quel suo torbido
Mi sono rimescolato
E mi sono conosciuto

Questi sono i miei fiumi
Contati nell’Isonzo

Questa è la mia nostalgia
Che in ognuno
Mi traspare
Ora ch’è notte
Che la mia vita mi pare
Una corolla
Di tenebre

Giuseppe Ungaretti, I Fiumi (in “L’Allegria”), 1931

Tematica duplice ne I fiumi, una celebre poesia che compare nella raccolta “L’Allegria” (1931) in cui Giuseppe Ungaretti rievoca, con i propri ricordi personali, i fiumi che li hanno attraversati.

 

 

Il primo tema è il recupero del passato attraverso la memoria e il secondo tema è il ristabilimento di un rapporto di armonia con il creato, che l’esperienza della guerra sembra aver infranto. Bagnandosi nelle acque dell’Isonzo, il poeta ha la sensazione di essere in piena sintonia con l’universo e con sé stesso. Ciò l’induce a ripensare a tutti i fiumi che ha conosciuto, simbolo delle diverse tappe della sua vita: il Serchio, legato alle vicende dei suoi avi, il Nilo, che lo ha visto crescere negli anni della fervida giovinezza egiziana, La Senna, che ha accompagnato la sua maturazione durante il periodo parigino» (Marzio Dardano I testi, le forme, la storia, Palombo editore pagina 789).

Nella prima parte della poesia il poeta descrive sè stesso immerso nella sua condizione esterna, ambientale, presso una dolina, [una formazione tipica del paesaggio carsico, una cavità di forma approssimativamente circolare che si è creata ad opera dell’acqua che scorre o precipita sulla roccia calcarea ndr.]. Quindi descrive il suo stato d’animo di reduce dalla guerra. Disteso nel letto del fiume Isonzo si sente come una reliquia, un frammento superstite – e pertanto maggiormente prezioso – di un resto mortale, si sente come uno dei sassi levigati su cui cammina con movenze d’acrobata, sotto il sole, il cui calore benefico riceve con la stessa familiarità di un beduino.

Ora affidato alle “mani” amorevoli dell’Isonzo il poeta si riconosce parte dell’universo, cosciente che il suo rammarico è frutto sempre di una disarmonia con il creato. Le acque del fiume lo lavano e lo purificano e gli danno una rara innocente felicità. Ungaretti rammenta i fiumi che hanno accompagnato la sua vita. Il Serchio, fiume della toscana, dove ha attinto l’acqua la sua stirpe. Il Nilo, che lo ha visto nascere e crescere adolescente. La Senna, il fiume di Parigi, dove il poeta ha conosciuto se stesso. Il ricordo di questi fiumi affolla la memoria nostalgica dell’uomo, ora che la sua vita è oscura e che sembra una collana di tenebre, perché «le tenebre della notte evocano l’immagine di una vita piena di incognite, racchiusa in un cerchio oscuro di timori e di presagi di morte» (Maurizio Dardano) .

 

 

 

 

Dee Caffari

Il 20 novembre 2005 Dee issa randa e fiocco, poggia un pò, guarda l’orizzonte a prua e si lascia Portsmouth alle spalle.
Dee ha 32 anni ed è la sua “prima volta” in barca a vela.
178 giorni e 29’000 miglia (= 54’000 [km]) dopo, ad aspettarla in banchina c’era la mamma assieme alla principessa e altre migliaia di persone!

…la vita di Dee non sarà mai più la stessa…e anche il mondo della marineria è cambiato per sempre!

Dee Caffari è la prima donna (e per il momento l’unica!) ad aver completato il giro del mondo a vela da sola senza scali e nel verso “sbagliato” (Dee ha infatti scelto la direzione più difficile, quella contro i venti dominanti).
Come lei solo altri quattro uomini hanno vissuto questa incredibile impresa (!!!…sulla Luna ci sono andati in 12!!!).

LINKS:
visita il sito di Dee
la paginetta wiki di Dee
l’articolo della BBC News dell’impresa
un video ispiratore della Caffari prima di diventare “famosa”

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