Ecco le ragioni nascoste della nuova tensione razziale tra Bianchi e Neri nel paese di Nelson Mandela

L’assassinio di Eugene Terre Blanche sabato scorso, bianco e leader di estrema destra, fondatore del Movimento di resistenza afrikaner (AWB) ha fatto risorgere nella memoria dei sudafricani, lo spettro dell’apartheid in Sudafrica!
La repubblica del Sud Africa si trova all’estremità australe del continente africano, ha una popolazione di circa 49 milioni di abitanti composta per il 79% da neri, il 9,5% da bianchi, il 8,9% da mulatti e per il 2,6% da indiani. Tuttavia bisogna sottolineare che i bianchi che vivono oggi in Sud Africa sono nella maggior parte dei casi discendenti dei primi migranti bianchi originari dell’Europa e che erano composti per il 60% da Francesi, Tedeschi e Olandesi chiamati Boeri o Afrikaners che arrivarono nel 1652 stabilendosi nella regione del Capo. Essi svilupparono loro lingua chiamata Africaans. Il restante 40% dei primi migranti furono per la maggior parte Britannici, ma anche una minoranza di Portoghesi.
Per molti anni, questo paese è stato amministrato da soli bianchi che avevano instaurato una politica di segregazione verso altre razze, soprattutto verso i neri. Le prime leggi razziali furono adottate nel 1910 e la parola Apartheid fu pronunciata pubblicamente nel 1917 e significa in lingua Afrikaans: tenere da parte! Di fronte a questa politica razzista, i neri fondarono nel 1912 la South African Native National Congress ( SANNC ) che diventerà nel 1923 l’African National Congress (ANC) con lo scopo di difendere i diritti e le libertà della maggioranza nera in Sudafrica. Nelson Mandela e suoi compagni di lotta Walter Sisulu e Olivier Tambo creano nel 1944 la lega giovanile dell’ANC che assicurò più tardi un ricambio generazionale tra la vecchia e la nuova classe dirigente. Mandela e suoi compagni intrapresero in un primo momento la politica della non – violenza come arma per combattere l’Apartheid. L’abbandonarono rapidamente per la sua inefficacia, adottando successivamente la lotta armata tramite “Umkhonto we Siswe” l’ala militare dell’ANC. I loro obbiettivi furono principalmente i sabotaggi degli impianti militari. Mandela fu arrestato nel 1963 e condannato nel 1964 ai lavori forzati ed all’ergastolo.
Prima della condanna di Mandela, molte furono le politiche intraprese contro i neri come la Famosa “Native Land Act” che espropriò i neri delle loro terre e li parcheggiò in seguito nelle riserve. Poi ci furono nel 1923 le “Native Urban Areas Act” che introdussero le segregazioni residenziali nelle città. Ci furono ugualmente molti casi di violenza di massa come per esempio quando fu deciso di sostituire il 16 giugno 1976 l’inglese nelle scuole con l’Afrikaans. La protesta degli studenti provocò più di 1000 morti a Soweto.
Di fronte a tutte queste politiche, la comunità internazionale cominciò a sanzionare lo stato Sudafricano, nell’obiettivo di costringere le autorità a mettere fine a questa disumana e umiliante politica. Ma è soprattutto il Presidente Sudafricano di allora, Federick De Klerk eletto nel 1989 ad intraprendere le vari riforme per abolire l’Apartheid. Nel 1990, molti leggi dell’Apartheid furono abolite, l’ANC e il Partito Comunista legalizzati, Nelson Mandela liberato l’11 febbraio dopo 27 anni di prigionia. Nel 1991, furono abolite le ultime leggi!
Quando Madiba ( come viene chiamato Mandela nella sua lingua Xhosa ) vinse le elezioni presidenziali nel 1994, i neri videro nel personaggio, l’uomo che avrebbe potuto mettere fine alle loro miserie. È vero la situazione economica dei neri era disastrosa e la disoccupazione colpiva circa 8 neri su 10. Rapidamente Nelson Mandela intraprese una politica “d’affirmative action” o “affermative aksie” ( discriminazione positiva ). Una politica che aveva come obbiettivo quello di promuovere ed inserire i neri, maggioritari della popolazione nei vari settori del paese come l’amministrazione e i servizi pubblici. Tuttavia, bisogna menzionare che per secoli, i neri per colpa di una politica d’Apartheid furono totalmente esclusi dal tessuto economico e politico del paese. La nuova politica intrapresa da Mandela permise la nascita di una ristretta classe media tra la popolazione nera chiamata i “Black diamonds” che guadagnano circa 6000 rand ( 520 euro) al mese. Ma fu anche l’avvenimento sulla scena economica del “Black Economic Empowerment” ( Politico d’integrazione economica dei neri ) con l’arrivo sulla scena di qualche uomo d’affari come per esempio Patrice Motsepe il potente capo degli industriali sudafricani e di Cyrill Ramaphosa che opera nella comunicazione. Tuttavia, il problema più difficile per Mandela era la riforma agraria. Recuperare cioè il 30% delle terre agricoli ai farmers ( agricoltori ) bianchi e ridarle entro il 2014 ai neri ai quali furono espropriate con le vari leggi durante l’Apartheid. Operazione complicata e molto difficile. Come fare senza danneggiare il tessuto economico e soprattutto l’agricoltura? Ci sono 50.000 farmers in Sudafrica. L’esempio ha dimostrato dopo come questa politica applicata selvaggiamente e frettolosamente abbia potuto provocare soltanto carenza alimentare, fame e miseria nello Zimbabwé del presidente Robert Mugabe. Mandela ha preferito fare le cose con cautela. La sua Politica fu proseguita da Thabo Mbeki il suo successore alla guida del paese e di Jacob Zuma attuale presidente Sudafricano. Finora, i risultati di questa politica non rispecchiano le aspettative previste. Dal 1994, solo 3,6% delle terre coltivabili sono state attribuite ai neri. È quasi impossibile raggiungere il 30% entro il 2014. I Farmers controllano ancora più del 80% delle terre coltivabili! Tuttavia, molti di loro, per paura di vedere diminuire i loro spazi agricoli, hanno acquistato terre in dodici paesi africani.
Molti neri Sudafricani avevano pensato che il cambiamento della classe politica con il loro arrivo al commando avrebbe migliorato magicamente le loro condizioni. Ma dopo 16 anni, le cose non sembrano essere migliorate. C’è ancora tanta miseria tra i neri come nel resto della popolazione. La disoccupazione colpisce più del 40% della popolazione nera, la classifica resa nota dall’Indice di sviluppo Umano (HDI) tra 1990 e 2005 sottolinea che la popolazione Sudafricana che vive sotto la soglia di povertà è raddoppiata passando da 1,9 milioni a 4,2 milioni. Più del 43% della popolazione vive con meno di 3600 rands ( 260 euro) all’anno e più del 40% delle città sudafricane sono ancora costituite da Townships ( ghetti che si trovano alle porte delle principali città sudafricane e dove vivono maggiormente ammucchiati i neri in condizioni disumane ). Altro dato allarmante sono i 5,7 milioni di Sudafricani colpiti dal virus dell’ HIV. Inoltre, il paese ha un tasso di criminalità tra i più elevato al mondo!
Tutte queste triste situazioni tra miserie e disoccupazione hanno deluso i neri che si sono accaniti sui poveri lavoratori immigrati colpevoli di “rubare” loro il lavoro. Risultato più di 100 immigrati massacrati nel maggio del 2008. Una vera violenza xenofoba.
D’altra parte, bisogna sottolineare che 1148 farmers sono stati assassinati dal 1990 fino ad oggi! Per un paese che si dice ufficialmente in pace, non si può parlare di casi isolati con tutti questi omicidi. L’assassinio di Eugène Terre Blanche un altro farmer, da parte di due dei suoi lavoratori neri ha risollevato le vecchie tensioni razziali. La situazione è molto tesa tra i vari gruppi estremisti: da una parte i bianchi fiancheggiatori del Partito della supremazia bianca e fautori della segregazione e dell’altra parte i nostalgici e radicali neri del partito al potere ( ANC), che vogliono combattere contro i bianchi come ai tempi dell’Arpartheid, quando ormai, il paese è riconciliato con il suo passato e con tutti i suoi figli! Il messaggio razzista di Julius Malema, presidente della lega della Gioventù dell’ANC, che rievocava il diritto di cantare di nuovo un vecchio canto popolare usato al tempo dell’Apartheid e che incitava ad ammazzare i farmers o boeri, ha certamente influenzato molto la mano degli assassini di Eugene Terre di Blanche.
Oltre a dovere risolvere i gravi problemi di cui soffre oggi il grande gigante sudafricano, le autorità della prima potenza economica del continente africano hanno bisogno più che mai di tutte le forze vive della nazione per continuare lo sviluppo di questo bel paese. Tutto ciò senza escludere né privilegiare totalmente una razza sulle altre come fu nel passato con l’Apartheid. Questa è la sfida che dovrebbe affrontare non solo Jacob Zuma l’attuale presidente, ma anche i suoi futuri successori.
Forse ho sbagliato nella mia analisi? Ditemi voi!!!

Copiryth © Jivis Tegno
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EMILY BRONTË: un’insana pessimista?

  1. cassandra

    Penso che il destino dell’Africa e così del sud Africa dipenda dal destino del mondo.
    Non possiamo più parlare di singoli paesi distaccati da tutto il contesto mondiale.
    L’ultima crisi mondiale ha colpito duramente lo stesso continente africano.
    La globalizzazione tanto all’inizio reclamizzata come l’unico modo per poter sopravvivere, più che un fenomeno positivo, si è trasformata velocemente in un fenomeno negativo di annientamento delle diversità, a favore di un’economia, che favorisce solo grandi multinazionali e banche. E queste ultime chiaramente pensano esclusivamente ai loro interessi, senza badare né ai diritti delle persone, né tanto meno dell’ambiente.
    Gli alti valori umani che hanno fatto sì che Nelson Mandela fosse Nelson Mandela, sono stati soppiantati a poco a poco dai valori del PIL.
    E il PIL è così entrato nella nostra cultura che è diventato parte di noi stessi, tanto che a me sembra siano sempre più dilaganti aridità, superficialità e cinismo.
    Persone come Nelson Mandela sono considerate oggi, se va bene, degli illusi; se va male, dei solenni cretini nell’avere sacrificato la vita per degli ideali.
    Di questo passo, forse, solo quando tutto sarà distrutto, potremmo risorgere nella nostra umanità più ricca ed elevata, ma per vivere che cosa?

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