“il discorso dello schiavo” di Silvano Agosti

Un discorsino chiaro e semplice che aiuta a mettere ordine nei pensieri…
breve ma forte.
Consiglio vivamente di ascoltarlo bene…è un bell’invito a riflettere sullo stato della nostra società…

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11 commenti

  1. robyars

    I miei nonni e zii contadini toscani,dico toscani,fino a non molto tempo fà,lavoravano tutti i giorni dall’alba al tramonto ed i loro raccolti sottostavano alle variabilità climatiche,alle malattie delle piante,e poi c’erano le epidemie degli animali, nonchè le proprie malattie trascurate e mal curate.Non avrebbero mai creduto che in pochi decenni si sarebbe lavorato 36/38 ore alla settimana,sabati e domeniche esclusi,ferie festività varie e permessi riconosciuti.Nonostante quel tipo di vita,per loro il lavoro era un valore oltre che il mezzo per sopravvivere,non c’era peggior offesa che sentirsi chiamare fannullone.Forse nella loro ignoranza non peccavano di antropocentrismo vedendosi come esseri meravigliosi e miracolosi,ed essendo atei non subivano l’anatema biblico del “vivrai col sudore della fronte” concetto talmente diseducativo da contribuire a questa distorta valutazione del lavoro.E’un impoverimento culturale,esistenziale non vedere il lavoro come un ambiente nel quale l’uomo esprime al meglio la propria energia creativa,le conoscenze,la passione.Forse è sufficiente non avere queste qualità per rifugiarsi in un nichilismo generalizzato utile ad argomentare il proprio smarrimento.La citazione su Van Gogh infatti appare indicativa, anche l’arte non mi sembra ben compresa in questa analisi.

  2. robyars

    Per concludere:”Non lamentatevi. Lavorate più duramente. Non cedete. ” Randy Pausch

  3. Sì…esatto,
    proprio in questa straordinaria novità si piazza la questione di qui sopra.

    Fino a “5 minuti fa”, TUTTA l’umanità era (con naturale semplicità), obbligata a lavorare solo ed esclusivamente per mangiare, per sopravvivere fisicamente.
    Oggi è ancora così. Ma non più per tutti.
    Oggi una piccola percentuale di umanità (circa il 20%) vive una novità ASSOLUTA: l’avanzo.
    L’efficienza produttiva è talmente cresciuta, conseguentemente alla tecnologia delle macchine, da permettere a un uomo (se è tra quei 20 su 100) di produrre molto di più di quel che consuma.
    …quindi…l’avanzo:
    avanza tempo, avanza denaro, avanza energia, avanza cibo, avanza tutto…

    La questione, secondo me, è proprio questa…cosa fare di questo avanzo?!?

    MAGNIFICAMENTE ciascuno ne farà quel che maggiormente desidera
    ma
    ritengo sia DOVEROSO operare scelte: CONSAPEVOLI e RESPONSABILI,
    che siano personali e soggettive (e non “tele-capronicamente-indotte”).
    Quindi, se uno desidera spendere il suo avanzo per lavorare per far soldi per comprarsi il SUV…benvenga…se è una scelta LIBERA, CONSAPEVOLE e…RESPONSABILE.

    …nel rispetto dei nonni toscani di “robyars” che, appunto, questa libertà di scelta, purtroppo, non hanno mai avuto e nel rispetto di quell’80% di cittadini del mondo che tutt’oggi questa libertà non hanno.

  4. robyars

    Nell’epoca della “condivisione” non trovo condiviso il concetto di lavoro come valore, questo è il punto della mia osservazione. Non è escluso che tra le conseguènze dell'”avanzo”ci sia anche il lusso di divulgare un disvalore diseducativo.Ognuno si permette i lussi che crede purchè sia una scelta RIFLETTUTA, CONSAPEVOLE ….RESPONSABILE.

  5. thalia

    Condivido pienamente le considerazioni e le esortazioni di robyars. Il lavoro non ci rende affatto schiavi, ci nobilita piuttosto, se siamo capaci di vederlo e viverlo come la più grande e preziosa occasione che la vita ci offre per esprimere noi stessi al meglio. tutto questo comporta un impegnativo, a volte doloroso, sforzo verso una presa di coscienza di se stessi, delle proprie capacità e soprattutto delle proprie responsabilità. in una parola: uno sforzo di consapevolezza. come i nonni di robyars ce ne sono stati tanti e noi, uomini della fetta di mondo che vive nel benessere, dobbiamo moltissimo a queste persone! anche i miei nonni e bisnonni hanno sempre lavorato moltissimo e non hanno mai, neanche per un momento, pensato che tutto quello che facevano potesse togliere loro la vita e non hanno mai, neanche per un momento, vissuto come schiavi!
    oggi io, fortunatissima figlia di questa stirpe di nobilissimi lavoratori (grazie a loro ho potuto raggiungere livelli di istruzione e consapevolezza che proprio a loro sono stati del tutto preclusi) ritengo sia doveroso, oltre che vitale e bellissimo, aver trasformato la mia vita nel mio lavoro e aver convogliato in esso tutte le mie più grandi passioni.

    P.S.:Vi riporto un breve racconto: il mio bisnonno cominciò a lavorare nei campi all’età di cinque anni. da grande diventò uno di quei manovali, come tanti ce ne furono in italia nei primi anni del ‘900, che costruivano le ferrovie. quando tornava a casa dopo una giornata di lavoro, continuava a lavorare nei campi. era un uomo di incredibile energia, entusiasmo e buon umore. non è mai andato a scuola ma ha comunque imparato da solo a leggere e scrivere. in vecchiaia, ultra ottantenne e ormai costretto a rimanere a letto, si divertiva a fare il conto dei giorni, ore, minuti e secondi che aveva vissuto tracciando i suoi calcoli in quello spazio bianco lungo il perimetro che circonda il quotidiano, giornale che leggeva tutte le mattine!

  6. robyars

    Vedo l’occasione di entrare nel personale e vorrei approfittare per rendere omaggio alla memoria di mio zio Quinto,quinto su sette,figlio di un carbonaio nato e vissuto in un bosco dal quale ne uscì per il servizio militare durante il quale imparò a leggere scrivere e far di conto,a riparare apparecchi elettrici,a fare l’infermiere,il barbiere,imparò a suonare diversi strumenti musicali. Attività che continuò a praticare per tutta la vita nel riconoscimento e nel rispetto di tutto il vicinato,oltre alle mansioni di contadino.Alle prime luci dell’alba si scagliava sull’aia, si guardava un attimo intorno e cominciava la sua giornata che si concludeva al tramonto con la cura dell’orto.Un fazzoletto di terra davanti casa all’ombra di un gelso a fianco del pozzo.Annaffiando,potando,raccoglieva quello che era maturato tra ieri e oggi e quella era la cena. Quell’orto,oltre ad essere bello (land art),produceva i vegetali necessari per una famiglia per tutto l’anno, frutta compresa e fiori per il camposanto compresi. La domenica mattina, portoncino e finestra aperta sull’aia apriva la cassetta di legno da barbiere, e gli uomini con l’abito scuro, la camicia bianca,sulle biciclette nere col manubrio alto aspettavano il loro turno parlando della stagione dei raccolti dell’ultimo vitello nato.Onore e gloria all’immensa conoscenza, passione, identificazione che questa cultura rappresenta.

    Piango questo nichilismo,cinismo disperato che si smarrisce in considerazioni consequenziali e non trova dentro sè stesso il gusto della costruzione.
    Anche questa è povertà.

  7. RINGRAZIO “robyars” per questa magnifica dedica allo “zio Quinto” e “thalia” per avermi portato vicino al “bisnonno”.
    Ho così potuto “assaggiare” quelle vite così differenti dalla mia (nonostante l’incredibile vicinanza spazio-temporale).

    Noto una cosa…manifesta in entrambe i casi:
    avete raccontato gli UOMINI…il loro carattere, la loro energia, le loro capacità, la loro giornata, la loro vita…LA VITA…comprendente, tra le altre cose, anche il lavoro…
    Questo mi preme…che il centro dell’uomo sia l’UOMO lui medesimo…nella sua unicità…nella sua poesia…nelle sue passioni.
    CHI sia il soggetto del discorso di “Agosti” mi sembra chiaro: certamente non coloro che commutano la passione in denaro attraverso il lavoro, bensì quelli (la stragrande maggioranza purtroppo) che non amano il lavoro che fanno…che lavorano per pagare le bollette e i mutui e le multe…che desiderano bisogni e servizi indotti dalla televisione…che non “sentono” la vita…che, appunto, galleggiano senza costruire un bel nulla…senza nemmeno il tempo di crescere i propri figli!!!…in definitiva quelli che “se non c’erano era uguale” (o addirittura era meglio).
    Come dicevo qualche post fa…fondamentale è che nella vita di noi “nuovi super ricchi” ci sia CONSAPEVOLEZZA, LIBERTA’, e RESPONSABILITA’ in quantità e qualità apprezzabile.
    Invece, vedo attorno a me una società dove il lavoro diventa sempre più “LA” vita (credo questa tendenza sia chiaramente manifesta) e confondere queste due cose, secondo me, non è un bene.
    Desidero vedere nella società che mi circonda uomini liberi d’essere quel che hanno dentro.
    Uomini in grado di trasformare le proprie doti in vita (come “thalia” racconta di se)…OVVIAMENTE (è veramente OVVIO)…principalmente (e sperabilmente) attraverso il lavoro.
    A rendere schiavi molti uomini infatti non ritengo sia “IL LAVORO”…bensì, semplicemente, l’ignoranza e/o l’inconsapevolezza.
    Ho “postato” questo video per stimolare la riflessione sulla vita…certo NON per pubblicizzare un “disvalore”.

    Personalmente PRETENDO da me (e sogno altrettanto per gli altri tutti) di vivere un’esistenza costruttiva, utile, piena, significativa, celebrante l’incredibile miracolo della vita stessa e di fare un lavoro che rispecchi le mie caratteristiche (come, infatti, quelli che faccio).

    Non me la sento di condividere il concetto “lavoro = valore”…è pericolosamente fraintendibile e trasformabile…esagerando orribilmente “Arbeit Macht Frei”…
    Piuttosto ritengo che l’unico vero valore sia LA VITA lei stessa.
    Tutto il resto è contorno.

  8. robyars

    Noi non siamo i “nuovi super ricchi”.
    Galleggiamo in uno straccio di benessere (frainteso per ricchezza che è tutta un’altra cosa)prevalentemente prodotto dalle generazioni precedenti.

    Usare ancora citazioni dell’aberrazione nazista è strumentale, demagogico ed involutivo.
    Quel macigno và digerito e non più citato.

    Infine,chi “non sente la vita” chi li può o deve salvare?La società? la carità? una pensione di invalidità tipo il voto politico che veniva assegnato nelle università ai tempi della contestazione? il datore di lavoro, i sindacati, chi?
    Venendo ad Agosti,già la terminologia che usa mi sembra interessante: micidiale,la peggiore cultura,cosa pezzente,bastardi,miserabile,orrendo,mostruoso.
    Sui concetti espressi con questo lessico preferisco non addentrarmi.
    Non vorrei dimenticare di notare il timbro e il tono profetico.

  9. …dai…che siamo “super ricchi” non mi sembra nemmeno di dover argomentare…mi limiterò a linkare qualche articolo già presente in cubosphera:
    Aumento dell’HDI: http://www.cubosphera.net/2009/02/11/la-qualita-della-vita-secondo-lindice-di-sviluppo-umano-hdi/
    Diminuzione globale della fame: http://www.cubosphera.net/2009/07/05/malnutrizione-e-morti-di-fame/
    Aumento popolazione: http://www.aiig.it/Un%20quaderno%20per%20l'ambiente/offline/crescita-pop.htm
    (prego Notare Bene che queste sono tutte “tare” dove il notevolissimo e rapidissimo miglioramento del nord del mondo viene notevolmente mitigato dal modestissimo miglioramento dei sud del mondo).

    Se la quantità di persone che “non sentono la vita” fosse maggiore sarebbe un mondo migliore.
    Magari poco, pochissimo (comunque certamente meglio di niente) questi dibattiti possono aiutare…quindi direi…bene!
    Non si tratta di “salvare” nessuno…semplicemente, ripeto, usare coscientemente il proprio “avanzo”.
    Per quanto mi riguarda (come appunto detto prima) preferisco spendere le mie capacità nel tentativo (anche se 99.99% futile) di contribuire a costruire coscienza (magari anche attraverso le discussioni in questo sito) che farmi ampiamente i cavoli miei (100% futile).

    Concordo COMPLETAMENTE con l’ignorare un lessico volgare e sprezzante…chiedo scusa se questo aspetto del video risalta maggiormente del contenuto…a me interessava (relativamente) il contenuto.
    Dove volesse andare “Agosti” nel registrare quel messaggio…beh…poco importa…è già manifestatamente stato utile!
    …da lì è partita questa interessante serie di scambi…
    🙂 🙂

  10. thalia

    …certamente il discorso di Agosti anche solo per il dibattito che ha saputo alimentare vale molto. Per il resto l’ho trovato lacunoso e approssimativo in molti aspetti, come forse si poteva dedurre dal mio precedente intervento. concordo con lui solo in un punto: quando afferma che quella ricchezza di cui gode la piccola fetta di mondo a cui apparteniamo, si appoggia tutta sulla capacità che questa piccola fetta ha, ed ha avuto, di “rubare” a tutto il resto del mondo. noi stiamo rubando a tutti coloro che oggi muoiono di fame! mi rendo conto che qui il discorso si fa complesso e molto più grande di noi. spesso si finisce per parlare senza avere chiare e precise informazioni ma quando penso alle navi cariche di rifiuti, anche altamente tossici, che sistematicamente partivano negli anni ’80 (e forse ancora partono) dall’ Italia per andare in Africa a scaricare la nostra “mmerda” in fazzoletti di terra presi in affitto per pochissimi euro, come posso non vergognarmi di quello che siamo!!? so che robyars non è completamente d’accordo e mi piacerebbe se ‘scendesse ancora in campo’ a esporre più chiaramente il suo pensiero a riguardo…
    anche io sarei poi d’accordo con alino che si possa parlare di “super nuovi ricchi”, laddove per ricchezza si intende la capacità e possibilità di gestire la propria vita, il proprio tempo e il proprio lavoro. e non stiamo parlando di aristocratici e miliardari ma proprio dei figli e nipoti di quelle nobili famiglie di contadini e manovali ed artigiani cui sopra abbiamo tessuto le lodi! notevole e inedito passo avanti, non trovate?…

  11. al momento personalmente concluderei con:
    “LUDUS EST NOBIS CONSTANTER INDUSTRIA”

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