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cortesemente rifiuta il sacchetto di plastica

I sacchetti della spesa sono quasi tutti fatti di polietilene.
Il polietilene è una materia plastica molto economica versatile e stabile. E’ derivata del petrolio, non esiste in natura ed è stata scoperta per caso nel 1898.
Il sacchetto di plastica ha iniziato a diffondersi prepotentemente in sostituzioni dei sacchetti di carta negli anni ’70 e da quel giorno ne sono stati prodotti un numero incalcolabile…pare in media, nel mondo se ne usino 150 a testa all’anno (probabilmente quindi noi “ricchi” ne usiamo almeno il doppio…diciamo ragionevolmente uno al giorno a testa!)
Il sacchetto di plastica infatti è una delle cose più “usa e getta” che ci sia: normalmente viene usato una sola volta e per pochi minuti (tipo dal carrello al bagagliaio e dal bagagliaio al tavolo della cucina) poi viene buttato.
E’ vero…costano pochissimo (fino a pochi mesi fa nei supermercati italiani non li facevano nemmeno pagare!) e sono comodissimi: occupano pochissimo spazio, sono notevolmente resistenti, pesano niente.
Inoltre…udite udite…pare (secondo questo articolo di National Geographic) che alla fine dei conti inquinino meno degli equivalenti sacchetti di carta!
Quando buttiamo via i sacchetti:

  • nella migliore delle ipotesi finiscono in una discarica cittadina e lì restano per decenni o secoli o millenni (non si sa quanto tempo ci metta il polietilene a degradare…alcune ricerche dicono 500 anni, altre mille)
  • nella peggiore delle ipotesi finiscono nello stomaco di un Albatros Reale, uccidendolo

Ma…è veramente necessario un sacchetto a testa al giorno?!?
…cioè…
Per portare a casa la vaschetta di gelato serve il sacchetto?
Per trasportare gli acquisti non si può riciclare un vecchio scatolone?
Per portare a casa il DVD serve il sacchetto?
Per il panino da portare in treno serve il sacchetto?

Consiglio a tutti di sforzarsi e cercare di ridurne l’utilizzo al minimo.
Sarebbe veramente opportuno usare i sacchetti (che siano di bio-plastica o polietilene o carta non importa) solo quando veramente utili, riutilizzarli fino alla morte e poi, quando rotti e bucati, trasformarli.

inquinamento atmosferico…capiamoci

Variazioni annuali ed andamento generale

I grafici seguenti 1. mostrano l’andamento della concentrazione della CO2 (biossido di carbonio) atmosferica dal 900 al 2000 (Source: CNRS – Université de Grenoble) e maggiormente nel dettaglio dal 1960 al 2000 (Source: Dave Keeling and Tim Whorf – Scripps Institution of Oceanography).

La curva di Keeling, costruita nel laboratorio posto in cima al vulcano di Mauna Loa nelle Hawaii, al centro dell’Oceano Pacifico (luogo ideale per campionare l’aria “media” dell’intero emisfero settentrionale), mostra chiaramente oscillazioni annuali sovrapposte all’andamento generale crescente della curva.

Gli esperti che compilano i bilanci del carbonio hanno scoperto che le variazioni stagionali nella liberazione di prodotti derivanti dai combustibili fossili sono sorprendentemente piccole. I dati indicano che anche l’ipotesi che dietro le oscillazioni possa nascondersi l’Oceano – immensa e complessa componente del ciclo del carbonio – è da scartare. Il ciclo evidenziato a Mauna Loa riflette il flusso netto di CO2 attraverso gli ecosistemi continentali legato al bilancio globale fotosintesi-respirazione della biosfera. Se i processi di fotosintesi e di respirazione fossero sempre e ovunque in equilibrio, non si registrerebbe alcuna oscillazione nei rilevamenti. Ma non lo sono: durante le stagioni calde le temperature elevate favoriscono un’intensa attività respiratoria, tuttavia l’attività fotosintetica è ancora più intensa e nel bilancio complessivo prevale l’inspirazione di CO2; durante le stagioni fredde l’attività fotosintetica precipita quasi a zero, mentre l’attività respiratoria continua, benché ridotta rispetto ai ritmi intensi dei periodi caldi, e nel bilancio complessivo prevale l’espirazione di CO2.

Il grafico tridimensionale del respiro della biosfera 2 (Source: Carbon Dioxide Information Analysis Center – National Laboratory of the Oak Ridge) – che illustra le oscillazioni della concentrazione atmosferica della CO2 in funzione del tempo (intervalli di un mese) e della latitudine (distanze di 10°) – mostra che alle basse latitudini (dove le variazioni di temperatura nel corso dell’anno sono limitate) e nell’emisfero australe (dove le terre emerse alle alte latitudini hanno estensioni ridotte e l’Antartide è coperta dal ghiaccio per il 95% della sua superficie) il bilancio fotosintesi-respirazione è quasi in pareggio in tutte le stagioni e le oscillazioni annuali del ciclo della CO2 sono pressoché trascurabili.

Cause e relazioni con il surriscaldamento globale

Il costante aumento della concentrazione atmosferica della CO2 è ampiamente studiato e le ipotesi relative alle sue cause sono discusse. Particolarmente dibattuta la questione dell’individuazione delle corrette relazioni causali tra tale aumento e surriscaldamento globale.

La stretta relazione tra il fenomeno dell’aumento della concentrazione dei gas serra ed il fenomeno del surriscaldamento globale appare infatti in modo evidente: come si può vedere nel grafico sottostante 3 (Source: Jouzel et al. – Nature 1993), costruito elaborando i dati raccolti attraverso carotaggi nel ghiaccio del lago antartico Vostok, gli andamenti delle curve che rappresentano le variazioni nel tempo della temperatura e della concentrazione dei gas serra sono sostanzialmente identici. Ci si potrebbe però domandare se sia l’aumento nella concentrazione dei gas serra a causare l’innalzamento della temperatura o se viceversa non possa essere un aumento della temperatura globale legato ad altre cause a rendere l’atmosfera maggiormente capace di contenere elevate concentrazioni di gas serra, che altrimenti sarebbero riassorbiti nel ciclo del C in quote superiori (la solubilità dei gas in acqua diminuisce all’aumentare della temperatura) e che certamente contribuirebbero a loro volta al surriscaldamento globale ma che non ne sarebbero in tal caso la causa prima (questa seconda ipotesi viene sostenuta da chi si oppone alla politica dell’abbassamento delle emissioni di gas serra).

Le analisi delle piccole bolle d’aria che rimangono intrappolate nel ghiaccio al momento della sua formazione possono fornire indicazioni sulla composizione dell’atmosfera terrestre nelle trascorse ere. I risultati di tali analisi mostrano che le concentrazioni atmosferiche di gas ad effetto serra, come la CO2 ed il CH4 (metano), negli ultimi 650.000 anni non sono mai state tanto elevate quanto lo sono ora.

Nel periodo compreso tra 650.000 anni fa ed il 1800 (inizio della rivoluzione industriale) i valori della concentrazione atmosferica della CO2 hanno oscillato tra un minimo di 180 ppm (parti per milione) ed un massimo di 300 ppm, e nei 10.000 anni immediatamente precedenti la rivoluzione industriale il valore è rimasto più o meno costantemente intorno a 270-280 ppm. Misure in tempo reale sono state eseguite solo a partire dal 1958, quando la concentrazione atmosferica della CO2 era già arrivata a 315 ppm. I valori attuali sono stimati intorno a 380 ppm.

La velocità di crescita della concentrazione atmosferica della CO2 dall’epoca industriale ad oggi è assolutamente eccezionale: a partire dal 1800 la CO2 atmosferica è aumentata circa del 35% e nell’ultimo decennio l’incremento medio è stato di quasi 2 ppm/anno, una velocità di crescita che è circa 200 volte più grande della più alta velocità di variazione osservabile durante gli ultimi 650.000 anni. Dalle analisi risulta quindi che nell’ultimo periodo vi sono state variazioni eccessivamente marcate della concentrazione di CO2, variazioni mai verificatesi in precedenza, che sono all’evidenza dei fatti imputabili all’attività umana e che sono queste causa del surriscaldamento. Se si osserva nel dettaglio la linea dell’aumento della temperatura dall’inizio del 1900 ad oggi (con le flessioni in corrispondenza di fenomeni significativi come la crisi economica del ’29, la seconda guerra mondiale, la crisi energetica del ’70) si vede che il suo andamento è fortemente influenzato dall’aumento dell’utilizzo dei combustibili fossili (andamento analogo) e dal cambiamento dell’uso del suolo (la perdita di terreno agricolo e soprattutto il taglio degli alberi riducono la quota di assorbimento della CO2).

L’ipotesi secondo la quale vi sarebbe una relazione causale tra le attività antropiche (utilizzo dei combustibili fossili e deforestazione) e il vertiginoso aumento della CO2 atmosferica verificatosi negli ultimi due secoli è pertanto decisamente fondata. Non si può perciò più sostenere che il riscaldamento globale sia parte di una variabilità normale e strettamente naturale: la causa è umana.

Dall’epoca industriale ad oggi abbiamo prodotto e introdotto nell’ambiente circa 30 miliardi di equivalenti tecnologici del metabolismo umano, come risulta dalla misura del rilascio di CO2 dai combustibili fossili; nutriamo infatti questi servi tecnologici con l’energia contenuta nei resti della Vita antica: petrolio, carbone e gas naturale. Abbiamo incrementato considerevolmente la quota respiratoria, oltre a ridurre quella fotosintetica, e stiamo assistendo a quel che accade ad un’atmosfera nella quale i respiratori sono preponderanti rispetto ai fotosintetizzatori.

Il futuro

Alcuni dicono che vi siano state epoche nelle quali le concentrazioni atmosferica di CO2 erano più elevate delle attuali. È vero, ad esempio 250 milioni di anni fa e 500 milioni di anni fa, però sulla Terra non c’erano uomini ma batteri e meduse e animali che poi si sono estinti. Forse fumavano troppo!

In previsione, dal 1900 al 2100 avremo la stessa variazione nella concentrazione di CO2 nell’aria di quella che si è verificata dall’ultima glaciazione ad oggi. Nei tempi più lunghi trascorsi dall’ultima glaciazione molti animali hanno avuto modo di migrare per sopravvivere. Più difficile potrebbe essere far emigrare in modo equilibrato e in tempi relativamente brevi l’animale uomo organizzato in città come Roma o New Orleans.

Alcuni popoli, come i Vichinghi o gli abitanti dell’Isola di Pasqua, sono decaduti a causa dei cambiamenti climatici. Si può quindi dire che tutto ciò sia “normale”? Interessante notare che, mentre gli Inuit – che non sono mai stati commercianti – ancora vivono in Groenlandia, i Vichinghi – che scambiavano il grasso di balena con il bronzo – sono caduti in declino. Vale il pensiero degli indiani Creek: quando avrete pescato l’ultimo pesce, ucciso l’ultimo bisonte, inquinato l’ultimo fiume, allora via accorgerete che i soldi non si mangiano.

L’aumento della temperatura avrà come conseguenze l’incremento della siccità, la crescita del numero degli incendi, il dilagare del rischio alluvioni, la salinizzazione delle acque costiere, l’innalzamento del livello marino di 20-30 cm in pochi anni (alcune zone sono particolarmente vulnerabili, come in Italia la Toscana, il Friuli Venezia Giulia e l’Emilia Romagna). Il fenomeno dell’innalzamento del livello del mare è dovuto per più della sua metà alla dilatazione dell’acqua; solo meno della metà dell’innalzamento del livello del mare è dovuto allo scioglimento dei ghiacci (lo stesso fenomeno fisico, responsabile dei passaggi di stato della materia, interviene in entrambi i casi: l’allentamento delle forze di legame tra le molecole d’acqua).

Inoltre, il problema della temperatura non riguarda semplicemente l’aumento medio di 3-4 gradi previsto per il 2050-2100 (anche 5 gradi in alcune regioni). I rischi maggiori sono legati ai momenti corrispondenti ai picchi dell’andamento di crescita (come è stato nell’anno 2003). Infine, aumenterebbero le temperature medie ma senza che si verifichi un innalzamento delle temperature più basse ovvero aumenterebbe la varianza e si andrebbe verso un clima più estremo.

Chi ritiene possibile una crescita infinita in un mondo finito può essere solo un pazzo o un economista! Negli Stati Uniti, alcune strade di Phoenix hanno dodici corsie e si forma coda su tutte e dodici.

I politici, legati ai grandi poteri economici (nel caso in questione soprattutto ai gestori delle risorse energetiche fossili, petrolio e metano), sostengono che a partire dal 2050 le immissioni di CO2 saranno dimezzate. Per forza: non ci sarà più petrolio! O meglio, sarà finito il petrolio economico, cioè quello produttivamente utile. Entro pochi anni o decenni l’offerta finirà. Il metano – per il quale si combattono guerre come per il petrolio – avrà il suo picco di produzione solo poco dopo quello del petrolio, quindi scenderà subito anch’esso. La Terra del petrolio dovrà diventare la Terra del sole e del vento. Le tecnologie per le energie alternative prenderanno obbligatoriamente piede: non diminuirà il loro costo, ma aumenterà sempre più quello delle fonti fossili.

L’Italia è uno dei paesi più soleggiati d’Europa e al contempo l’ultimo per quanto riguarda lo sviluppo delle strategie di produzione di energia pulita alternativa a quella prodotta con i combustibili fossili. Dietro a paesi che hanno molto meno sole del nostro, come tutti i paesi nordici. Dietro a paesi tecnologicamente arretrati rispetto al nostro, come la Turchia. Dietro paesi che non hanno problemi di immediato approvvigionamento energetico come Israele, ricca di petrolio.

I politici italiani hanno però deviato verso lo sviluppo degli inceneritori i 6 euro che ogni italiano paga con ogni bolletta energetica per lo sviluppo delle fonti energetiche alternative! Ci sono riusciti con uno dei soliti stratagemmi meschini dei quali è pratico chi è abituato all’inganno legalizzato: aggiungendo la postilla «e assimilati» all’articolo che definiva l’utilizzo di tali risorse economiche. Va qui precisato che gli inceneritori non distruggono nulla: rispondono sempre alle leggi della termodinamica (nulla si crea e nulla si distrugge) per cui trasformano i rifiuti che vengono bruciati in altri rifiuti, che hanno forma di gas e di ceneri. In particolare, nei processi di combustione ad altissima temperatura si producono polveri sottili (invisibili) che le ricerche mediche non sponsorizzate sempre più indicano come generatrici di gravi patologie: dai pm10 ai pm01 (ultime indagini evidenziano uno stretto rapporto tra le pm2.5 e la diffusione di numerose forme cancerogene). Gli inceneritori sono inoltre sconvenienti dal punto di vista energetico, soprattutto se rapportati alle strategie che prospettano il riutilizzo e il riciclaggio delle materie anziché la loro eliminazione.

Dovranno essere sviluppate strategie per l’utilizzo delle risorse energetiche solari ed eoliche. Nel settore eolico sono stati ultimamente elaborati dei modelli di mulino a vento volante d’alta quota: specie di enormi aquiloni a forma di giostra rotante, capaci di sfruttare la grande forza dei venti che sono sempre presenti ad alte quote e caratterizzati al contempo dall’ulteriore vantaggio di essere meno impattanti da un punto di vista paesaggistico.

Ottime sono le strategie dell’autosostentamento energetico e della rete: ogni cittadino può produrre l’energia che gli è necessaria, può immagazzinarla e può eventualmente venderla immettendola in rete.

Inoltre, la maggior parte delle energie prodotte viene sprecata. Pertanto, si dovrà intervenire anche e soprattutto sul risparmio energetico a tutti i livelli di scala: dal privato al pubblico, dalle abitazioni alle strutture produttive, dai mezzi di trasporto alle tecnologie industriali e domestiche.

Tutte queste vie di sviluppo tecnologico, riguardanti tanto la produzione di energia pulita quanto il risparmio energetico, conducono ad un enorme incremento dell’indotto lavorativo, un aumento dell’occupazione superiore e più diffuso rispetto a quello che si può realizzare con l’apertura di nuove centrali a carbone (e di nuove centrali nucleari) o degli inceneritori, strutture la cui realizzazione i. aumenta – anziché ridurre – la nostra dipendenza energetica da stati esteri (giacché non siamo produttori di carbone né possediamo importanti giacimenti di uranio), ii. porta a un peggioramento dello stato dell’ambiente e delle nostre vite e iii. non concorre a distribuire la ricchezza prodotta all’interno del sistema sociale ma al contrario la accentra nelle mani di pochi imprenditori (che hanno il potere di influenzare in modo più o meno diretto le vie politiche e l’informazione pubblica al fine di raggiungere i propri fini privati). Oltre a ciò, le nuove vie per lo sviluppo energetico sostenibile hanno insieme il non trascurabile vantaggio di portare ad un miglioramento del mondo che ci circonda: il lavoro dovrebbe sempre servire a questo, a migliorare la nostra vita e quella di tutti.

consumiamo troppa energia

È interessante vedere la Terra come un’enorme astronave che trasporta nello Spazio 7 miliardi di persone. La necessità energetica sull’astronave è in continuo aumento, sia perché cresce il numero dei passeggeri sia perché cresce la richiesta individuale. Questo incremento del fabbisogno costituisce un problema serio, perché l’energia necessaria per sostenere lo stile di vita dei passeggeri viene quasi totalmente ricavata dalle riserve energetiche dell’astronave, che sono in rapido esaurimento. L’astronave non è isolata e riceve continuamente energia dal Sole, una grande risorsa che però i passeggeri non sanno utilizzare sufficientemente. Per di più, sull’astronave si sono differenziate diverse classi di passeggeri: alcuni usano molta più energia di quanta ne sarebbe concessa loro dalle comuni norme etiche di uguaglianza e di rispetto reciproco.

Per migliorare la percezione dei quantitativi energetici richiesti dalle nostre azioni quotidiane e per meglio comprendere quanto queste ultime incidano sui bilanci energetici globali e quale sia la situazione di privilegio concessaci dalla disponibilità di energia a basso costo, si può paragonare l’energia consumata dalle macchine di uso comune con quella sviluppata dal lavoro di un essere umano, utilizzando la metafora degli schiavi energetici suggerita da N.Armaroli e V.Balzani (“La crisi energetica: sfida e opportunità”, pubblicato in La Chimica e l’Industria 7, 2006). Un uomo in buona salute può generare una potenza di circa 800 W per un tempo breve, ad esempio salendo di corsa una rampa di scale, ma in una attività continuativa che duri più ore non riesce a sviluppare una potenza superiore a circa 50 W. La giornata lavorativa di 10 ore di uno schiavo energetico, garantirà quindi la disponibilità di 500 Wh.

Alcuni esempi. Per tenere acceso un televisore, che richiede una potenza di circa 80 W, è necessario il lavoro continuativo di uno schiavo energetico e mezzo. Per il computer occorre una potenza di 150 W, vale a dire il lavoro di 3 schiavi. Una lavatrice di classe A (modello energeticamente più efficiente) per un lavaggio a 60 °C necessita di circa 800 W, equivalenti al lavoro di 16 schiavi. Per riscaldarsi con una stufa elettrica da 2,5 KW si utilizza l’energia generata dal lavoro di 50 schiavi. Se ci spostiamo usando un’auto di media cilindrata dotata di un motore da 80 KW, procedendo alla velocità di crociera utilizziamo il lavoro di 1.600 schiavi. Un Boeing 747 decolla utilizzando l’equivalente energetico del lavoro muscolare di 1.600.000 schiavi, l’intera popolazione di una città come Milano. L’alimentazione energetica di tutti gli stand-by statunitensi è sostenuta dal lavoro di 96.000.000 schiavi, circa una volta e mezza la popolazione dell’Italia.

All’energia necessaria per sostenere il funzionamento delle varie macchine si deve sommare quella impiegata nelle fasi di costruzione e nelle fasi di smaltimento. Anche la produzione di cibo richiede molta energia; ad esempio, se si considera l’investimento energetico complessivo del processo di allevamento, risulta che per produrre ogni chilogrammo di carne bovina sono necessari 70 KWh, una quantità di energia pari a quella generata in circa 140 giornate lavorative da 10 ore di uno schiavo energetico. In altri settori dell’agricoltura e dell’allevamento il rapporto fra energia contenuta nel prodotto ed energia consumata nella produzione è ancor più sfavorevole. Ci possiamo permettere questo deficit energetico perché il costo dell’energia oggi è basso: un litro di benzina costa sempre meno di un litro d’acqua minerale e ai prezzi attuali dell’energia elettrica la giornata lavorativa da 10 ore di uno schiavo energetico costa circa 0,05 Euro.

Tutto questo può dare una misura di quanta energia consumino i cittadini dei Paesi economicamente e tecnologicamente sviluppati e può far capire che in queste parti del mondo, a causa del suo bassissimo costo, l’energia viene usata anche quando non ce ne sarebbe bisogno, ovvero viene sprecata. Si può stimare che, in media, ogni cittadino statunitense per sostenere il proprio stile di vita necessiti del lavoro continuativo di circa 100 schiavi energetici. Per un cittadino italiano necessitano 30 schiavi energetici, dei quali 12 sono impiegati per soddisfare i fabbisogni elettrici. Uno statunitense consuma energia come 2 europei, 10 cinesi, 15 indiani, 30 africani: la popolazione mondiale è quindi suddivisa in classi molto diverse. E il numero degli abitanti del mondo sta aumentando, così come il divario fra ricchi e poveri. Ora sulla Terra vivono 6,5 miliardi di persone, ma la popolazione del pianeta potrebbe superare gli 8 miliardi nel 2025. I tassi di crescita demografica sono saliti vertiginosamente dalla fine della seconda guerra mondiale e dopo il picco del 2.1% raggiunto intorno al 1970, la crescita demografica mondiale annuale si è stabilizzata intorno all’1.3% a partire dal 1999. Tutti vogliono avere più energia: molti per un bisogno effettivo, collegato alla necessità di sviluppo delle loro nazioni povere e tecnologicamente arretrate; altri invece, cittadini delle nazioni ricche e tecnologicamente progredite, per sostenere ed aumentare lo stile di vita e gli sprechi ai quali sono abituati dalla nascita.

Oggi gli schiavi energetici sono garantiti dai combustibili fossili: la combustione di un litro di petrolio fornisce circa 1 KWh, vale a dire l’energia generata dal lavoro orario di circa 20 schiavi energetici; è facile capire come la società industriale si sia sviluppata grazie alla disponibilità del carbone prima e del petrolio poi. I combustibili fossili però non sono eterni e si sta andando verso la fine dell’era del petrolio e del metano economici. Queste riserve energetiche sono quindi contese dalle nazioni con tutti i mezzi, anche con la guerra, e i privilegi di cui godono pochi si appoggiano su una rete di ingiustizie che colpisce tanti.

Il problema dell’energia è emergente a livello locale e a livello planetario. Per rispettare il pianeta e garantire all’umanità un futuro energetico equilibrato ed equo, è necessaria una ristrutturazione che comporti sia un ridimensionamento degli stili di vita e un’ottimizzazione dei consumi energetici che riduca gli sprechi sia una trasformazione dei sistemi con i quali si ricava energia dall’ambiente che sia fondata sul passaggio dall’utilizzo delle riserve all’utilizzo delle risorse.

Certo, disporre di energia in qualsiasi momento è utile e comodo, ma per uscire dalla crisi energetica ed ecologica che si profila sempre più distintamente all’orizzonte è indispensabile puntare sul risparmio energetico e su una maggior efficienza nell’uso dell’energia. Un mito da sfatare è che la qualità della vita aumenti parallelamente alla quantità di energia che si può consumare. Questo è vero nei Paesi poveri, ma non nelle nazioni ricche, nelle quali semmai accade il contrario: al di sopra di una certa soglia, un consumo eccessivo porta ad inefficienza e a stress nella vita personale e in quella sociale. Le crisi energetiche delle nazioni ricche, quindi, andrebbero anzitutto affrontate con il risparmio e con l’aumento nell’efficienza energetica, non con la costruzione di impianti per produrre più energia. Chi ha veramente bisogno di più energia sono i miliardi di persone che vivono nei paesi in via di sviluppo o non sviluppati, non noi.

Nel contempo, è necessario svincolarsi progressivamente dall’uso dei combustibili fossili incentivando la ricerca delle migliori tecnologie per poter utilizzare l’energia che arriva con continuità dal sole, sia perché le riserve sono limitate – non rinnovabili se non in tempi geologici – sia perché il loro uso causa pesanti danni all’ambiente e al clima.

by Paolo Pazzaglia

allevare costa + che coltivare

Per produrre il cibo necessario a sfamare 20 uomini “vegetariani” è necessaria una superficie di suolo pari a quella necessaria per produrre il cibo di 1 uomo “carnivoro”.
In media 1 ettaro (= 10’000 m^2) di terreno produce 140 kg di manzo o 22’500 di patate.
Per produrre 1 kg di farina servono 250 lt di acqua. 25’000 lt di acqua “fanno” 1 kg di carne.

RIASSUMO i rapporti dei consumi:
superficie terreno: 20 volte tanto
produzione massa commestibile: 160 volte di meno
consumo acqua: 100 volte tanto

 

Fonte:
libro
365 modi per cambiare il mondo” (by Norton)
pagina 158

Supermercato ecologico a Brescia

Andate a visitare questo interessante sito, in primo piano troverete la presentazione del primo supermercato ecologico in Italia. Avete idea di quanta energia consumino gli ipermercati, centri commerciali, grandi magazzini e quant’altro? Oltretutto quanti ce ne saranno sul territorio nazionale?

WC e Bidet due in uno

Esistono dei WC che sembrano normali ma in realtà sono sia wc che bidet.

Questo moderno  sanitario costa un po’ di più di un normale wc ma permette un notevole risparmio:

·         Occupa metà superficie nel bagno (rispetto a wc + bidet)

·         Costa meno a livello totale (produzione e distribuzione di un solo “collo” invece di due)

·         Per completare l’operazione (popò e pulizia) si consuma meno acqua (se si usa correttamente il sanitario)

fornelletto elettrico economico e veloce

Secondo me, un acquisto CuboSpherico potrebbe essere un fornello elettrico da pochi euro, una cinquantina, per esempio..si riscalda subito, ha quasi tutte le funzioni di un forno elettrico “casalingo”, si può cuocere di tutto e consuma sicuramente meno di un forno normale.

Salendo a circa 100 euro, lo si trova anche con l’utilissima funzione VENTILATO.

Lo posso dire, in quanto ho testato di persona la cottura di diversi cibi, dalla pizza al pollo, alle verdure, ai dolci..si cuociono benissimo.

Per indicare 2 numeri: considerato su un tempo medio di utilizzo di circa 1 ora e 20 minuti a settimana

(che fa ridere) 

Forno normale                                               Forno elettrico economico

potenza [W]= 2000                                        potenza [W]= circa 1000

consumo [kWh/anno)= 130                            consumo [kWh/anno)= circa 65

costo annuo= circa 20 euro                          costo annuo= circa 10 euro

Per farvi 2 conti in base alle vostre esigenze, eccovi la formuletta da fare:

potenza [kW] * tempo di utilizzo [h a settimana] * 4 settimane * 12 mesi = kWh/anno

Ovviamente la Smart

Al momento (novembre 2008) l’unica, vera, inimitabile citycar per eccellenza è Smart ForTwo

Si viaggia comodi in 2, occupa il volume di 2 scooter affiancati, ha un piccolo ma pur sempre comodo baule, ma si possono montare diversi portapacchi che ne fanno così aumentare la capacità di carico, ha un telaio resistentissimo, consuma veramente poco, si raggiungono tranquillamente i 30km/l con la motorizzazione a gasolio.

Difetti…nuova costa un botto e…ha “solo” 2 posti.

Toyota Prius (ibrida)

Giusto per non fare il solito ultranazionalista menziono anche la Toyota Prius, auto ibrida benzina/elettrica prodotta da una marca sicuramente tra le più impegnate nel campo del rispetto ambientale. Costa uno sporposito ma è l’unica ad oggi che riesce, nei primi anni di utilizzo, ad aumentare di valore. Link

Per valutare una macchina io introdurrei anche la svalutazione nel tempo. E’ vero che un’auto la si deve far durare il più possibile, ma se dopo un paio di anni mi trasferisco sopra il posto di lavoro e ho il car sharing a 20m da casa preferirei riavere parte del denaro investito nella macchina e risparmiare bollo, assicurazione e co.
Se vi interessa scegliere la macchina anche in base a quanto potete recuperare dopo un pò di anni, esiste online la tabella dei prezzi dell’usato a questo Link

la Grande Punto

Se vogliamo valutare anche l’auto che ha un basso impatto sull’ambiente (per noi italiani) è sicuramente la Grande Punto.
Costa più della Panda ma è anche più grossa, anch’essa ora uscirà in versione a metano, ha il massimo dei punti Euro NCAP e la producono a Torino… quando si dice dal produttore al consumatore!

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