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Action Painting

Nel 1952 il critico americano Rosenberg usa per la prima volta il termine Action Painting (“Pittura d’Azione”) per definire un nuovo settore della pittura d’avanguardia della Scuola di New York. I principali esponenti dell’Action Painting appartengono al versante dell’espressionismo astratto e sono Jackson Pollock, che predilige la tecnica del dripping (sgocciolature di colore dall’alto sulla tela posta in orizzontale), Willelm De Kooning, che aggroviglia e sovrappone linee curve dai colori violenti, e Franz Kline, che realizza grandi segni neri su ampi sfondi bianchi di tela. Per questi artisti l’atto del dipingere assume un’importanza fondamentale e diventa il mezzo attraverso cui l’esperienza dell’artista si scarica direttamente sul quadro. Tale azione nasce come espressione di una radicale opposizione nei confronti dei condizionamenti repressivi della società e si carica di un profondo significato esistenziale e morale. Scrive Rosenberg: “Per ogni pittore americano arriva un momento in cui la tela appare come un’arena offerta al suo intervento piuttosto che uno spazio dove riprodurre, ricreare, analizzare o esprimere un oggetto reale o immaginario. Allora, ciò che deve essere trasmesso alla tela non è più un immagine, ma un fatto, un’azione”.

Il rifugio delle penne scomode

La Maison des Journalistes a Parigi accoglie i giornalisti in fuga dal Paese di origine perchè perseguitati. Per sei mesi i giornalisti possonono godere di vitto, alloggio, hanno la possibilità di frequentare gratuitamente corsi di francese e di scrivere sul giornale on line L’oeil de l’Exilè (L’occhio dell’esule). L’iniziativa, unica per ora in Europa, è finanziata dagli stessi media francesi, ma sta per essere replicata in Spagna e Germania (…e l’Italia?….). I giornalisti arrivano dall’Etiopia, dal Congo, da Haiti, dal Pakistan per sfuggire a gruppi paramilitari o da fondamentalisti islamici.

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