Categoria: Natura Pagina 3 di 4

OIL (un fumetto di Pal76)

Immagine

Questo giovane fumettista (Stefano Palma) si è sempre impegnato a diffondere messaggi importanti che riguardano diverse tematiche sociali…tutto attraverso i suoi incredibili disegni!!
Questa è “OIL” la sua drammatica striscia per il concorso “verticalismi”.

Qui il link al sito dell’artista.

Qui il link ad un altro articolo su di lui.

Home (docu by Yann Arthus-Bertrand)

Il fotografo di fama intercontinentale Yann Arthus-Bertrand è regista e co-autore di questo strepitoso documentario: Home
il trailer originale:

il film integrale, originale ed in italiano:

Qui il link alla scheda IMDb del film.
Qui il link al sito ufficiale di Bertrand.
Qui i links alla scheda wiki e la scheda IMDb di Bertrand.

Nestlé implacabile…GreenPeace rilancia l’allarme

deforestazioni by Nestlé

deforestazioni by Nestlé

La gigantesca Nestlé (la più grande azienda alimentare del mondo) continua ad ignorare ogni invito a “darsi una regolata”.
L’aggressiva politica commerciale aziendale, da 50 anni, non si ferma davanti a niente.
Unico intento il fatturato: nel 2008 circa 75 miliardi di Euro.
280 mila persone accettano di lavorare per questa azienda senza scrupoli.
GreenPeace lancia ancora una volta un appello ai consumatori…SIETE RESPONSABILI ! …SIATELO !

UN: Tanzania e Zambia stop esporto avorio

Dopo 12 giorni di riunioni a Doha in Qatar, la conferenza delle Nazioni Unite per il Commercio Internazionale sulle specie in via di estinzione, ha chiuso il suo summit giovedì 25 Marzo adottando una risoluzione che impedisce alla Tanzania e allo Zambia di esportare gli elefanti dal loro territorio. Questi due paesi si erano ostinati nel volere eliminare alcune di queste specie, per trarre avorio e pelle per le esportazioni. Essi affermano di avere questi elefanti in soprannumero nei loro territori. La Tanzania dispone di 106’000 elefanti contro 27’000 per la Zambia.

Copyright © Jivis Tegno
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MARE MONSTRUM. Le “Navi dei Veleni” 16 anni dopo Ilaria Alpi

Le NAVI FANTASMA del MEDITERRANEO:
non si sa quante sono, e cosa nascondono sul fondo degli abissi.
Di sicuro, minacciano la natura, e la nostra salute. A cominciare dalla regione più a rischio: la Calabria
Qui il link al video di Repubblica TV del 2010-02-25
Ilaria Alpi  e Miran Hrovatin indagavano su queste Navi dei Veleni affondate e su altre Navi che solcano ancora i nostri mari trasportando armi, sostanze tossiche e radioattive.
Ad oggi possono essere considerate anche loro VITTIME di MAFIA.
Come VITTIMA di  MAFIA  può essere considerato il nostro meraviglioso e unico nella sua diversità MAR MEDITERRANEO e con lui giorno per giorno noi CITTADINI ITALIANI!

Le “navi dei veleni” sono un crimine contro l’umanità.
Cosenza – Non è facile affrontare la questione delle navi dei veleni non perché si tratti di qualcosa di cui non ci sono fonti o documentazioni, ma proprio perché ce ne sono troppi e l’indifferenza dei governi che si sono succeduti negli ultimi anni è stata decisiva per determinare la situazione odierna che si presenta disperata.
Nonostante l’impegno congiunto dell’assessore all’ambiente della Regione Calabria Silvio Greco e del Ministero dell’Ambiente, non si può esprimere ottimismo e minimizzare la situazione perché le dichiarazioni del pentito di ‘ndrangheta Francesco Fonti non sono recenti, ma risalgono al 2005. Grazie al Fonti è stato ritrovato, a largo di Cetraro, il relitto della Cunsky, ma questa è solo una di chissà quante navi colate a picco senza un motivo apparente e chissà con quale carico a bordo; le sue dichiarazioni si sono dimostrate attendibili e non riguardano solo la Cunsky. Proprio per questo la priorità di uno Stato che scopre di essere avvelenato in maniera subdola da anni dovrebbe essere quella di cercare tutte le altre navi che giaciono in mare.
Il problema è, però, ampio, troppo ampio: qui non si tratta solo di organizzazioni mafiose che smaltiscono rifiuti pericolosi in maniera illegale perché, banalmente, i rifiuti non sono loro, ma di chi commissiona gli affondamenti delle navi perché meno costoso e più remunerativo allo stesso tempo. Non serve cercare solo gli esecutori, perché il problema è alla fonte: i mandanti non sembrerebbero essere solo le industrie, produttrici delle pericolose scorie della loro attività, ma anche i servizi segreti (almeno secondo le dichiarazioni del Fonti) impegnati a far viaggiare sulle stesse rotte anche le armi.


La vicenda non si esaurisce nei confini italiani, perché lo smaltimento dei rifiuti radioattivi viaggia sulle rotte internazionali tra l’Africa e il Mediterraneo e coinvolge numerosi Stati e organizzazioni criminali, come scoperto da Ilaria Alpi e Miriam Hrovatin durante le loro inchieste sui traffici di rifiuti e armi con la Somalia prima del loro assassinio ormai 15 anni fa.
Proprio Fonti ha parlato della vicenda e si dice sicuro dei motivi di quella fine: «ho portato di persona rifiuti radioattivi nel Corno d’Africa. Quando arrivavamo al porto di Bosaso i militari italiani si voltavano dall’altra parte. Sono convinto che Ilaria Alpi è stata uccisa perché ha visto proprio lì cose che non doveva vedere».
Questo dovrebbe essere sufficiente a riaprire il caso chiuso nel 2006 dalla commissione “Ilaria Alpi” dall’On. Carlo Taormina (non è omonimia, è proprio il cosiddetto “principe del foro”, ndr) che ha riconosciuto come movente degli omicidi un tentativo di sequestro finito male; conclusione contestata da molti e che queste dichiarazioni smentiscono, insieme alle numerose prove emerse nel corso degli anni.
È impensabile quantificare i danni prodotti da questi traffici, perché di questo si tratta: lo smaltimento illecito di rifiuti è una delle prime fonti d’entrata delle organizzazioni criminali internazionali, soprattutto camorra e ‘ndrangheta. L’ecomafia rende più della droga perché meno rischiosa in termini di punizioni previste dalla legge, perché più nascosta di altre attività criminali dove ogni tanto si deve sparare, perché meno interessante per l’opinione pubblica che pensa che non la riguardi non percependo dei danni immediati a loro stessi.
Nel corso degli anni, però, in Calabria si è riscontrato un deterioramento dell’ecosistema marino e un aumento dei casi di tumori provenienti dal mare intossicato e radioattivo nella popolazione vicina alle coste (secondo il Ministero della Sanità, oltre 6000 dal 2006 a oggi). Non ci sono prove sulla connessione tra i rifiuti tossici nei fondali marini e l’insorgenza di tali malattie non perché non esistano, ma perché non sapendo da quanto tempo realmente vada avanti questa storia non si possono verificare con dei dati oggettivi. Su questa “ignoranza” prosperano i commerci illegali del traffico di rifiuti.
Un problema ambientale, sanitario, scientifico, legale, politico ed economico: non solo l’entità dei danni è da calcolare fino a oggi, ma deve essere proiettata nel futuro in termini di cure mediche, rimozione degli agenti inquinanti e messa in sicurezza (le navi e il loro carico pericoloso necessitano di trattamenti particolari e di siti di stoccaggio) e bonifica dei siti inquinati. Parlando di rifiuti radioattivi, in molti casi, non bastano 10 vite a fare tutto ciò.
Ieri Legambiente, per bocca del vicepresidente nazionale Sebastiano Venneri, si è dichiarata pronta a costituirsi parte civile in un eventuale processo contro esecutori e mandanti degli affondamenti, durante un incontro con il procuratore di Paola, Bruno Giordano. Venneri ha ribadito il concetto espresso più volte, non solo da Legambiente, che «le prove emerse dalle indagini dei magistrati (senza dimenticare le inchieste sulla Jolly Rosso del comandante Natale De Grazia morto nel 1995, ndr), della commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, della commissione “Ilaria Alpi” non hanno portato a nulla».
Da Roma arrivano le dichiarazioni del presidente della Commissione d’inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti Gaetano Pecorella, il quale dovrebbe ascoltare il Fonti la prossima settimana e acquisire tutta la documentazione esistente non solo sul caso Alpi, ma su tutte le denunce effettuate negli ultimi anni. Sembra assurdo, ma è proprio così: c’è già tutto, scritto nero su bianco o fotografato in maniera nitida, ma non è mai servito a nulla, fino ad oggi.
Tutto questo è, in ultima analisi, possibile per la scarsa attenzione mediatica sul tema ecomafia che non aiuta l’opinione pubblica a percepire come il problema sia di tutti perché può colpire chiunque in ogni momento, pur senza che uno se ne renda conto; è la cittadinanza attiva la prima arma contro l’arroganza dei criminali mafiosi e di chi si rivolge a loro preferendo un’economica (?) e vigliacca illegalità alle proprie responsabilità.
Le “navi a perdere” sono un crimine contro l’umanità e in nome di questa vale la pena resistere.

Sedici anni senza Ilaria ma le navi su cui indagava solcano ancora i mari
01 MARZO 2010
Ilaria Alpi morì 16 anni fa in Somalia indagando su traffici di rifiuti pericolosi e armi. Nei suoi ultimi giorni di vita tentò di individuare alcune delle navi coinvolte in questi flussi illegali che come si ipotizzò successivamente avrebbero visti coinvolti anche uomini del Sismi, il servizio di intelligence italiano. Nel marzo 1994 Ilaria riuscì ad intervistare Abdullahi Mussa Yussuf, bogor , sultano di Bosaso, una carica già all’epoca priva di ogni reale potere. In quell’occasione il sultano decaduto rifiutò di rivelarle, tra sorrisi e ammiccamenti, i nomi e la locazione delle navi coinvolte nei presunti traffici di armi e rifiuti tossici.
«Affitta un satellite», le disse il bogor nell’ultima video intervista,« il pane te lo devi guadagnare» . Il girato di quella cassetta dura solo 20 minuti e presenta numerosi tagli e interruzioni. «Strano – ebbe a dire Mussa Yussuf interrogato dai magistrati italiani – l’intervista durò almeno due ore e mezzo e Ilaria mi chiese se le navi venivano usate per trasportare armi».
Quel giorno la Alpi telefonò al suo collega Flavio Fusi parlando di «roba che scotta, cose importanti» che non poteva nominare al telefono «per motivi di sicurezza» .
Pochi giorni dopo quella conversazione, il 20 marzo ’94, Ilaria Alpi ed il suo operatore Miran Hrovatin furono uccisi a Mogadiscio da un commando armato. I due giornalisti che accorsero inutilmente in loro soccorso e ripresero la scena del delitto furono trovati morti tempo dopo in strane circostanze. Proprio per quel 20 marzo Ilaria aveva previsto di inviare in Italia il primo servizio sui fatti da lei scoperti. Ilaria non c’è più, cos’erano e dove sono finite le navi per cui perse la vita?

Il contesto: la Shifco, Mugne e gli appalti italiani
Proprietaria di quelle navi era la Shifco (Somali High Seas Fishing Company), una compagnia somala di pesca che gestiva all’epoca sei navi. Amministratore delegato della società era Omar Said Mugne, un ingegnere italo-somalo laureatosi nella Bologna rossa degli anni ’70 e all’epoca uomo di punta dell’Enfais, l’ente somalo di programmazione che curava i rapporti con le agenzie di cooperazione estere, Fai (Fondo Aiuti Italiano) compreso. Di lui Adriano Botta scrisse sull’Europeo: «Quando non utilizza jet privati, viaggia (ovviamente in prima classe) sui voli fra Roma e Mogadiscio con una frequenza impressionante». In Italia Mugne era a libro paga della cooperativa bolognese Edilter che all’epoca prendeva grossi appalti in Italia e Somalia grazie anche a buoni rapporti con socialisti e, com’è ovvio, comunisti. Ma non è tutto: Mugne conosceva e ha lavorato insieme con Giancarlo Marocchino, un italiano che aveva ottenuto alcuni appalti dalla Edilter e che fu tra i primi ad arrivare sul luogo dell’omicidio della Alpi e di Hrovatin dove fu filmato da ed intervistato da due giornalisti oggi non più tra noi ( uno di questi è morto in circostanze non chiare). Bizzarro il fatto che autista e scorta al momento dell’agguato del 20 marzo ’94, si allontanarono indisturbati, attualmente anche loro oggi non sono più tra noi. Mugne e Marrocchino avevano lavorato per la Saces, il consorzio – di cui Edilter faceva parte assieme a Astaldi e Cogefar- incaricato dalla cooperazione italiana di numerosi lavori nella Somalia del nord.
La trama è chiaramente complessa ma l’intreccio affaristico altrettanto evidente. Mugne, in perfetto conflitto di interessi, trattava con la cooperazione italiana per ottenere aiuti sotto forma di denaro e grandi opere pubbliche la cui realizzazione veniva assegnata a Saces o direttamente alla “sua” bolognese Edilter. Socialisti contenti, cooperative rosse felici e lui ed il suo clan ricoperti di soldi e potere. Ma probabilmente a Mugne o, a chi lo utilizzava, questo non bastava – o non poteva bastare – e le navi donategli dagli italiani dovevano essere utilizzarle per traffici più remunerativi e utili della pesca in alto mare. Fino a quel momento la cooperazione con l’Italia aveva fruttato alla Somalia ben 1.400 miliardi (decennio 1981-1991) di cui l’80% destinato a progetti “fisici”, grandi infrastrutture tra cui la strada asfaltata Garoe-Bosaso. 605 milioni di lire a km in un territorio spopolato, desertico e totalmente pianeggiante. Una cifra folle anche per l’Italia. Vincitore dell’appalto ovviamente fu Mugne col suo Saces. Di quel sistema la procura e la commissione parlamentare parlarono come di giro di corruzione che riusciva a muovere tangenti fino al 35-50 per cento fatturato delle aziende coinvolte. Cosa poteva esserci di peggio di una giornalista ficcanaso che rischiava con le sue indagini di scoperchiare tutto il sistema sbattendo il marcio direttamente sulle reti Rai, e magari in prima serata?
Mario Pasquali, La Voce, 19 settembre 2009
Una semplice compagnia di pescherecci
La Shifco nacque nel 1983 come joint-venture di pesca industriale tra l’Italia e la Somalia.
Della Shifco la commissione d’indagine del Senato ebbe a dire:
«Iniziato [il progetto di pesca oceanica, ndr] nel 1979 è passato attraverso vari disastri e insuccessi clamorosi, con i 5 pescherecci e la nave frigorifero. Era previsto un grosso impianto a Brava (la cittadina ove era nato l’ing. Mugne), fu avviato, ma non finito. […] Pesa il sospetto che l’intera iniziativa sia servita soprattutto ad arricchire – senza che ciò comporti necessariamente valutazioni di illiceità – gruppi di privati tanto italiani, quanto somali».
La Shifco, come risulta da una curiosa interrogazione (protocollata col codice P-2391/00) che l’allora europarlamentare Antonio Di Pietro fece alla Commissione europea, richiese nel 2008 l’autorizzazione all’esportazione di pesce negli stati Cee. Apprendiamo dall’interrogazione che con solo 5 navi la Shifco “riusciva”, secondo il fondatore dell’Italia dei Valori, a dare lavoro a 500 marinai italiani e 2000 lavoratori somali.
Cos’era successo? Mugne chiese l’autorizzazione alla Ue e la ottenne solo dopo le rassicurazioni di Francesco Sciortino, l’allora ambasciatore italiano in Somalia. Il 27 luglio 1998 Sciortino scrisse alla commissione di 700 famiglie ridotte sul lastrico in caso di diniego dell’autorizzazione all’esportazione in Europa. Il commissario incaricato della questione, Emma Bonino, si fidò così come prese per buona la smentita di Sciortino – “solo voci” – circa le allora già ben note accuse di traffico d’armi rivolte all’amministratore della Shifco. Le voci infatti erano ben tre: la prima datata 1993 quando il Sisde avvisò dell’arrivo a Livorno di una nave Shifco carica di armi e la seconda dell’anno successivo. Ecco cosa scriveva la polizia: «Il capitano della nave si identificherebbe in tale Mugne che avrebbe acquistato armi in Jugoslavia vendendole in Somalia e facendo ritorno in Italia con carichi di pesce». Il Sismi infine redasse un’informativa secondo la quale Mugne sarebbe stato «dedito a traffici di qualsiasi genere tra l’Europa e il Corno d’Africa, nonché sospettato di aver trasportato in Somalia una consistente partita di armi (costituita da artiglieria leggera e semovente, fucili Kalashnikov e altro), acquistata a Kiev».
Dopo tutto se Mugne non era né santo né poeta poteva sempre essere quanto meno pescatore e così, dopo una serie di controlli tecnici effettuati ad Aden (Yemen) l’autorizzazione, alla faccia di tutte le male lingue, arrivò regolarmente e le 700 famiglie, i 2000 somali e i 500 marinai italiani non morirono di fame.
Il dono delle sei navi
Le navi frigorifere non erano sempre state di proprietà Shifco, in origine erano state della stessa Repubblica Somala finché Ali Mahdi, il presidente che prese il potere dopo la caduta di Siad Barre, non decise di darle a tale Farah Munyah – ma il Sismi parlò di sequestro ordinato da Mugne – in cambio di 500mila dollari. Prima ancora le imbarcazioni erano state italiane finché non furono donate dal Dipartimento per la Cooperazione e lo Sviluppo del Ministero degli Esteri alla stessa Somalia. La flotta Shifco però cambiò immediatamente funzione e così come ufficialmente caricava le sue navi di pesce surgelato iniziò ugualmente a riempirle di centinaia di fucili mitragliatori e relative munizioni. Lo dice il rapporto S/2003/223 del Consiglio di Sicurezza Onu datato 25 marzo 2003. Il 14 giugno 1992, specifica il rapporto, una nave Shifco caricò dalla M.V. Nadia circa 300 fucili d’assalto Ak-47 dell’Est Europa e 250mila proiettili di piccolo calibro. Il carico fu poi sbarcato ad Adale, in Somalia. Complice di Mugne e regista dell’intera operazione fu il “principe di Marbella” Monzer al-Kassar, trafficante internazionale di armi che riuscì a violare sistematicamente l’embargo Onu sulla Somalia a partire dal gennaio 1992.
La storia della Shifco è complessa. Come spiegato nel 2000 dal senatore Russo Spena, tutto nacque da un contratto stipulato tra Sec di Viareggio e governo somalo nel 1979, con un credito finanziario di 18,638 miliardi di lire più successivi 5,74. Le prime tre navi furono, appena consegnate, subito girate dalla Repubblica Somala alla Cooperpesca dei fratelli Macinelli (uno dei quali dipendente di Renzo Pozzo, l’amministratore della Sec) per 350mila dollari ma nonostante la gestione italiana ci furono “incomprensioni mai chiarite” e le imbarcazioni furono fermate in zona equatoriale dove rimasero a marcire fino al 1985. Mugne e Pozzo non erano fatti l’uno per l’altro e litigarono finché il secondo non risolse ogni problema parlando con l’allora presidente Siad Barre che «fece intendere al Pozzo che se la Sec voleva continuare a lavorare con la Somalia doveva uscirsene dalla società di gestione … alla Sec interessava costruire per conto del Governo italiano altre tre navi di cui già si parlava come da destinare alla Somalia in dono».
Tutto risolto ma non erano solo i rapporti tra soci a deteriorarsi. Anche le navi stavano andando a pezzi al punto che Sec, su impulso dell’appena creato FAI (Fondo Aiuti Italiano), decise di rimetterle in sesto aggiungendo le altre tre previste. E’ il 1986 ed il “credito finanziario” si trasforma in “dono”. Le sei navi vengono affidate alla Somitfish (Shifco + Cooperpesca che controllava le prime tre) di Mugne. Passano due anni e a Mogadiscio viene in mente di rilevare tutte le azioni di Somitfish. Ovviamente senza pagare un soldo. La soluzioni la trova Renzo Pozzo di Sec:
«Ovviamente dalla Somalia non si vuole far uscire 350.00 dollari. Per superare questo punto occorre che le azioni abbiano un valore zero. Per fare questo è sufficiente che Somitfish abbatta il suo capitale sociale con, le perdite accumulate fino ad oggi. Esibendo in Italia il documento che certifica questa operazione la Banca d’Italia restituirà, su nostra disposizione, le azioni senza pretendere null’altro».
Somitfish è liquidata e Mugne, responsabile com’è del “Progetto Pesca”, riprende il controllo su mandato dell’Enfais di tutte le azioni di Pozzo. Dopo pochi mesi la nuova Shifco Malit accumula già una perdita di 2 miliardi di lire. Sec interviene ancora, ripiana il buco, prende a gestione i pescherecci, restituisce la gestione alla Shifco Malit che va in liquidazione e passa le navi alla Shifco di Mugne. Ed il cerchio si chiude. L’entrata della Panati servirà per ripianare le ulteriori e continue perdite la cui responsabilità Mugne respinse poi in toto perché “io non ho mai ricoperto alcuna carica nell’ambito della Somitfish”

Ma ora dove sono queste navi?
Attualmente conosciamo con precisione i nomi delle navi Shifco grazie anche ad un rapporto dell’ufficio cibo e veterinaria dell’Unione Europea che le visitò ad Aden (Yemen) il 18 novembre 1998. Il documento spiega che le sei navi furono costruite a Viareggio, le prime tre nel biennio 1981-82 e due nel 1990 e che tutte prevedevano una ciurma di 40 persone (la stima di 400 marinai fatta da Antonio Di Pietro appare quindi difficilmente giustificabile) e un carico massimo di 20 tonnellate di pesce surgelato. Il “pesce”, ci dice l’ufficio europeo, sarebbe stato pescato in Somalia, trasportato ad Aden e poi consegnato in Italia dove poi avrebbe preso la rotta dell’Arabia Saudita e della Giordania. E’ possibile rintracciare le navi in maniera univoca grazie al codice Imo, un identificativo internazionale permanente che rimane invariato al cambio di nome e bandiera di una nave. Il database online della Imo (International Maritime Organization) non contiene però i numeri assegnati alla flotta Shifco ad eccezione di uno. Se ne dovrebbe dedurre che le navi non sono più in circolazione. O meglio non dovrebbero più esserlo. In realtà molti database online sono incompleti e datati ed altri riportano dati spesso incorretti o fuorvianti. L’Imo delle navi Shifco è stato recuperato recuperarlo grazie ai dati della Intenational Association of Classification Societies, una società che si occupa di monitorare lo stato e le caratteristiche tecniche di più del 90% del naviglio mondiale. Nella banca dati della Iacs sono riportati tutti gli “overdue surveys” – una sorta di tagliando di controllo non più prorogabile – e le altre cause che hanno determinato il ritorno in cantiere di un’imbarcazione per essere revisionata.
La nave Urgull è stata fotografata (foto disponibili via Shipspotting.com) nel settembre 2005 a San Sebastián sulla costa basca spagnola al confine con la Francia. Dal 30 maggio 2007 al 14 luglio 2008 le foto ne documentano la presenza a Vigo. Il 4 febbraio 2009 è a Las Palmas nelle Canarie, il 22 febbraio 2009 ritorna sui propri passi superando Vigo e fermandosi poco più a nord nel porto di Caramiñal. Dal 5 luglio Urgull è fotografato sempre nelle vicinanze di Vigo, a Chapela e a Ria de Vigo. In effetti il Word Shipping Register conferma che l’Urgull è gestito dalla compagnia Urgora con sede in Honduras ma uffici proprio a Vigo.
Dopo quasi 20 anni e con l’eccezione di Urgull (ex 21 Oktoobar II) non sembra più possibile rintracciare con precisione le navi della Shifco che però esistono ancora e sono di proprietà di due compagnie: la Fishing Indian Ocean Catching e la Fishering Indian Ocean Catching. Considerando che l’80% delle navi batte attualmente bandiera del Belize, Honduras, Panama o Saint Vincent & Grenadines la nazione di registrazione non pare così importante. E’ importante invece sapere che la sede della Fishering, sempre secondo il Word Shipping Register, è situata a Mazza e Cozzile in provincia di Pistoia e cioè presso la sede della Panafin, per alcuni anni Sopal, la holding alimentare della partecipata statale Efim. La Panafin o PanafinPesce è tutt’ora di proprietà di Vito Panati, il manager che fu accusato da un suo dipendente di essere a conoscenza del traffico di armi organizzato da Munge. Panati ha però sempre negato come ha sempre negato di conoscere con precisione la movimentazione e le rotte delle sue navi.
Giovanni Stinco

La mappa delle 70 navi nocive affondate in Mediterraneo:
e qui il link al sito con la mappa interattiva le info

ipotesi morte capidogli in puglia (dicembre 2009)

Nel dicembre 2009 sette esemplari maschi sub-adulti di capodoglio (Physeter macrocephalus) si arenarono lungo le coste settentrionali della Puglia.
Tali eventi sono piuttosto rari nel Mar Mediterraneo, con particolare riferimento a quelli che coinvolgono specie di grandi dimensioni.
Gli spiaggiamenti di massa di cetacei sono eventi di difficile comprensione e le loro cause sono ancora in larga parte sconosciute, nonostante le numerose ricerche e le varie ipotesi avanzate.
(notizie copiaincollate da un articolo del “Giornale di Puglia“)

Qui di seguito trovate un video con la spiegazione del nefasto evento secondo Gianni Lannes:

meno carne più vita

Lucy Siegle (The Observer, UK)

I formaggi ricavati dal latte di mucca hanno un’impronta ecologica dalle 9 alle 21 volte più alta di quella dei formaggi vegani.

Importare 1 kg di frutta e ortaggi in aereo ha lo stesso impatto che produrre 1 kg di carne.

Anche il pesce è un alimento poco sostenibile: i pescherecci consumano circa 3.4 litri di carburante per chilogrammo di pescato.

Entro il 2050 la produzione di carne raddoppierà.

In media per produrre 1 kg di proteine animali ne servono 10 di proteine vegetali.

Gli animali allevati consumano 760 milioni di tonnellate di cereali all’anno, sette volte più di quelli usati per produrre biocarburanti.

Il 30% della superficie terrestre non coperta dai ghiacci è coinvolta nell’allevamento del bestiame.

La zootecnia è la principale responsabile del riscaldamento globale: le aziende del settore producono il 18% delle emissioni di gas serra, più di quelle dei trasporti.

Continuando ad aprire allevamenti rischiamo di far sparire tutte le altre forme di vita. Molte specie a rischio d’estinzione sono minacciate dall’erosione di vaste aree dei loro habitat, divorati dalla irrefrenabile crescita del settore zootecnico.

Per combattere il riscaldamento globale è meglio diventare vegetariani che comprare un’auto ibrida.

La carne biologica riduce di molto l’impatto sull’ambiente.

E’ il momento di diventare vegetariani.

il magnifico Albatros

Gli Albatros sono uccelli marini di grandi dimensioni.
Ne esistono una ventina di specie.
L’albatro urlatore e quello reale sono gli uccelli dalla maggiore apertura alare (fino a 3,5 metri) viventi sulla terra.
Vivono principalemente negli oceani meridionali.

Personalmente li ho visti a Taiaroa (NZ) ed è stata una esperienza semplicemente magica che mi ha REALMENTE cambiato la vita.

Sono creature maestose e magnifiche…in grado di volare a pochi centimetri dalle onde oceaniche, per centinaia e centinaia di miglia…ininterrottamente .
Trovano nutrimento esclusivamente dal mare e vengono sulla terra ferma solo per nidificare.
Sono immensi ma magnificamente aggraziati, planano senza quasi mai battere le ali sfruttando al meglio i forti venti oceanici.
Sano in grado di volare centinaia di chilometri al giorno per settimane di seguito…un animale con satellitare ha percorso 6’000 km in 12 giorni.
Vivono circa 50 anni ed iniziano a riprodursi non prima dei 5/10.
Da quel momento, per il resto della vita, la coppia è fissa e monogama.
La “rottura” della coppia avviene solo se si manifesta sterilità o se uno dei due non fa ritorno all'”appuntamento uovo”.
L’albatro vive tutta la vita in mare aperto…in totale solitudine ma, regolarmente, puntualmente, la coppia si ritrova nel posto giusto e nel giorno e mese giusto sulla terra ferma per riprodursi.
A volte uno dei due è qualche giorno in ritardo allora il compagno attenderà.
Se il ritardatario non tornerà, l’altro aspetterà per settimane intere poi volerà via e tornerà l’anno successivo.
Se ancora manca il partner allora, forse, si cercherà un nuovo sposo…forse…se il cuore glielo permetterà nuovamente.
Un uovo solo è deposto dalla femmina (di solito ogni due anni) e al “piccolo” serviranno molti mesi (dai 5 ai 10 dipende dalle specie) prima di prendere il volo.
In questo lungo periodo i due genitori vanno a pesca nei “dintorni” del nido e rientrano un paio di volte al giorno per nutrirlo. Ma a volte per cercare cibo stanno via giorni…a volte gli adulti fanno 3000 km per cercare il cibo per il piccolo.
Mentre il pulcino ingrassa (fino anche a 12 kg) i genitori dimagriscono considerevolmente perchè rigurgitano parte del loro pasto per nutrire il figlio.
Nel periodo finale, quando le piume da volo iniziano a farsi vedere, i genitori tengono il figlio “a dieta” per portarlo al “peso forma” di circa 10 kg (per l’albatro reale…quello che ho avuto il privilegio di vedere in NZ).
Un giorno il figlio decollerà, senza avvertire i genitori che troverranno il nido vuoto. Non è dato sapere se in mare si reincontreranno mai…è possibile che il figlio tornerà a nidificare lì dove è nato.

Ingegneristicamente l’albatro è semplicemente straordinario…un autentico capolavoro…
Il notevolissimo allungamento alare (ala molto larga (destra – sinistra) e poco lunga (avanti – dietro)) permette una efficienza da record (perdendo quota fa tantissima strada in avanti).
L’ala infatti è così tanto portante che a volte, quando c’è tanto vento, l’unica possibilità che ha di atterrare è chiudere le ali e lasciarsi “cadere” a terra…se le ali stanno aperte è impossibile andar giù!!!
L’ala è talmente grande che si piega in tre parti…tutti gli altri uccelli in due.
L’albatro ha un sistema osseo unico nel regno animale che blocca, meccanicamente, le ali nella posizione “aperta”. Grazie a questo “trucchetto” l’albatro usa pochissimo i muscoli (ha infatti dei pettorali piccolissimi…fatte le dovute proporzioni).
L’albatro ingerisce troppo sale ma questo viene smaltito grazie ad un organo “magico” (una specie di desalinizzatore) posto alla base del cranio. Qui viene prodotto un liquido saturo di sale che viene espulso attraverso le narici. Il becco dell’albatro è solcato da due scanalature che uniscono le narici alla punta adunca.
In oceano aperto spesso sulla punta del becco si forma una “lacrima”. I marinai hanno per questo motivo creduto per secoli che questo magnifico uccello fosse triste e piangesse per il dolore di una vita passata in solitudine nell’immensità dell’oceano.

C’è un problema…un problema grave…gravissimo…mortale:
la maggioranza degli albatri sono a rischio di estinzione.
L’uomo lo sta estinguendo.
Le reti da pesca affioranti, la scarsità di pesce, la distruzione (o anche il “disturbo”) dei luoghi (una manciata in tutto il mondo) di riproduzione, l’alterazione (volontaria o involontaria, consapevole o inconsapevole) degli ecosistemi in generale, e, dagli anni ’60 sempre di pù, l’ingestione di plastica galleggiante.
Gli albatri vivono distanti migliaia di chilometri dall’uomo e nonostante ciò, pescano e mangiano etti e etti di plastica…accendini, sacchetti e tappi di coca cola galleggiano ovunque, anche nei più remoti e selvaggi oceani del sud, e vengono ingeriti dagli uccelli marini che, non potendola digerire, muoiono. Quando “fortunati” muoiono velocemente di blocco intestinale, quando sfortunati muoiono di fame, lentamente, nonostante mangino, perchè lo stomaco, pieno di plastica, non riesce a digerire tutto il pesce.

Qui trovate una carrellata di foto drammatiche.
Qui un buon sito dove potete informarvi, aiutare e anche “supportare” per cercare di salvare questo magnifico animale.

inquinamento atmosferico…capiamoci

Variazioni annuali ed andamento generale

I grafici seguenti 1. mostrano l’andamento della concentrazione della CO2 (biossido di carbonio) atmosferica dal 900 al 2000 (Source: CNRS – Université de Grenoble) e maggiormente nel dettaglio dal 1960 al 2000 (Source: Dave Keeling and Tim Whorf – Scripps Institution of Oceanography).

La curva di Keeling, costruita nel laboratorio posto in cima al vulcano di Mauna Loa nelle Hawaii, al centro dell’Oceano Pacifico (luogo ideale per campionare l’aria “media” dell’intero emisfero settentrionale), mostra chiaramente oscillazioni annuali sovrapposte all’andamento generale crescente della curva.

Gli esperti che compilano i bilanci del carbonio hanno scoperto che le variazioni stagionali nella liberazione di prodotti derivanti dai combustibili fossili sono sorprendentemente piccole. I dati indicano che anche l’ipotesi che dietro le oscillazioni possa nascondersi l’Oceano – immensa e complessa componente del ciclo del carbonio – è da scartare. Il ciclo evidenziato a Mauna Loa riflette il flusso netto di CO2 attraverso gli ecosistemi continentali legato al bilancio globale fotosintesi-respirazione della biosfera. Se i processi di fotosintesi e di respirazione fossero sempre e ovunque in equilibrio, non si registrerebbe alcuna oscillazione nei rilevamenti. Ma non lo sono: durante le stagioni calde le temperature elevate favoriscono un’intensa attività respiratoria, tuttavia l’attività fotosintetica è ancora più intensa e nel bilancio complessivo prevale l’inspirazione di CO2; durante le stagioni fredde l’attività fotosintetica precipita quasi a zero, mentre l’attività respiratoria continua, benché ridotta rispetto ai ritmi intensi dei periodi caldi, e nel bilancio complessivo prevale l’espirazione di CO2.

Il grafico tridimensionale del respiro della biosfera 2 (Source: Carbon Dioxide Information Analysis Center – National Laboratory of the Oak Ridge) – che illustra le oscillazioni della concentrazione atmosferica della CO2 in funzione del tempo (intervalli di un mese) e della latitudine (distanze di 10°) – mostra che alle basse latitudini (dove le variazioni di temperatura nel corso dell’anno sono limitate) e nell’emisfero australe (dove le terre emerse alle alte latitudini hanno estensioni ridotte e l’Antartide è coperta dal ghiaccio per il 95% della sua superficie) il bilancio fotosintesi-respirazione è quasi in pareggio in tutte le stagioni e le oscillazioni annuali del ciclo della CO2 sono pressoché trascurabili.

Cause e relazioni con il surriscaldamento globale

Il costante aumento della concentrazione atmosferica della CO2 è ampiamente studiato e le ipotesi relative alle sue cause sono discusse. Particolarmente dibattuta la questione dell’individuazione delle corrette relazioni causali tra tale aumento e surriscaldamento globale.

La stretta relazione tra il fenomeno dell’aumento della concentrazione dei gas serra ed il fenomeno del surriscaldamento globale appare infatti in modo evidente: come si può vedere nel grafico sottostante 3 (Source: Jouzel et al. – Nature 1993), costruito elaborando i dati raccolti attraverso carotaggi nel ghiaccio del lago antartico Vostok, gli andamenti delle curve che rappresentano le variazioni nel tempo della temperatura e della concentrazione dei gas serra sono sostanzialmente identici. Ci si potrebbe però domandare se sia l’aumento nella concentrazione dei gas serra a causare l’innalzamento della temperatura o se viceversa non possa essere un aumento della temperatura globale legato ad altre cause a rendere l’atmosfera maggiormente capace di contenere elevate concentrazioni di gas serra, che altrimenti sarebbero riassorbiti nel ciclo del C in quote superiori (la solubilità dei gas in acqua diminuisce all’aumentare della temperatura) e che certamente contribuirebbero a loro volta al surriscaldamento globale ma che non ne sarebbero in tal caso la causa prima (questa seconda ipotesi viene sostenuta da chi si oppone alla politica dell’abbassamento delle emissioni di gas serra).

Le analisi delle piccole bolle d’aria che rimangono intrappolate nel ghiaccio al momento della sua formazione possono fornire indicazioni sulla composizione dell’atmosfera terrestre nelle trascorse ere. I risultati di tali analisi mostrano che le concentrazioni atmosferiche di gas ad effetto serra, come la CO2 ed il CH4 (metano), negli ultimi 650.000 anni non sono mai state tanto elevate quanto lo sono ora.

Nel periodo compreso tra 650.000 anni fa ed il 1800 (inizio della rivoluzione industriale) i valori della concentrazione atmosferica della CO2 hanno oscillato tra un minimo di 180 ppm (parti per milione) ed un massimo di 300 ppm, e nei 10.000 anni immediatamente precedenti la rivoluzione industriale il valore è rimasto più o meno costantemente intorno a 270-280 ppm. Misure in tempo reale sono state eseguite solo a partire dal 1958, quando la concentrazione atmosferica della CO2 era già arrivata a 315 ppm. I valori attuali sono stimati intorno a 380 ppm.

La velocità di crescita della concentrazione atmosferica della CO2 dall’epoca industriale ad oggi è assolutamente eccezionale: a partire dal 1800 la CO2 atmosferica è aumentata circa del 35% e nell’ultimo decennio l’incremento medio è stato di quasi 2 ppm/anno, una velocità di crescita che è circa 200 volte più grande della più alta velocità di variazione osservabile durante gli ultimi 650.000 anni. Dalle analisi risulta quindi che nell’ultimo periodo vi sono state variazioni eccessivamente marcate della concentrazione di CO2, variazioni mai verificatesi in precedenza, che sono all’evidenza dei fatti imputabili all’attività umana e che sono queste causa del surriscaldamento. Se si osserva nel dettaglio la linea dell’aumento della temperatura dall’inizio del 1900 ad oggi (con le flessioni in corrispondenza di fenomeni significativi come la crisi economica del ’29, la seconda guerra mondiale, la crisi energetica del ’70) si vede che il suo andamento è fortemente influenzato dall’aumento dell’utilizzo dei combustibili fossili (andamento analogo) e dal cambiamento dell’uso del suolo (la perdita di terreno agricolo e soprattutto il taglio degli alberi riducono la quota di assorbimento della CO2).

L’ipotesi secondo la quale vi sarebbe una relazione causale tra le attività antropiche (utilizzo dei combustibili fossili e deforestazione) e il vertiginoso aumento della CO2 atmosferica verificatosi negli ultimi due secoli è pertanto decisamente fondata. Non si può perciò più sostenere che il riscaldamento globale sia parte di una variabilità normale e strettamente naturale: la causa è umana.

Dall’epoca industriale ad oggi abbiamo prodotto e introdotto nell’ambiente circa 30 miliardi di equivalenti tecnologici del metabolismo umano, come risulta dalla misura del rilascio di CO2 dai combustibili fossili; nutriamo infatti questi servi tecnologici con l’energia contenuta nei resti della Vita antica: petrolio, carbone e gas naturale. Abbiamo incrementato considerevolmente la quota respiratoria, oltre a ridurre quella fotosintetica, e stiamo assistendo a quel che accade ad un’atmosfera nella quale i respiratori sono preponderanti rispetto ai fotosintetizzatori.

Il futuro

Alcuni dicono che vi siano state epoche nelle quali le concentrazioni atmosferica di CO2 erano più elevate delle attuali. È vero, ad esempio 250 milioni di anni fa e 500 milioni di anni fa, però sulla Terra non c’erano uomini ma batteri e meduse e animali che poi si sono estinti. Forse fumavano troppo!

In previsione, dal 1900 al 2100 avremo la stessa variazione nella concentrazione di CO2 nell’aria di quella che si è verificata dall’ultima glaciazione ad oggi. Nei tempi più lunghi trascorsi dall’ultima glaciazione molti animali hanno avuto modo di migrare per sopravvivere. Più difficile potrebbe essere far emigrare in modo equilibrato e in tempi relativamente brevi l’animale uomo organizzato in città come Roma o New Orleans.

Alcuni popoli, come i Vichinghi o gli abitanti dell’Isola di Pasqua, sono decaduti a causa dei cambiamenti climatici. Si può quindi dire che tutto ciò sia “normale”? Interessante notare che, mentre gli Inuit – che non sono mai stati commercianti – ancora vivono in Groenlandia, i Vichinghi – che scambiavano il grasso di balena con il bronzo – sono caduti in declino. Vale il pensiero degli indiani Creek: quando avrete pescato l’ultimo pesce, ucciso l’ultimo bisonte, inquinato l’ultimo fiume, allora via accorgerete che i soldi non si mangiano.

L’aumento della temperatura avrà come conseguenze l’incremento della siccità, la crescita del numero degli incendi, il dilagare del rischio alluvioni, la salinizzazione delle acque costiere, l’innalzamento del livello marino di 20-30 cm in pochi anni (alcune zone sono particolarmente vulnerabili, come in Italia la Toscana, il Friuli Venezia Giulia e l’Emilia Romagna). Il fenomeno dell’innalzamento del livello del mare è dovuto per più della sua metà alla dilatazione dell’acqua; solo meno della metà dell’innalzamento del livello del mare è dovuto allo scioglimento dei ghiacci (lo stesso fenomeno fisico, responsabile dei passaggi di stato della materia, interviene in entrambi i casi: l’allentamento delle forze di legame tra le molecole d’acqua).

Inoltre, il problema della temperatura non riguarda semplicemente l’aumento medio di 3-4 gradi previsto per il 2050-2100 (anche 5 gradi in alcune regioni). I rischi maggiori sono legati ai momenti corrispondenti ai picchi dell’andamento di crescita (come è stato nell’anno 2003). Infine, aumenterebbero le temperature medie ma senza che si verifichi un innalzamento delle temperature più basse ovvero aumenterebbe la varianza e si andrebbe verso un clima più estremo.

Chi ritiene possibile una crescita infinita in un mondo finito può essere solo un pazzo o un economista! Negli Stati Uniti, alcune strade di Phoenix hanno dodici corsie e si forma coda su tutte e dodici.

I politici, legati ai grandi poteri economici (nel caso in questione soprattutto ai gestori delle risorse energetiche fossili, petrolio e metano), sostengono che a partire dal 2050 le immissioni di CO2 saranno dimezzate. Per forza: non ci sarà più petrolio! O meglio, sarà finito il petrolio economico, cioè quello produttivamente utile. Entro pochi anni o decenni l’offerta finirà. Il metano – per il quale si combattono guerre come per il petrolio – avrà il suo picco di produzione solo poco dopo quello del petrolio, quindi scenderà subito anch’esso. La Terra del petrolio dovrà diventare la Terra del sole e del vento. Le tecnologie per le energie alternative prenderanno obbligatoriamente piede: non diminuirà il loro costo, ma aumenterà sempre più quello delle fonti fossili.

L’Italia è uno dei paesi più soleggiati d’Europa e al contempo l’ultimo per quanto riguarda lo sviluppo delle strategie di produzione di energia pulita alternativa a quella prodotta con i combustibili fossili. Dietro a paesi che hanno molto meno sole del nostro, come tutti i paesi nordici. Dietro a paesi tecnologicamente arretrati rispetto al nostro, come la Turchia. Dietro paesi che non hanno problemi di immediato approvvigionamento energetico come Israele, ricca di petrolio.

I politici italiani hanno però deviato verso lo sviluppo degli inceneritori i 6 euro che ogni italiano paga con ogni bolletta energetica per lo sviluppo delle fonti energetiche alternative! Ci sono riusciti con uno dei soliti stratagemmi meschini dei quali è pratico chi è abituato all’inganno legalizzato: aggiungendo la postilla «e assimilati» all’articolo che definiva l’utilizzo di tali risorse economiche. Va qui precisato che gli inceneritori non distruggono nulla: rispondono sempre alle leggi della termodinamica (nulla si crea e nulla si distrugge) per cui trasformano i rifiuti che vengono bruciati in altri rifiuti, che hanno forma di gas e di ceneri. In particolare, nei processi di combustione ad altissima temperatura si producono polveri sottili (invisibili) che le ricerche mediche non sponsorizzate sempre più indicano come generatrici di gravi patologie: dai pm10 ai pm01 (ultime indagini evidenziano uno stretto rapporto tra le pm2.5 e la diffusione di numerose forme cancerogene). Gli inceneritori sono inoltre sconvenienti dal punto di vista energetico, soprattutto se rapportati alle strategie che prospettano il riutilizzo e il riciclaggio delle materie anziché la loro eliminazione.

Dovranno essere sviluppate strategie per l’utilizzo delle risorse energetiche solari ed eoliche. Nel settore eolico sono stati ultimamente elaborati dei modelli di mulino a vento volante d’alta quota: specie di enormi aquiloni a forma di giostra rotante, capaci di sfruttare la grande forza dei venti che sono sempre presenti ad alte quote e caratterizzati al contempo dall’ulteriore vantaggio di essere meno impattanti da un punto di vista paesaggistico.

Ottime sono le strategie dell’autosostentamento energetico e della rete: ogni cittadino può produrre l’energia che gli è necessaria, può immagazzinarla e può eventualmente venderla immettendola in rete.

Inoltre, la maggior parte delle energie prodotte viene sprecata. Pertanto, si dovrà intervenire anche e soprattutto sul risparmio energetico a tutti i livelli di scala: dal privato al pubblico, dalle abitazioni alle strutture produttive, dai mezzi di trasporto alle tecnologie industriali e domestiche.

Tutte queste vie di sviluppo tecnologico, riguardanti tanto la produzione di energia pulita quanto il risparmio energetico, conducono ad un enorme incremento dell’indotto lavorativo, un aumento dell’occupazione superiore e più diffuso rispetto a quello che si può realizzare con l’apertura di nuove centrali a carbone (e di nuove centrali nucleari) o degli inceneritori, strutture la cui realizzazione i. aumenta – anziché ridurre – la nostra dipendenza energetica da stati esteri (giacché non siamo produttori di carbone né possediamo importanti giacimenti di uranio), ii. porta a un peggioramento dello stato dell’ambiente e delle nostre vite e iii. non concorre a distribuire la ricchezza prodotta all’interno del sistema sociale ma al contrario la accentra nelle mani di pochi imprenditori (che hanno il potere di influenzare in modo più o meno diretto le vie politiche e l’informazione pubblica al fine di raggiungere i propri fini privati). Oltre a ciò, le nuove vie per lo sviluppo energetico sostenibile hanno insieme il non trascurabile vantaggio di portare ad un miglioramento del mondo che ci circonda: il lavoro dovrebbe sempre servire a questo, a migliorare la nostra vita e quella di tutti.

l’uomo sul pianeta Terra è una creatura recentissima

La Terra è una palla di materia che ruota senza sosta ad una certa distanza dal Sole (la nostra stella).
Il Sole illumina la Terra riscaldandola.
La distanza Terra-Sole è perfetta: nè troppo vicino nè troppo lontano.
Grazie a questo “magico” equilibrio la vita sul nostro pianeta è stata possibile…ma…c’è voluto un sacco di tempo ed è un equilibrio “delicato”.

Ad oggi (2009) si ritiene che l’evoluzione della Terra e della vita su di essa sia andata più o meno così:
Il nostro pianeta compare in orbita attorno al Sole circa 4’560’000’000 (quattro miliardi e mezzo) di anni fa.
Per i successivi quattro miliardi di anni succedono un sacco di cose (ma cose un pò “tecniche” che interessano principalmente gli scienziati, gli astronomi, i geologi e i fisici).
Si considera che la “vita” abbia avuto “origine” circa 3’800’000’000 (tre miliardi e otto cento milioni) di anni fa.
Ma ci sono voluti più di tre miliardi di anni per passare da queste primordiali tracce di materia organica alla comparsa dei primi vertebrati!
…i dinosauri non sono ancora all’orizzonte, l’uomo tantomeno…
Infatti solo circa 544’000’000 (cinque cento quaranta quattro milioni) di anni fa, nel big bang biologico del cambriano,  tutto inizia a “girare bene” (l’ossigeno libero presente in atmosfera raggiunge valori prossimi alla concentrazione attuale) e in cielo, in mare e poi (370 milioni di anni fa i tetrapodi per primi) a terra fiorisce la natura…animali e vegetali ovunque.
Dopo circa 150’000’000 (cento cinquanta milioni) di anni arriva il momento dei dinosauri.
I dinosauri oltre ad essere parecchio affascinanti hanno pure una pellaccia bella dura: hanno dominato la scena fino a circa 65’000’000 (sessanta cinque milioni) di anni fa.
I dinosauri camminano sul super-continente detto “Pangea”…insomma…è talmente tanto tempo fa che tutto era diverso…non c’era l’oceano atlantico nè il polo sud e nemmeno il K2…era proprio tutto diverso.
Quindi il Giurassico poi il Cretaceo poi il Paleocene e l’Eocene e l’Oligocene e il Miocene e…etc etc etc…
Poi, circa 3’000’000 (tre milioni) di anni fa, non si sa bene da dove (si ipotizza in evoluzione dalle scimmie), compare il primo “circa uomo” (che va a spasso principalemtente su due zampe).
Quindi fuoco, clave, scappa e nasconditi, assaggia e muori, pietre scheggiate, urli e strepiti, botte da orbi e paura di fulmini e animali feroci per lunghi tre milioni di anni.
L’Homo Sapiens fa il suo strepitoso ingresso in scena circa 80’000 (ottanta mila) anni fa.
Per imparare a comunicare in modo complesso serviranno 40’000 (quaranta mila) anni.
25’000 (venti cinque mila) anni fa tutti in ghiacciaia con l’ultima era glaciale.
12’000 (dodici mila) anni fa l’evoluzione agricola e l’invenzione della ruota migliorano la qualità della vita degli uomini e sul pianeta si contano circa dieci milioni di bipedi parlanti.
5/6’000 (cinque/sei mila) anni fa (3’000 BC) si impara a scrivere e grandi civiltà compaiono e scompaiono ma lasciando segni che sono arrivati fino a noi (per esempio le piramidi egizie). La popolazione mondiale è di circa 50 milioni.
2’000 anni fa nasce Gesù Cristo mentre due grandi civiltà si distinguono dalle altre per ricchezza (economica e culturale) e potenza militare: la greco/romana e la cinese. In queso momento ci sono circa 200 milioni di uomini.
Oggi…beh…oggi siamo ormai quasi 7 miliardi di uomini. Ci siamo divisi in una miriade di culture e nazioni mah…beh…la “palla-terra” è sempre la stessa dell’inizio del viaggio.

Riassuntino?!?…dai…
Riassuntino:
per rendere i tempi un pelo + comprensibili facciamo una “finta”…facciamo finta che adesso è il 2009 ma è mezzanotte di capodanno e facciamo finta che la notte di capodanno scorso è quattro miliardi e mezzo di anni fa (il momento della comparsa della Terra attorno al Sole)
Riassumiamo quindi tutta la storia della Terra in 365 giorni:
— a capodanno scorso è comparso il nostro amato pianeta
— primi giorni dell’anno….lentamente, tra la neve, torniamo a lavorare…
— febbraio, marzo…la neve inizia a sciogliersi
— primavera…il sole si fa vedere sempre di più e i fiori e gli insetti ritornano visibili ma…sulla Terra nulla!…solo fuoco e roccia…
— aprile, maggio, giugno…e la primavera diventa estate ma sulla Terra ancora niente di niente!
— luglio, agosto…finalmente le tanto agognate vacanze al mare…ma il nostro pianeta è ancora completamente invivibile!
— settembre, ottobre e ancora nulla!…sul pianeta Terra tanti fenomeni geologici scientificamente molto interessanti ma di vita poco e niente…
— novembre, inverno, nuovamente la neve e ancora non è successo nulla!
— addirittura inizio dicembre…
— 5 dicembre, 6, 7, 8, 9 dicembre, 10 dicembre, 15 dicembre
— iniziamo a fare i preparativi per Natale…, 20 dicembre, 24 dicembre, la notte di festa dei vostri bimbi
— passa Natale e riempiamo i cassonetti dell’immondizia di carte colorate e vecchi giocattoli
— 25, 26, 27, 28 dicembre…iniziamo ad organizzarci per la festa di capodanno ma sulla Terra è ancora tutto un caotico ribollire di vulcani e terremoti…
— l’anno è praticamente finito e ancora niente di niente di niente!
— 29, 30…ooooh!…ecco!…finalmente la situazione si stabilizza un pò e nel pomeriggio di ieri (il 30 dicembre), alle 16 circa, compaiono foreste ed animali…
— poi, questa situazione si modifica secolo dopo secolo e arrivano i mitici dinosauri…sono le 4 di notte del 31 dicembre…insomma…la notte appena passata!
— i dinosauri come abbiamo detto sono andati a zonzo per un bel pò ed infatti alle 18 (mentre voi preparate le lenticchie e la sera è ormai arrivata) erano ancora in giro…dell’uomo non c’è ancora nessuna traccia…
— mangiate pure con calma…l’uomo non sarà a tavola con noi stasera…
— il presidente sta facendo il discorso a reti unificate; sono le 23:54 e fuori dalla finestra si iniziano a vedere delle scimmie che invece di saltare da un ramo all’altro corrono su due piedi!
— riempite i bicchieri di spumante ed alzatevi tutti in piedi…ci siamo…mancano una manciata di secondi alla mezzanotte…non preoccupatevi…l’uomo arriverà…all’ultimo momento ma arriverà!!!…
— ed infatti eccolo che bussa alla porta appena in tempo per fare tutti assieme il conto alla rovescia…e allora…”dieci…nove…otto…”
— al “quattro” inizierà a parlare anche l’ospite d’onore (al “10” non era ancora granchè espressivo 🙂
— al “tre” quel brivido che sentirete non è l’emozione della festa ma l’ultima era glaciale!
— all'”uno” ruota e agricoltura!!!
— 58 centesimi di secondo prima dello zero ecco le grandi civiltà con le piramidi e le scritture
— 23 centesimi di secondo prima dello zero ecco Gesù
— e gli ultimi duemila anni di “storia” passano in 23 centesimi di secondo
…ma il nostro pianeta è lì dal primo gennaio…ricordate?!?…

Riassunto del riassuntino?…dai…al volo!:
il primo gennaio compare il nostro pianeta poi vulcani e macelli per tutta la primavera e tutta l’estate e tutto l’autunno e gran parte dell’inizio inverno, il 30 dicembre alle 16 esplode la vita sulla terra, il 31 dicembre alle 4 di mattina compaiono i dinosauri (dureranno fino alle 18:30) poi mammiferi, insetti, rettili e strani animali. Alle 23:54 le scimmie si mettono in piedi (mah…sarà veramente andata cosi?!?…boh!…) e finalmente l’Homo Sapiens 9,24 secondi prima di mezzanotte, la ruota 1,39 secondi prima dei fuochi e Gesù 0,23 secondi prima dello zero.
Bene…sono molto soddisfatto!!!…in questo modo secondo me è più facile capire quanto tanto la storia dell’uomo sia recente…anzi…recentissimissima…se paragonata alla storia del pianeta.

NB: il Big Bang (cioè il momento della nascita dell’universo) fu 13.8miliardi di anni fa. Quindi passarono circa 10miliardi di anni tra il Big Bang e la formazione astronomica della nostra Terra. Cioè, nella metafora del calendario: Big Bang il 1 gennaio 2000 e formazione Terra il 1 gennaio 2002 e vita sulla Terra il 30 dicembre 2002.

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