Tag: pittore

Piet Mondrian

Piet Mondrian nasce ad Amersfoort (Utrecht) nel 1872. Quando nel 1908 si trasferisce a Domburg, in Zelanda, incontra il pittore Jan Toorop e la sua influenza sarà decisiva nel segnare il passaggio dalla prima maniera naturalistica a quella simbolista. La sua pittura inizia così a subire una progressiva semplificazione dell’immagine insieme all’uso di colori molto accesi. Un esempio di questa fase è rappresentato dalla storica serie di opere sul tema dell’albero. Tra il 1914 e il 1919 ritorna in Olanda e la sua pittura si avvia definitivamente verso una rigorosa ricerca astratta e una radicale elementarizzazione delle linee e dei colori. Nel 1917 fonda, insieme a Theo van Doesburg, la rivista De Stijl. Intorno a quest’ultima nasce il gruppo del Neoplasticismo, teso verso una ricerca di nuove modalità espressive basate, appunto, su rapporti elementari ed essenziali nelle forme e nei colori. I presupposti teorici della sua pittura si basano sull’incontro con la filosofia idealistica tedesca e la teosofia e puntano verso un equilibrio tra l’uomo e l’universo. I suoi quadri si riducono così a una essenziale rappresentazione di linee rette che si incontrano ortogonalmente e definiscono serie di quadrati e rettangoli per i quali vengono utilizzati solo colori elementari. Dal 1940 si trasferisce definitivamente a New York dove muore nel 1944.

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Francesco Clemente

Francesco Clemente nasce a Napoli nel 1952. Trascorre l’infanzia a stretto contatto con le immagini del ‘600 pittorico e dopo la maturità comincia  a dipingere da autodidatta, scrive e pubblica poesie. Nel 1970 si iscrive a Roma alla Facoltà d’Architettura e conosce Alighiero Boetti da cui si lascia influenzare artisticamente. Nel 1971 tiene la sua prima personale presso la Galleria di Villa Giulia  a Roma. Successivamente si trasferisce in India, a Madras, dove apre un suo studio e lavora anche in collaborazione con artisti indiani realizzando con loro un gruppo di miniature. Avvicinatosi nel 1979 al movimento teorizzato da Achille Bonito Oliva della Transavanguardia, ne diventa uno dei maggiori esponenti insieme a Chucchi, Chia, De Maria e Paladino. Con questi ultimi tiene un’esposizione a Colonia. Gli anni ’80 sono caratterizzati da una decisa reazione all’arte concettuale e segnano anche l’inizio di un grande successo internazionale per Clemente che dal 1981 si trasferisce a New York, operando in collaborazione con Warhol, Basquiat, Ginsberg. In questi anni realizza una serie ispirata alle stazioni della Via Crucis e organizza una raccolta di fotografie d’architettura. Ancora oggi vive e lavora nella città statunitense.

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Mario Schifano

Mario Schifano nasce a Homs, in Libia, nel 1934 ma si trasferisce ancora giovanissimo a Roma con la famiglia. Nel 1959 tiene la sua prima personale esponendo opere informali. Successivamente comincia a dipingere quadri monocromi (grandi carte incollate su tela e ricoperte di un solo colore). I primi anni ’60 lo vedono avvicinarsi alla Pop Art e nel 1965 realizza un ciclo di opere dedicate al Futurismo. Nel 1967 presenta il lungometraggio Anna Carini vista in Agosto dalle farfalle e successivamente una trilogia di film. La sua incessante attenzione per la ricerca lo spinge a compiere continue sperimentazioni e, agli inizi degli anni ’70, riporta delle immagini televisive direttamente sulla tela emulsionata. Tali immagini, estrapolate dal ritmo narrativo cui appartengono, vengono riproposte con tocchi di colore alla nitro che ne accentua il carattere straniante. A partire dagli anni ’80 l’interesse principale di Schifano diventa il mondo naturale che reinventa e ripropone attraverso immagini veicolate da apparecchi televisivi. Nell’ultima fase della sua carriera l’artista romano è particolarmente impegnato nell’organizzazione di personali e attività espositive di vario genere. Muore a Roma nel 1998.

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Jackson Pollock

Il pittore statunitense Jackson Pollock nasce a Cody nel 1912.
Trascorre l’infanzia e la giovinezza in Arizona e California dove ha modo di conoscere i disegni rituali sulla sabbia degli indiani Navaho. Esercitano su di lui una notevole influenza anche la pittura messicana di D. A. Siqueiros e J. C. Orozco; quella di Picasso e quella di surrealisti come Mirò, Matta ed altri. A partire dal 1938, nelle sue opere assumono sempre maggiore importanza le forme di espressione irrazionale e primitiva. Nei quadri di questo periodo diventa centrale la figura totemica caricata di una forte simbologia sessuale. Profondamente convinto della non casualità di ogni gesto, dal 1946 introduce la tecnica del dripping e diventa il principale punto di riferimento di quella nuova espressione artistica definita action painting. Il dripping è una tecnica pittorica in cui l’artista realizza sgocciolature e spruzzi di colore sulla tela, che viene poggiata sul pavimento, entrando così fisicamente all’interno del quadro. In questo modo è l’emozione stessa dell’artista a divenire il centro della creazione pittorica che si manifesta attraverso i segni lasciati dallo sgocciolare del pennello che segue i movimenti del corpo. Le opere di Pollock, che muore a Long Island nel 1956, saranno determinanti per i successivi sviluppi della pittura informale tanto americana quanto europea.

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Bruno Munari

Artista geniale! Difficile classificarlo in una categoria precisa. Famose le sue “macchine inutili”. Esposte per la prima volta nel 1933, si tratta di strutture mobili formate da elementi geometrici da appendere nello spazio e quindi in continua trasformazione. Precursore dell’arte cinetica è stato un instancabile sperimentatore, sempre attento alle forme della visione e alle possibilità percettive. Straordinario il suo rapporto con il mondo infantile!

“Inventore, artista, scrittore, designer, architetto, grafico, gioca con i bambini”. Così Munari si presenta in occasione della sua mostra a Cantù nel 1995, evidenziando l’importanza del gioco, dell’azione insieme ai bambini. Perché tanto interesse per il mondo dell’infanzia?…
“Non potendo cambiare gli adulti, ho scelto di lavorare sui bambini perché ne crescano di migliori. E una strategia rivoluzionaria quella di lavorare sui e con i bambini come futuri uomini”. E ancora: “Ci dobbiamo occupare dei bambini e dare loro la possibilità di formarsi una mentalità più elastica, più libera, meno bloccata, capace di decisioni. E direi, anche un metodo per affrontare la realtà, sia come desiderio di comprensione che di espressione. Quindi, a questo scopo, vanno studiati quegli strumenti che passano sotto forma di gioco ma che, in realtà, aiutano l’uomo a liberarsi”.

Per saperne di più consulta il sito wiki, la Collezione Bruno Munari, Munari e i bambini.

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