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La dittatura dell’Oligarchia Globale

Le banche ricevono denaro a basso interesse ed al posto di reimmetterlo sul mercato del lavoro a basso interesse lo usano per comprare i BTP, ovvero il nostro debito. Strozzini con i nostri soldi!
Così cresce il nostro debito e loro fanno ancora più affari. Questo governo, messo li dalla grande finanza, vuol invece convincerci che il problema sono i taxi e che il costo della benzina dipende dalla rete di distribuzione!!
Beh se noi italiani ci crediamo …. ce lo meritiamo!!!
Le agenzie di rating, soggetti privati in mano alla grande finanza, declassano l’Italia, e promuovono la Cina paese iperinquinante, senza democrazia, fiancheggiatore di tutte le dittature africane, privo di regole chiare di finanza, e l’India paese dove esistono ancora le caste, milioni di miserabili, dove c’è guerra ed un conflitto religioso che non ha pari altrove.
Oh voi che siete contro le frontiere, contro gli stati nazionali, contro la cultura delle identità e delle diversità, voi che siete per il villaggio globale ed avete auspicato il trionfo dell’ugualitarismo globalizzato e del umanitarismo compassionevole sappiate che siete i primi responsabili del nuovo governo mondiale di pochi , eletti da nessuno, pochi che tutti son costretti a rispettare.

Io non voglio più pagare solo perché qualcuno che non conosco e che non ha titolo dice che debbo farlo!!!!!!

Le spese della “Camera dei Deputati” Italiana

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Pubblichiamo affinché tutti possano prendere spunto al riguardo.

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Una NUOVA Politica: la RETE ed il MOVIMENTO 5 stelle

PREMESSA

Maggio 1967, una cinquantina di anni fa.
In un paese delle colline fiorentine un insegnante viveva in un casolare con i ragazzi delle campagne, quelli destinati a restare chini, a non sapere, a non alzare la testa, a restare in silenzio. Con loro nel maggio 1967, una cinquantina di anni fa, scriveva questo.

Il curioso è che lo stipendio per buttarci fuori ve lo paghiamo noi, gli esclusi.
Povero è chi consuma tutte le sue entrate. Ricco chi ne consuma solo una parte. In Italia, per un caso inspiegabile, i consumi sono tassati fino all’ultima lira. Le entrate solo per burla.
Mi hanno raccontato che i trattati di scienze delle finanze chiamano questo sistema “indolore”. Indolore vuol dire che i ricchi riescono a far pagare le tasse soltanto ai poveri senza che se ne avvedano.

Spesso ci è venuto fatto di parlare del padrone.
Esiste? Sarà un gruppetto di uomini intorno a un tavolo con in mano le fila di tutto: banche, industrie, partiti, stampa, mode?
Noi non lo sappiamo. Sentiamo che a dirlo il nostro scritto prende un che di romanzesco. A non dirlo bisogna fare gli ingenui. È come sostenere che tante rotelle si son messe insieme per caso. N’è venuto fuori un carro armato che fa la guerra da sé senza manovratore.

Una classe che non ha esitato a scatenare il fascismo, il razzismo, la guerra, la disoccupazione. Se occorresse “cambiare tutto perché non cambi nulla” non esiterà ad abbracciare il comunismo.

Il meccanismo preciso non lo sa nessuno. Ma quando ogni legge sembra tagliata su misura perché giovi ai pochi e freghi noi non si può più credere nel caso.

Le segreterie dei partiti a tutti i livelli sono saldamente in mano ai figli di papà. I partiti dei lavoratori non si differenziano dagli altri su questo punto, non arricciano il naso davanti ai figli di papà. E i figli di papà non arricciano il naso davanti ai partiti dei lavoratori. Purchè si tratti di posti direttivi. Anzi è fine essere “coi poveri”. Cioè non proprio “coi poveri” volevo dire “a capo dei poveri”.
In conclusione vanno a far leggi nuove quelli cui vanno bene le leggi vecchie. Gli unici che non son mai vissuti dentro le cose da cambiare. Gli unici che non son competenti di Politica.

Oggi sappiamo molto più di quanto sapessero questi contadini incoraggiati a pensare. Il padrone, o meglio i padroni, sono sempre meno velati. Le logiche che li guidano sempre più evidenti anche agli occhi di chi non vuol vedere. Una casta che fa di tutto perché non cambi nulla.
E di fatto da cinquant’anni ad oggi non è cambiato nulla, il sistema è sempre lo stesso, funziona sempre a servizio degli interessi privati della casta e a discapito di noi 99 percento e di quanto ci sia di bello e da salvaguardare al mondo.

Stokely Carmichael è stato in prigione 27 volte. Durante l’ultimo processo dichiarò: “non c’è un solo bianco di cui mi fidi”.

Quando un giovane bianco che aveva speso la vita intera per la causa dei negri gli gridò: “veramente nemmeno uno, Stokely?” Carmichael si voltò verso il pubblico, guardò l’amico e disse: “No, nemmeno uno”.
Stokely Carmichael è stato leader del Student Nonviolent Coordinating Committee e del movimento Black Power negli Stati Uniti. Quelli di Black Power chiedevano il potere perché stanchi di chiedere l’eguaglianza e non ottenerla.

Un passaggio tutt’altro che banale. Che tuttavia si riconduce al comune sentire: nessuno farà per te quel che tu non fai per te.

COSA VUOL DIRE

Cosa vuol dire? Questo è il punto: il potere deve passare di mano. La casta – qualunque partito appartiene alla casta – non farà mai leggi che cambino radicalmente le regole del gioco. E nel passare di mano il potere si deve anche trasformare. Perché è come per la storia dell’anello, l’anello del potere, appunto: non puoi usarlo senza divenire il nemico. Lo scriveva De Andrè: certo bisogna farne di strada da una ginnastica d’obbedienza fino ad un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza, però bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni. Passando di mano il potere si deve trasformare, spezzandosi, così da distruggerlo ai minimi termini. Non lo si può gettare nel Monte Fato, come lo si spezza? Semplice, introducendo regole di tutela che impediscano il concentramento di potere in pochi individui (eliminazione dei conflitti di interesse in ogni loro forma), facendo in modo che le persone referenti di responsabilità limitate lo siano per un numero di anni sufficiente per svolgere un ampio lavoro ma non oltre, e rendendo ogni processo politico trasparente.

FARE POLITICA

Parafrasando quell’insegnante, don Lorenzo Milani: Politica è darsi delle regole per uscire dai problemi tutti insieme, con una peculiarità: partire dagli ultimi.
Fare Politica è semplice. Si parte dal decidere come usare i soldi che raccogliamo tutti gli anni con le tasse. Si continua affidando alla conoscenza condivisa tra esperti dei diversi settori la riflessione e la decisione sulle linee di sviluppo: la legiferazione.

Fare Politica? Ecco un po’ di cose semplici da fare:

Parlamento pulito (nessun condannato può essere parlamentare). Massimo di due legislature (8-10 anni sono più che sufficienti per cambiare un paese). Abolizione di tutti i privilegi della Casta. Introduzione di regolamentazioni per l’eliminazione di ogni possibile conflitto di interesse (in Italia ci sono conflitti di interesse ovunque, un intreccio di ruoli a controllare tutto). Abolizione del monopolio mediatico televisivo. Abolizione dei finanziamenti ai quotidiani. Tassazione equa patrimoniale. Redistribuzione finanziaria: le nostre tasse non devono più andare ai partiti, ai giornali, all’industria militare, alle banche, alle grandi società, alle opere galattiche ed inutili quali il ponte sullo stretto o la TAV, ma alla sanità, all’università, alla ricerca, alla scuola, all’incentivazione dell’imprenditoria del locale e dell’innovazione ecologica in tutti i settori. Revisione delle regolamentazioni contrattuali: è tollerabile che un imprenditore guadagni più di un suo lavoratore nel rapporto di 1:10.000, e che anche quando la società crolla mentre le persone vengono buttate per la strada il loro incremento stipendiale prosegua? Vera liberalizzazione nel mercato del lavoro. Ricalibrazione del sistema finanziario bancario basato sul debito. Cambiamento delle politiche urbanistiche (stop cementazione, ma piuttosto ristrutturazione ed innovazione di quanto già costruito nonché ripensamento della viabilità soprattutto urbana). Lotta concreta all’evasione fiscale (mai più condoni). Demolizione di quelle leggi che favoriscono la criminalità organizzata (dalle intercettazioni all’utilizzo dei beni confiscati alla mafia). Penalizzazione di reati quali il falso in bilancio. Eccetera.

LA RETE E IL MOVIMENTO 5 STELLE

Sono cose difficili da pensare, da condividere? Sono talmente elementari da lasciare sconcertati. Ma possiamo anche solo lontanamente immaginare vengano messe in atto dall’attuale classe politica? Sappiamo benissimo quali cose devono essere fatte, ma manca una classe politica che possa realizzarle.

Possiamo farlo noi, coordinandoci con un Movimento che non ha nulla a che fare con i partiti e con tutte le loro logiche del potere, che sono solo da ignorare e rimuovere.

Oggi abbiamo una cosa che l’umanità non ha mai avuto prima: la rete! La conoscenza è sempre più alla portata di tutti, e ci raggiunge alla velocità della luce.
Ma conoscere NON È SUFFICIENTE. Si deve AGIRE. La rete deve arrivare in Parlamento. Il processo è già iniziato. Mosso da un buffone (Grillo), che come i buffoni di tutti i tempi ha dovuto e deve lottare per non farsi inchiodare la lingua. Sollevato dalla rete di informazioni prima e poi di azioni concrete.

Si tratta: 1) di coordinarsi in Rete per l’elaborazione delle idee di sviluppo, basata sulla condivisione delle conoscenze professionali e 2) di eleggere rappresentanti che decisionalmente parlando valgono 1 (come gli altri partecipanti al movimento) e che – divenuti cariche istituzionali – semplicemente siano portavoce di tali idee e al tempo stesso terminali interni per la messa in rete trasparente di tutti i processi che avvengono in quei luoghi che siamo abituati a sentir chiamare stanze del potere e a vedere come luoghi inaccessibili, e che invece sono per logica natura aperti alla conoscenza poiché proprio in essi si prendono le decisioni che influiscono sulla vita di tutti.

L’umanità non ha fatto un solo passo avanti, non uno solo, grazie a quelle persone che non sono capaci di sognare, vedere avanti, quelli che dicono “è sempre stato così e così sarà sempre”. Non uno. Quindi se sei uno di quelli, gira pagina oppure chiudi proprio il libro; gli altri lavoreranno anche per te, come al solito. Se invece appartieni agli altri, guarda qui.
Raccolgo una manciata di video del MOVIMENTO 5 STELLE che mi sembrano significativi. Ascoltali.
Ecco, io mi domando COSA si possa dire di più vero, sentito, sensato, COME si possa contrastare, se non in mala fede.
C’è tutto il nostro ragionare in questa rete.
È a questa rete che le associazioni di medici, di ingegneri, di insegnanti si agganciano già ora per portare conoscenza ai cittadini e fare Politica vera, AGIRE.
È l’entrare in questo MOVIMENTO DI RETE il modo di trasformare la conoscenza che dalla rete ci arriva in AZIONE politica vera, democratica, intelligente. Ho sempre meno dubbi.

Intervista (pessima come nello standard delle interviste televisive) ad alcuni ragazzi del Movimento 5 Stelle

Grillo insegna economia agli economisti, in presenza del premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus

Grillo parla alle persone vicino casa mia (Vado Ligure)

I tuoi SCHIAVI

WHAT? SLAVES WORK FOR ME?

Sappiamo che esistono ancora condizioni di lavoro discutibili. Aziende che sfruttano manodopera, eccetera. Ma comprare, vendere e trafficare esseri umani? Se questo accade, dev’essere solo in culture selvagge e diverse dalla mia, ben lontano dalla mia possibilità di azione.

Si?

Inserisci il luogo dove vivi e scopri quanti schiavi hai.

…questa la mappa che mostra la distribuzione del lavoro minorile.

15 OTTOBRE 2011 – TUTTO IL MONDO – WE ARE 99%

Qui la protesta del movimento raggiunge Times square, il centro “dei valori del successo e della perversione del modello dominante”. Al grido di “siamo il 99%” la manifestazione attraversa la grande mela. I poliziotti assistono dietro alle transenne mentre la gente grida “shame”, vergogna.

la parabola etico-economica della “crisi degli asini”

LA CRISI DEGLI ASINI

Un uomo in giacca e cravatta apparve un giorno in un villaggio di contadini.
In piedi su una cassetta della frutta, gridò a chi passava che avrebbe comprato a € 100 in contanti ogni asino che gli sarebbe stato offerto.
I contadini erano effettivamente un po’ sorpresi, ma il prezzo era alto e quelli che accettarono tornarono a casa con il portafoglio gonfio, felici come una pasqua.
L’uomo venne anche il giorno dopo e questa volta offrì 150 € per asino, e di nuovo tante persone gli vendettero i propri animali.
Il giorno seguente, offrì 300 € a quelli che non avevano ancora venduto gli ultimi asini del villaggio.
Vedendo che non ne rimaneva nessuno, annunciò che la settimana successiva avrebbe comprato asini a 500 € e se ne andò dal villaggio.
Il giorno dopo, affidò al suo socio tutti gli asini che aveva appena acquistato e lo inviò nello stesso villaggio con l’ordine di vendere le bestie a 400 € l’una.
Vedendo la possibilità di realizzare la settimana successiva un utile di 100 € ad asino, tutti gli abitanti del villaggio acquistarono asini a quattro volte il prezzo al quale li avevano venduti e, per far ciò, si indebitarono con la banca.
Come era prevedibile, i due uomini d’affari andarono in vacanza in un paradiso fiscale con i soldi guadagnati e tutti gli abitanti del villaggio rimasero con tanti asini senza valore e debiti fino sopra ai capelli.
Gli sfortunati provarono invano a vendere gli asini per rimborsare i prestiti.
Il prezzo dell’asino era crollato. Gli animali furono sequestrati dal banchiere ed affittati ai loro precedenti proprietari.
Nonostante ciò il banchiere andò a piangere dal sindaco, spiegando che, se non recuperava i propri fondi, sarebbe stato rovinato e avrebbe dovuto esigere il rimborso immediato di tutti i prestiti fatti al Comune.
Per evitare questo disastro, il sindaco, invece di dare i soldi agli abitanti del villaggio perché pagassero i propri debiti, diede i soldi al banchiere (che era, guarda caso, suo caro amico e primo assessore).
Eppure quest’ultimo, dopo aver rimpinguato la tesoreria, non cancellò i debiti degli abitanti del villaggio nè quelli del Comune e così tutti continuarono a rimanere immersi nei debiti.
Vedendo il proprio disavanzo sul punto di essere declassato e preso alla gola dai tassi di interesse, il Comune chiese l’aiuto dei villaggi vicini, ma questi risposero che non avrebbero potuto aiutarlo in nessun modo poiché avevano vissuto la medesima disgrazia.
Su consiglio disinteressato del banchiere, tutti i Comuni decisero di tagliare le spese: meno soldi per le scuole, per i servizi sociali, per le strade, per la sanità…venne innalzata l’età di pensionamento e licenziati tanti dipendenti pubblici. Furono abbassati i salari e al contempo le tasse furono aumentate. Dicevano che era inevitabile e promisero di moralizzare questo scandaloso commercio di asini. Questa triste storia diventa più gustosa quando si scopre che il banchiere e i due truffatori sono fratelli e vivono insieme su un’isola delle Bermuda, acquistata con il sudore della fronte. Noi li chiamiamo fratelli Mercato.
Molto generosamente, essi hanno promesso di finanziare la campagna elettorale del sindaco uscente.
Questa storia non è finita perché non sappiamo cosa fecero gli abitanti del villaggio…
E voi, cosa fareste al posto loro? Che cosa farete?

Pasolini sul potere moderno

Nulla è più anarchico del potere, il potere fa praticamente ciò che vuole. E ciò che il potere vuole è completamente arbitrario o dettato da sua necessità di carattere economico, che sfugge alle logiche razionali. Io detesto soprattutto il potere di oggi. Io detesto soprattutto il potere di oggi. Ognuno odia il potere che subisce, quindi odio con particolare veemenza il potere di questi giorni. È un potere che manipola i corpi in un modo orribile, che non ha niente da invidiare alla manipolazione fatta da Himmler o da Hitler. Li manipola trasformandone la coscienza, cioè nel modo peggiore, istituendo dei nuovi valori che sono dei valori alienanti e falsi, i valori del consumo, che compiono quello che Marx chiama un genocidio delle culture viventi, reali, precedenti. Sono caduti dei valori, e sono stati sostituiti con altri valori. Sono caduti dei modelli di comportamento e sono stati sostituiti da altri modelli di comportamento. Questa sostituzione non è stata voluta dalla gente, dal basso, ma sono stati imposti dal nuovo potere consumistico, cioè la nostra industria italiana pluri-nazionale e anche quella nazionale degli industrialotti, voleva che gli italiani consumassero in un certo modo, un certo tipo di merce, e per consumarlo dovevano realizzare un nuovo modello umano.

(Pier Paolo Pasolini)

Zygmunt Bauman sulla società globale

Copio-incollo questa interessantissima intervista a Zygmunt Bauman. Risale al 20 giugno 2002 ma a mio parere è ancora attualissima…anzi, forse addirittura ancora in anticipo sui tempi. Leggetela!

Il 6 giugno 2002 Zygmunt Bauman è stato insignito della laurea Honoris Causa presso l’università St. Kliment di Sofia, Bulgaria. Bauman è uno dei sociologi più rinomati sul piano internazionale. Per spiegare i fenomeni legati alla globalizzazione, ha diviso il mondo in due: i nuovi nomadi globali ed i localizzati, che non hanno la possibilità di muoversi liberamente. Paradossalmente, lui che rientrerebbe nella prima categoria, è stato bloccato 10 ore presso l’aeroporto di Milano a causa di un ritardo del suo aereo. Zygmunt Bauman ha vissuto una vita molto intensa. Nato in Polonia nel 1925, a 18 anni ha abbandonato il suo Paese rifugiandosi in Unione Sovietica per evitare le persecuzioni razziali. Dopo la seconda guerra mondiale è rientrato a Varsavia ed ha intrapreso la carriera militare per poi abbandonarla iniziando quella universitaria e insegnando sociologia. Nel ’68, durante una campagna anti-sionista del regime polacco, ha abbandonato per una seconda volta la Polonia e si è trasferito prima in Israele e poi in Gran Bretagna, dove ha cominciato ad insegnare presso l’Università di Leeds.
E’ stato intervistato dalla corrispondente dalla Bulgaria dell’Osservatorio sui Balcani, Tanya Mangalakova, sopratutto tenendo conto del suo libro più famoso “Dentro la globalizzazione: le conseguenze sulle persone”.

Prof. Bauman, nel suo libro “Globalizzazione: le conseguenze umane”, lei afferma che le multinazionali dipendono dall’esistenza nel mondo di forti divisioni e che sono interessate all’esistenza di stati deboli. Questi stati, sotto controllo poliziesco, rischiano di divenire meri esecutori di politiche stabilite altrove. Noi cittadini della ex-Jugoslavia abbiamo assistito alla creazione di stati piccoli e deboli che rischiano di finire in queste dinamiche. Cosa ha portato alla fine delle Jugoslavia e ritiene questa tendenza alla disgregazione non sia ancora finita?

Non sono un profeta e non ho modo di predire il futuro. Posso solo vedere cosa sta accadendo ora, posso provare ad individuare tendenze. Tra queste vi è senza dubbio quella alla frammentazione delle istituzioni politiche. Non si è più in grado di garantire l’esistenza degli elementi costitutivi di uno Stato Nazione: un sistema economico omogeneo, un controllo del territorio, una cultura nazionale che unifichi il paese. Vi è inoltre una manifesta incapacità di difendersi da possibili attacchi dall’esterno, quali essi siano, e di garantire l’ordine interno (…) il capitale fugge all’estero, dove vi sono condizioni di maggiore redditività. Lo spazio di manovra degli Stati Nazione è quindi molto limitato (…) E sono deboli le forze che si oppongono a questa tendenza. Non si può confondere politica internazionale con politica globale. La prima dipende totalmente dai singoli Stati che si ritrovano, discutono su di un determinato argomento ma poi spetta a loro sottoscrivere o meno un eventuale accordo (…) la politica globale è qualcosa di diverso e a tutt’oggi inesistente. Non esiste alcuna rappresentanza democratica globale. Sino a quando non si riuscirà ad averla non ci si muoverà dai binari sui quali già scorriamo.

Lei sta parlando di istituzioni globali. C’è forse qualcuno che si oppone a queste ultime perchè si avvantaggia del “disordine globale”?

Qui si tratta di individuare dove sia il vero potere, quello che decide sulle vite dei cittadini del mondo. Il potere è oramai extra-territoriale mentre l’azione politica è rimasta locale. Nessuno Stato è in grado di definire regole che superino i propri confini (…), siamo al paradosso di dover rispondere con soluzioni locali a problemi globali e non penso questo sia possibile (…), e quando parlo di istituzioni globali non mi riferisco a quelle oramai superate della democrazia rappresentativa, nata e sviluppatasi negli Stati Nazione. Occorre inventare qualcosa di diverso.

Queste istituzioni di cui parla, sono in qualche modo simili alla NATO o all’Unione Europea?

Non so. Non abbiamo ancora sviluppato il concetto giusto. I parlamenti si sono ad esempio sviluppati con estrema fatica e lentamente. Lo Stato Nazione è emerso come un efficace strumento operativo in grado di bilanciare i conflitti di interessi tra diverse classi sociali, in grado di distribuire la ricchezza nazionale. Si è dimostrato capace di ben veicolare l’azione collettiva (…), ma ancora non abbiamo nulla che sia idoneo a combattere la sempre più netta divisione mondiale tra ricchi e poveri, tra Paesi forti e Paesi deboli (…) siamo in una situazione certamente difficile ma ritengo che si riuscirà a trovare una soluzione.

Secondo alcuni filosofi, oramai non si combatte più per il territorio. Ma nei Balcani siamo stati testimoni di numerosi conflitti per il territorio, per lo spazio. Ritiene che il nazionalismo sia definitivamente tramontato nei Balcani?

(…) paradossalmente se da una parte lo spazio sta perdendo importanza dall’altra acquisisce nuovi significati. Quindi meno importante ma più significante. La gente sta cercando di trovare sicurezza, minata dallo sviluppo globale, ed allora ci si arrocca in un determinato spazio geografico. La guerra in Jugoslavia è stata a mio avviso dovuta in gran parte dalla volontà di cercare la sicurezza in se stessi. Se si è tutti croati, serbi o albanesi, in qualche modo ci si illude di essere più sicuri … in Kosovo i serbi combattono gli albanesi e gli albanesi i serbi, e non ci si rende conto che in questo modo non si fa altro che approfondire le cause della propria insicurezza. In questo modo si pavimenta la strada alle forze globali, che sono il motivo principe di questa insicurezza. Nell’epoca attuale possiamo individuare due tipi di guerra: il primo è quello ben rappresentato dalle modalità d’azione della NATO in Bosnia, Kossovo, ma emerso ancor più chiaramente nella Guerra del Golfo o in Afghanistan. E’ una guerra globale, dove il territorio non ha importanza ed anzi si ha paura di rimanerci legati, paura di impelagarsi nell’onere di una gestione amministrativa del territorio. Il Pentagono non ha iniziato le attività militari in Afghanistan prima di aver chiaro un “exit scenario”, una via d’uscita, la garanzia di non dover rimanere in un luogo inospitale, essere responsabili per l’ordine pubblico, e liberi paradossalmente dal rischio di vittime da fuoco amico. Queste potrebbero essere definite le guerre “mordi e fuggi”. C’è invece un secondo tipo di guerra, fortemente legata al territorio, anche se quasi più importante del territorio è l’identità che esso porta con sè. E questo viene ad esempio raggiunto con la pulizia etnica. E non è solo una tendenza limitata alla Bosnia, Croazia, Serbia. In tutta Europa si possono individuare partiti che promettono di chiudere le porte, di cacciare gli immigrati, ecc. Naturalmente niente cambierebbe anche nel caso gli immigrati venissero cacciati, perchè sono le forze globali a causare questo disagio. Ma perlomeno si ha la sensazione di aver fatto qualcosa, di non essere stati seduti ad aspettare.

Alcuni autori tendono ad interpretare la globalizzazione con l’imporsi di una lobby ebraica. In Bulgaria questa “teoria di cospirazione” è particolarmente popolare. Cosa ne pensa?

La sicurezza è l’argomento più popolare. Una delle condizioni per percepirsi sicuri è avere chiare e semplici spiegazioni riguardo ai fenomeni che ci coinvolgono.
Quando non riusciamo a capire cosa stia succedendo, quando la situazione è complessa e richiede uno sforzo teorico non indifferente, ci si sente a disagio, insicuri. Vivere in un mondo che non si comprende è difficile. I bambini hanno un’istintiva paura del buio perché nel buio non si sa cosa potrebbe accadere. Ci sentiamo leggermente meno a disagio quando abbiamo chiare e semplici spiegazioni per tutto. E la “cospirazione ebraica” è un chiaro esempio di questo (…) a volte presa di mira è la comunità ebraica, altre le comunità di immigrati. Con alcuni paradossi: 20-30 anni fa, portoghesi e spagnoli che immigravano in Germania erano considerati una minaccia da molti tedeschi, “pericolosi” Gastarbeiter. Ora, in Portogallo ed in Spagna, si ripete la storia e molti urlano “stop agli immigrati”, dimenticando che loro stessi sono emigrati in passato per il pane.

Manovra e armi: “Il male oscuro” di Alex Zanotelli

alex contro gli armamenti

In tutta la discussione nazionale in atto sulla manovra finanziaria, che ci costerà 20 miliardi di euro nel 2012 e 25 miliardi nel 2013, quello che più mi lascia esterrefatto è il totale silenzio di destra e sinistra, dei media e dei vescovi italiani sul nostro bilancio della Difesa.
E’ mai possibile che in questo paese nel 2010 abbiamo speso per la difesa ben 27 miliardi di euro? Sono dati ufficiali questi, rilasciati lo scorso maggio dall’autorevole Istituto Internazionale con sede a Stoccolma (SIPRI).
Se avessimo un orologio tarato su questi dati, vedremmo che in Italia spendiamo oltre 50.000 euro al minuto, 3 milioni all’ora e 76 milioni al giorno.
Ma neanche se fossimo invasi dagli UFO, spenderemmo tanti soldi a difenderci!!E’ mai possibile che a nessun politico sia venuto in mente di tagliare queste assurde spese militari per ottenere i fondi necessari per la manovra invece di farli pagare ai cittadini? Ma ai 27 miliardi del Bilancio Difesa 2010, dobbiamo aggiungere la decisione del governo, approvata dal Parlamento, di spendere nei prossimi anni, altri 17 miliardi di euro per acquistare i 131 cacciabombardieri F 35. Se sommiamo questi soldi, vediamo che corrispondono alla manovra del 2012 e 2013. Potremmo recuperare buona parte dei soldi per la manovra, semplicemente tagliando le spese militari. A questo dovrebbe spingerci la nostra Costituzione che afferma: ”L’Italia ripudia la guerra come strumento per risolvere le controversie internazionali…” (art.11) Ed invece siamo coinvolti in ben due guerre di aggressione, in Afghanistan e in Libia. La guerra in Iraq (con la partecipazione anche dell’Italia), le guerre in Afghanistan e in Libia fanno parte delle cosiddette “guerre al terrorismo”, costate solo agli USA oltre 4.000 miliardi di dollari (dati dell’Istituto di Studi Internazionali della Brown University di New York). Questi soldi sono stati presi in buona parte in prestito da banche o da organismi internazionali. Il governo USA ha dovuto sborsare 200 miliardi di dollari in dieci anni per pagare gli interessi di quel prestito. Non potrebbe essere, forse, anche questo alla base del crollo delle borse? La corsa alle armi è insostenibile, oltre che essere un investimento in morte: le armi uccidono soprattutto civili. Per questo mi meraviglia molto il silenzio dei nostri vescovi, delle nostre comunità cristiane, dei nostri cristiani impegnati in politica. Il Vangelo di Gesù è la buona novella della pace: è Gesù che ha inventato la via della nonviolenza attiva. Oggi nessuna guerra è giusta, né in Iraq, né in Afghanistan, né in Libia. E le folli somme spese in armi sono pane tolto ai poveri, amava dire Paolo VI. E da cristiani come possiamo accettare che il governo italiano spenda 27 miliardi di euro in armi, mentre taglia 8 miliardi alla scuola e ai servizi sociali? Ma perché i nostri pastori non alzano la voce e non gridano che questa è la strada verso la morte? E come cittadini, in questo momento di crisi, perché non gridiamo che non possiamo accettare una guerra in Afghanistan che ci costa 2 milioni di euro al giorno? Perché non ci facciamo vivi con i nostri parlamentari perché votino contro queste missioni? La guerra in Libia ci è costata 700 milioni di euro! Come cittadini vogliamo sapere che tipo di pressione fanno le industrie militari sul Parlamento per ottenere commesse di armi e di sistemi d’armi. Noi vogliamo sapere quanto lucrano su queste guerre aziende come la Fin-Meccanica, l’Iveco-Fiat, la Oto-Melara, l’Alenia Aeronautica. Ma anche quanto lucrano la banche in tutto questo. E come cittadini chiediamo di sapere quanto va in tangenti ai partiti, al governo sulla vendita di armi all’estero (Ricordiamo che nel 2009 abbiamo esportato armi per un valore di quasi 5 miliardi di euro). E’ un autunno drammatico questo, carico di gravi domande. Il 25 settembre abbiamo la 50° Marcia Perugia-Assisi iniziata da Aldo Capitini per promuovere la nonviolenza attiva. Come la celebreremo? Deve essere una marcia che contesta un’Italia che spende 27 miliardi di euro per la Difesa. E il 27 ottobre sempre ad Assisi, la città di S. Francesco, uomo di pace, si ritroveranno insieme al Papa, i leader delle grandi religioni del mondo. Ci aspettiamo un grido forte di condanna di tutte le guerre e un invito al disarmo. Mettiamo da parte le nostre divisioni, ricompattiamoci, scendiamo per strada per urlare il nostro no alle spese militari, agli enormi investimenti in armi, in morte.

Che vinca la Vita!

Alex Zanotelli
Napoli, 24 agosto 2011

Per firmare l’appello: clicca su questo link

i 10 più grandi dittatori africani

Freedom in Africa

Freedom in Africa

Il mondo arabo è attraversato da un vento di proteste e di libertà. Popoli che si ribellano contro i poteri dei dittatori che governano da decenni. Il movimento è partito dalla Tunisia e ha subito raggiunto alcuni paesi arabi. Dei 54 paesi che compongono l’Africa, più della meta dei presidenti hanno fatto ciascuno più di 10 anni al potere, mentre una decina di loro addirittura un ventennio. Tiranni che governano paesi spesso ricchissimi di materie prime i cui guadagni provenienti dalle loro  estrazioni vengono spartiti tra una ristretta classe di dirigenti corrotti.

Ecco per ordine decrescente, la classifica dei 10 più grandi dittatori africani in funzioni da 20 anni.

10 – Meles Zenawi ( 20 anni al potere). Presidente dell’Etiopia dal 1991.

9 – Idris Debby (21 anni al potere ). Presidente del Ciad dal 1990.

8 – Omar Hassan al – Bashir (22 anni al potere). Presidente del Sudan dal 1989.

7 – Blaise Compaoré ( 24 anni al potere ). Presidente del Burkina Faso dal 1987.

6 – Yoweri Museveni ( 25 anni al potere ). Presidente dell’Uganda dal 1986.

5 – Paul Biya (29 anni al potere). Presidente del Camerun dal 1982

4 –  Teodoro Obiang Nguema (31 anni al potere). Presidente della Guinea Equatoriale dal 1979.

3 – Robert Mugabe (31 anni al potere ). Presidente dello Zimbabwe dal 1980

2 – Muammar Gheddafi (42 anni al potere ). Presidente della Libia dal 1969.

1 – La famiglia Bongo ( 44 anni al Potere ).  La dinastia dei Bongo governa il Gabon da 44 anni.

Il patriarca Omar Bongo ha governato il paese per 42 anni, dal 1967 fino alla sua morte

nel 2009. Il suo figlio Ali Bongo è al potere da 2 anni.

Questi sono Presidenti dittatori che governano i loro paesi con pugno di ferro. Ci sono molti altri tiranni con meno anni di potere. Tuttavia, non si può dimenticare quei paesi dove, anche con grande fatica, si è istaurata una democrazia con vere alternanze politiche.

La guerra per la libertà e la democrazia condotta dall’Occidente in Libia, se fosse veramente nell’interesse del popolo libico, come hanno tuonato a gran voce i paesi che lo sostengono economicamente e militarmente con la benedizione delle Nazioni Unite, ci sarebbero in Africa oggi molte altre guerre in tanti paesi e sotto la protezione dell’ONU o dell’OTAN, per cacciare via altri dittatori sanguinari. Purtroppo molti di loro sono sostenuti proprio da queste nazioni ricche e democratiche. Il colonnello Gheddafi che è combattuto oggi, era osannato e glorificato qualche mese fa dagli stessi che lo combattono. I paesi ricchi e democratici se ne fregano della liberta dei popoli africani, loro si preoccupano esclusivamente dei loro interessi e nient’altro. L’Africa non sarà mai libera con l’intervento delle potenze straniere. I rivoltosi tunisini ed egiziani non hanno avuto bisogno delle forze straniere per cacciare dal  potere Ben Ali e Mubarack, due tiranni che godevano di ogni tipo di supporto in Occidente.

Qualunque rivoluzione ( militare o democratica) che si farà nei paesi dittatoriali in Africa, dovrebbe essere prima di tutto un affare interno ad ogni paese. Solo cosi, questi paesi potranno dichiararsi veramente liberi.

Forse ho sbagliato nella mia analisi? Ditemi voi!

Jivis Tegno

Editorialista di “Informare Per Resistere”, pagina di informazione su Facebook.fr con 456.000 Fans iscritti.

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